Corriere della Sera, 14 ottobre 2025
La Cultura non è un prodotto da vendere
Si vedono da lontano le colonne doriche del pronao della National Gallery di Londra. Bastano pochi metri per orientarsi nelle sale e ammirare la Vergine delle rocce di Leonardo o la Madonna dei garofani di Raffaello, tra gli oltre duemila dipinti straordinari della collezione. E magari pensare di tornare il giorno dopo ad ammirare un Tiziano o un Caravaggio. Senza spendere un centesimo. Perché l’ingresso alla National Gallery è gratuito, completamente. Da sempre. Dalla sua fondazione nel 1824. Quella collezione è una ricchezza che appartiene al popolo britannico e non ha prezzo.
Sarebbe ingeneroso porre la questione della gratuità dei musei nel nostro Paese dove ci si fa vanto di «regalare» la gratuità la prima domenica del mese e si mostrano orgogliosi le code alle biglietterie e i ricavi degli ingressi agli Uffizi o a Capodimonte. Sembra che la logica sia quella di stimolare un investimento (portare una famiglia agli Uffizi può arrivare a costare 100 euro). Ma perché? Uno degli intellettuali che più ci manca, Philippe Daverio, si domandava: «La gente di solito va nei musei e guarda quattrocento quadri in un’ora e mezza. I luoghi dove stanno i quadri si chiamano pinacoteche, come i luoghi dove stanno i libri che si chiamano biblioteche. Nessuno va in biblioteca e legge tutti i libri. Uno che va in una pinacoteca, in un museo, dovrebbe andare a vedere due quadri. All’inizio addirittura uno solo». Sacrosanto, ma come si fa con questi prezzi? Coraggio, inventiamoci qualcosa che non sia un piccolo sconto per chi arriva la mattina presto. I ragazzi fanno la maturità? Per chi è promosso la sua città gli regala un anno di ingresso gratuito alla pinacoteca cittadina. E lo stesso a chi si laurea. E a tutti quelli che compiono 65 anni, così lasciano in pace i cantieri. E alle donne tutti i giorni tranne l’8 marzo. Un po’ di coraggio, di fantasia e di amore, perché in quelle opere d’arte c’è la nostra civiltà, raccontano chi siamo stati e chi saremo. Non possiamo considerarle solo prodotti da vendere.