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 2025  ottobre 10 Venerdì calendario

La morte nel Myanmar scende dal cielo: strage di bimbi nei raid

Quaranta morti e 80 feriti: è il bilancio del raid dell’aviazione birmana che ha sganciato due bombe a Chaung-U, nella regione di Sagaing del Myanmar centrale, dove un centinaio di persone si erano radunate per celebrare la Festa della luna piena. Testimoni hanno raccontato di «bambini tra le vittime, fatti a pezzi» dalle bombe. A segnarne la sorte è stata probabilmente la coincidenza con la protesta pacifica organizzata contro la coscrizione obbligatoria imposta dalla giunta militare e le elezioni previste per il 28 dicembre boicottate dalle opposizioni. Joe Freeman, ricercatore di Amnesty International sul Myanmar, ha affermato che l’attacco «dovrebbe rappresentare un terribile campanello d’allarme: i civili hanno urgente bisogno di protezione».
Il conflitto interno al Myanmar è impantanato nel fango delle piogge monsoniche che non sembrano volere cessare e questo contribuisce a rallentare i tentativi di recupero di posizioni perdute in diverse aree del Paese da parte dei militari che sotto la guida del generale Min Aung Hlaing stanno cercando da primo febbraio 2021 di riportare l’ex Birmania sotto il loro controllo dopo un decennio in cui era sembrato che la democrazia potesse gradualmente liberarsi dall’eredità della dittatura sotto la guida morale di Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991.
Nell’incapacità di contrastare sul campo gli avversari in un territorio ormai al sessanta per cento ostile, il regime ha dall’inizio dell’anno incrementato gli attacchi aerei, con conseguenze devastanti. Un nuovo rapporto focalizza come nei sei mesi tra febbraio e luglio scorsi a cui fa riferimento la documentazione contenuta in Communication Blackouts During Airstrikes, diffuso da Myanmar Internet Project, iniziativa di monitoraggio della storia e della realtà di Internet nel Paese, soltanto 19 giorni non hanno visto un bombardamento. Le testimonianze e statistiche raccolte segnalano come il 96 per cento delle uccisioni sia avvenuto in località interessate dal blocco delle comunicazioni che hanno lasciato i civili isolati e vulnerabili. Regioni come quella di Sagaing, la Stato Shan e lo Stato Rakhine sono stati teatro dei maggiori danni derivanti da questa situazione. Sono state un migliaio i morti in queste aree e in sei mesi le operazioni aeree condotte perlopiù con velivoli e armamenti russi avrebbero distrutto migliaia di abitazioni, danneggiato 83 edifici religiosi, 50 scuole e 19 ospedali. Il blocco selettivo delle comunicazioni Internet sembra quindi essere diventato un’arma in una nazione vasta oltre due volte l’Italia dove la sospensione delle linee interessa, segnala il Governo di unità nazionale che opera in clandestinità, 13 fra i 14 Stati e regioni. Per questo il Myanmar Internet Project sollecita la comunità internazionale a premere sulla giunta perché “l’isolamento digitale” cessi di essere usato come uno strumento repressivo che lascia senza difesa le comunità locali. Se poco filtra all’esterno del tormentato Myanmar, anche l’interesse internazionale è oggi deviato verso altri scenari di conflitto. Questo ha spinto Kim Aris, figlio minore di Aung san Suu Kyu, a lanciare da Londra un appello al presidente cinese Xi Jinping affinché faccia pressione sull’alleato regime birmano per rilasciare la madre, da poco 80enne, dalla detenzione e dall’isolamento in cui si trova dal golpe del febbraio 2021.