Avvenire, 12 ottobre 2025
Carcere, un dramma senza fine. Si rischia il triste record di suicidi
Non si ferma l’onda lunga dei suicidi in carcere. Un interminabile supplizio. Dall’inizio dell’anno ad oggi hanno raggiunto quota 66. L’ultimo, nella Casa circondariale di Verona Montorio: un detenuto di 51 anni di origini albanesi è stato trovato impiccato lunedì pomeriggio nella sua cella. Tre giorni prima il Tribunale del Riesame aveva rigettato la sua richiesta di rilascio: era accusato di maltrattamenti in famiglia. È il terzo caso nel carcere scaligero dall’inizio dell’anno, dopo i due del marzo scorso e i quattro del 2024.
«A Verona 607 detenuti sono stipati in soli 332 posti disponibili (+83%), mentre gli agenti della Penitenziaria in servizio sono solo 370, quando ne servirebbero almeno 420 (-26%)» denuncia il segretario generale dell’Uilpa-Polizia penitenziaria, Gennarino De Fazio. A livello nazionale, invece, i reclusi sono attualmente 63.120 (di cui circa 20mila stranieri), mentre i posti effettivamente disponibili sono solo 46.609, con un sovraffollamento pari al 135,4% di fronte ad organici degli addetti alla sicurezza e sorveglianza che presentano un “buco” di 20mila unità. «Se i detenuti scontano una carcerazione non dignitosa, tanto che per noi le carceri non rispondono neppure più ai presupposti giuridici per i loro mantenimento – commenta De Fazio – gli appartenenti alla Polizia penitenziaria sono ormai stremati da carichi di lavoro esorbitanti e turnazioni che si protraggono anche per 26 ore continuative. Pure loro, dunque, patiscono le pene dell’inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato che, per mano del ministero della Giustizia, si continua mostrare patrigno e “caporale”». Tre sono gli peratori che morti per mano propria da gennaio ad oggi.
Con i 66 suicidi di detenuti fin qui registrati in Italia (compreso quello avvenuto a gennaio nel Rems di San Nicola di Baronia) si rischia di sfiorare il tremendo primato dell’anno scorso, quando si tolsero la vita 91 detenuti, un numero mai visto prima. E 117 sono stati finora i decessi dietro le sbarre avvenuti per “altre cause” (malattie, overdose, omicidi o circostanze da chiarire). Il più alto numero di decessi negli ultimi nove mesi si registra a Roma Rebibbia, con quattro, seguito dai penitenziari di Verona, Cagliari, Firenze Sollicciano, Modena e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) che contano tre vittime ognuno dall’inizio dell’anno. Un quadro preoccupante che smentisce purtroppo chi, come il ministro della Giustizia Carlo Nordio, sostiene non vi sia una «stretta correlazione» tra le morti per mano propria dei reclusi e il sovraffollamento delle strutture. A Rebibbia, infatti, risulta una presenza del 143% in più di detenuti rispetto alla capienza effettiva (a livello nazionale l’indice è del 133%), mentre a Modena il tasso tocca il 156% e a Cagliari il 123% mentre negli altri istituti in vetta alla tragica classifica si supera di gran lunga il 100%. Senza dubbio, le problematiche legate al fenomeno dei suicidi e dell’autolesionismo (anch’essi in forte crescita) sono diverse e complesse – solitudine, depressione, fragilità, mancanza di speranze e prospettive per il domani, innanzitutto – ma è innegabile che laddove le condizioni di vita sono esasperate dalla mancanza di spazi, dall’afa o dal gelo che si patiscono nelle stagioni estreme in ambienti e strutture spesso fatiscenti, e da una convivenza spesso impossibile (ci sono celle per tre detenuti dove stanno addirittura in nove), si determinano conseguenze spesso devastanti sulla salute psichica dei ristretti, soprattutto dei più fragili, che diventano anche facile preda di angherie, minacce e ricatti dei più prepotenti. Resta il fatto che l’indice di suicidi ufficialmente accertati in Italia è il più alto del continente dopo quelli di Francia (con un picco di 124 in un anno) e Regno Unito (96), secondo un recente rapporto del Consiglio d’Europa. Ma c’è anche un’emergenza droga, sempre più diffusa dietro le sbarre. A San Vittore ci sono state due morti in 12 ore: si tratta di due detenuti stranieri, uno è un 36enne cittadino peruviano e l’altro un 48enne originario del Marocco. Al vaglio degli investigatori milanesi l’ipotesi che i malori possano essere stati causati dall’assunzione di sostanze stupefacenti.