il Fatto Quotidiano, 10 ottobre 2025
Intervista ad Annalisa
Annalisa, volerebbe nello spazio come Katy Perry?
Manco morta.
Ma sarebbe la prima popstar italiana…
See, ho paura pure dell’aereo, figuriamoci. Nei viaggi lunghi non riesco a chiudere occhio, so che è una situazione che non potrei controllare.
Lei, laureata in Fisica?
I fisici astronauti si contano sulle dita di una mano.
E dire che l’Unione astronomica internazionale le ha dedicato un asteroide tra Marte e Giove.
Sì, Annalisa 20014. Ma non è che devo andarlo a vedere da vicino. Ho la foto, ne sono orgogliosa, devo ricordarmi di incorniciarla.
Una divulgatrice di terra.
Da ragazzina partecipavo a concorsi letterari, uno lo vinsi. Ero una saggista in erba. La mia natura cervellotica: amo i filosofi della scienza.
Tipo?
Gödel, quello dei Teoremi dell’Incompletezza nell’aritmetica. Mio padre ci fece la tesi.
Potrebbe parlarne ai live.
Così svuoto i palasport. Spiego Gödel agli amici a casa, tra un bicchiere di vino e l’altro.
Comunque, spesso in concerto succedono cose impreviste.
A me è successo più volte, nei primi anni, di dover interrompere la performance, soprattutto al Sud, perché passava la processione. In quei casi non c’è santo che tenga, devi fermarti.
Santo non è la parola giusta, la usa spesso: “Non sono una santa”, suggeriva Rosanna Fratello. Anche nel nuovo disco Ma io sono fuoco.
Rivendico il diritto di affrontare temi cruciali in canzoni pop che aspirino a una quota di leggerezza, vedi la salute mentale o la libertà della donna nelle scelte sessuali: come dimostro in Maschio, c’è molto più pregiudizio contro di noi, in quel campo, rispetto agli uomini. Ci pensano “poco di buono”: voglio scavare sempre più in profondità, a ogni step della mia carriera. Raccontare cose scomode.
La sua immagine è sexy ma non minacciosa. Ha un dark side che pensa sia meglio non far affiorare?
Che intende per dark side?
Me lo dica lei.
In Amica descrivo in maniera molto dritta la necessità di confidarsi con qualcuno che ti comprenda davvero…
Spieghi.
Questa necessità può nascere quando sei a letto con il tuo compagno mentre lui si sta scrivendo con un’altra ragazza.
Autobiografica? Lei è sposata.
Diciamo che in passato è accaduto. Molti scenari delle canzoni appartengono alla mia vita, altre a persone che conosco. Le ho romanzate.
Il disco è un riuscito pop contemporaneo da classifica, con echi dagli anni 80 e omaggi criptati alla Rettore o alla Berté.
Sono nel mio Dna, così come Nada. La prima volta che la incontrai ero troppo timida per sperare in un suo saluto, poi presi coraggio e una sera abbiamo duettato su Amore disperato.
A proposito: sull’album c’è una bella gara di “canne” con Mengoni in Piazza San Marco.
Di solito quando si gira il video di un pezzo ci si affida al playback, ma con Marco abbiamo proprio cantato. La sua voce incredibile rimbombava in quella Venezia deserta a notte fonda.
Nessuno vi ha beccato?
Qualcuno che passava. Non hanno aperto le finestre per lagnarsi.
Altri colleghi con cui si è mischiata bene?
Tutti, dai. Però la vocalità di Diodato è impressionante. Avevo voluto fortemente eseguire con Antonio Fai rumore: sono stata travolta dalla sua voce, che non è l’ingrediente fondamentale in un cantautore.
Anche con Brenda Lodigiani, la “Annalaisa” della Gialappa’s, non andò male.
Scoprii la sua parodia dai social, non capivo cosa fosse, mi preoccupai finché non me la spiegarono. Io e Brenda ci ridemmo su, e in trasmissione come “gemelle” ce la siamo cavata.
Potrebbe invitarla in qualche data nell’imminente tour.
Sa che potrebbe essere un’idea?
Mettiamo in agenda pure qualche star straniera?
Amerei Benson Boone: ha una presenza scenica pazzesca, è un mostro di bravura mentre tutti ne ricordano solo i salti mortali. E Chappell Roan, donna e artista tostissima.
Più di dieci anni fa ci fu la collaborazione con Dua Lipa.
E pensare che all’epoca aveva meno follower di me. Non ci sentiamo praticamente da allora. Facciamo un appello per un nuovo incontro?
Dua Lipa ha preso posizioni di estrema opposizione a Israele. Quanto è complicato, col microfono in mano, decidere di esporsi o meno?
Penso spesso a quanto di orrendo accade nel mondo, ma è bene che talvolta le canzoni conservino la loro dimensione di luogo in cui potersi abbandonare. Conservando l’empatia per chi soffre, e ricordandosi dell’atrocità degli innocenti sotto le bombe. Noi cantanti siamo dei privilegiati, dobbiamo cercare di dare un buon esempio, sapendo che le vere sfide sono lontane dai nostri show.