corriere.it, 14 ottobre 2025
Istat, sono 5,7 milioni (quasi il 10%) gli italiani in povertà assoluta: tra le famiglie di operai si arriva al 15,6%
Nel 2024 si stima che siano oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta – l’8,4% delle famiglie residenti – per un totale di 5,7 milioni di individui, il 9,8% dei residenti, rileva l’Istat nel report «La povertà in Italia». Nel nostro Paese, poi, il 15,6% di famiglie con un operaio sono in povertà assoluta, contro il 2,9% delle famiglie che fanno capo a un dirigente, quadro o impiegato. La percentuale di famiglie in povertà nel Mezzogiorno è al 10,5%, contro il 7,9% al Nord e il 6,5% al Centro. Ancora più grave è il dato che vede la povertà assoluta tra i minori confermarsi al 13,8%, il valore più elevato della serie storica dal 2014. Si tratta di un disagio sociale che alimenta le disuguaglianze e peggiora anche sotto il profilo alimentare e sanitario. Circa un terzo delle famiglie (31,1%) è costretto a tagliare sul cibo e il 9,9% delle persone ha rinunciato a curarsi.
L’incidenza del titolo di studio
L’istituto di statistica sottolinea in particolare che l’incidenza di povertà diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: se ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, l’incidenza è pari al 4,2%, è tre volte più elevata (12,8%) se ha al massimo la licenza di scuola media e aumenta ulteriormente, salendo al 14,4%, per le famiglie in cui la persona ha conseguito al massimo la licenza di scuola elementare.
I ritirati dal lavoro
L’incidenza di povertà nel caso sia lavoratore dipendente è pari all’8,7%, salendo al 15,6% se si tratta di un operaio; I valori più elevati si registrano per le famiglie che non sono imprenditori né liberi professionisti («altro indipendente» 7,4%). Tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro l’incidenza si conferma al 5,8%, mentre rimane su valori più elevati per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (21,3%).
La povertà si eredita
D’altronde la «povertà si eredita» molto più della ricchezza. Ben il 59% di chi oggi è povero – sono i dati dell’ultimo Rapporto Caritas – è cresciuto in famiglie povere (il 66% al Sud) (ne abbiamo scritto qui). L’ascensore sociale è bloccato. Anzi, ora sembra funzionare solo in discesa, con il 48% di persone povere e a basso titolo di studio che sta peggio rispetto ai genitori. Alla Caritas (2.797 centri di ascolto sul territorio), ha detto monsignor Carlo Redaelli, presidente della Caritas italiana, «adesso arrivano i figli e i nipoti di quelli che venivano una volta». Nel nostro Paese ci vogliono cinque generazioni per uscire dalla povertà.
Il legame con l’astensionismo
C’è un altro aspetto importante che dovrebbe spronare ad intervenire in fretta, su cui punta l’attenzione Riccardo Cesari, ordinario di Metodi matematici per l’economia e le scienze attuariali e finanziarie dell’Università di Bologna, in un intervento su lavoce.info. La povertà alimenta anche l’astensionismo (ne abbiamo scritto qui). «Quando le ristrettezze economiche personali e famigliari sono sovrastanti o l’esperienza pregressa alimenta sfiducia verso il ceto politico, la scelta della non partecipazione tende a diffondersi anche in un Paese, come l’Italia, con una tradizione partecipativa elevata. D’altra parte, il legame tra astensione e reddito pro capite si nota anche a livello europeo».
Sistema fiscale non equo
Ma anche il sistema fiscale in Italia non è equo. Lo è poco o per niente, nella percezione dell’85% dell’opinione pubblica e questa iniquità contribuisce a rendere il Paese sempre più disuguale: per il 71%, le disuguaglianze in Italia sono aumentate negli ultimi 5 anni e sono di natura per lo più economica, ma anche di accesso ai servizi, soprattutto quelli sanitari, rileva l’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per Oxfam Italia.