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 2025  ottobre 12 Domenica calendario

Zaia, via il nome dal simbolo: io sono un problema? Allora lo diventerò davvero

«Forse io e il mio cognome siamo un problema per qualcuno. Vedremo di farlo diventare un problema reale». E dire che Luca Zaia pensava di essere una risorsa. Invece, dopo essere stato per mesi il convitato di pietra della partita sul terzo mandato e aver assistito dagli spalti alla disputa romana su chi dovesse essere il suo successore nella corsa alla guida del Veneto, il presidente uscente che anche recenti sondaggi accreditano di un bottino considerevole di voti si trova in una singolare situazione.
Quando manca una decina di giorni alla presentazione ufficiale delle liste che concorreranno alla sfida del 23 e 24 novembre, il Doge si lascia scappare un’amara constatazione: «Non c’è nulla di deciso sul mio ruolo alle prossime Regionali. Prendo atto che prima sparisce la lista civica, la Lista Zaia, poi scompare anche il mio nome sul simbolo». Ergo, Venezia abbiamo un problema. Perché non è affatto casuale quel che sta succedendo ma è la diretta conseguenza del patto siglato dai leader della coalizione di centrodestra. In particolare, lo stop alla lista personale come all’inserimento del nome nel simbolo sono il frutto di veti posti da Fratelli d’Italia in cambio del via libera all’indicazione di Alberto Stefani come candidato presidente.
Siamo al famoso «competition is competition» lanciato ai tempi dell’Ulivo da Romano Prodi. La sfida è aperta e fino all’ultimo voto dentro il centrodestra. FdI è consapevole del traino che la figura di Zaia può determinare per la Lega che alle Politiche del 2022 (32,7 dei meloniani contro il 14,5% del partito di Salvini) e alle Europee del 2024 (37,6 rispetto al 13,2%), non avendo il governatore in pista, rimase a grande distanza. Il timore è che il nome del Doge possa accorciare, se non annullare il distacco. Con inevitabili ricadute sui rapporti di forza e, quindi, sul numero di assessori (FdI al momento ne rivendica 5).
«Prendo atto del no alla mia lista civica deciso dal tavolo nazionale – annota Zaia – anche se non è mai accaduto che si vieti a una persona di utilizzare il proprio nome in campagna elettorale». Ma siccome il divieto non può spingersi fino alla candidatura a consigliere, il presidente uscente per il momento sta sul vago e non conferma quel che appare scontato, e cioè che si candiderà capolista in tutte le circoscrizioni. Ma una frase la dice e, seppur garbata, appare come un vero e proprio guanto di sfida lanciato agli alleati-avversari: «Il campo di battaglia non facile è la cosa che mi piace di più». Chi lo conosce bene la traduce così: «Si butterà nella partita dando il massimo per dimostrare quanti voti può spostare. Luca è determinatissimo».
Le tensioni tra FdI e Lega stanno crescendo. Il caso Zaia va ad aggiungersi alle fibrillazioni che l’accordo sul Veneto sta causando in Lombardia. I leghisti non accettano di essere trattati come merce di scambio e risuona ancora il no secco con cui il segretario della Lega lombarda Massimiliano Romeo si è opposto a firmare una dichiarazione che impegnava il suo partito a lasciare la guida della Regione a FdI nel 2028. E anche dentro la giunta di Attilio Fontana la temperatura sta salendo.
Tutt’altro clima, invece, ieri a Venezia nel breve colloquio tra lo stesso Zaia e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. C’è stato uno scambio di opinioni («ho un ottimo rapporto e stimo il presidente») concluso con una promessa: «La prossima volta ci siamo messi d’accordo su un giro in gondola». Per Zaia, chissà in quale ruolo.