repubblica.it, 10 ottobre 2025
Nuova stretta all’export di terre rare, la Cina prova a ricattare Trump (e il mondo)
C’era un tempo in cui, prima di un decisivo vertice internazionale, la Cina avrebbe scelto di tenere il profilo basso, di mostrare buona volontà. Quel tempo è passato. Pechino ha annunciato l’introduzione di nuovi e molto stringenti controlli sull’esportazione di terre rare, materiali essenziali per una lunga serie di industrie tecnologiche di cui controlla quasi per intero la produzione globale. L’annuncio arriva a tre settimane dal previsto incontro tra Xi Jinping e Donald Trump, dove in teoria i due dovrebbero provare a risolvere le numerose dispute tra le superpotenze, e replica in tutto e per tutto il sistema con cui gli Stati Uniti negli ultimi anni hanno limitato la vendita di chip e altre tecnologie strategiche alla Repubblica Popolare. Identica la motivazione di sicurezza nazionale: evitare che i minerali finiscano in prodotti ad uso militare. Identica la pretesa di extraterritorialità: la necessità per le aziende di ottenere l’autorizzazione di Pechino in teoria si applica anche a beni prodotti all’estero, se contengono anche solo un grammo di materie prime cinesi o realizzate con tecnologie cinesi.
Minaccia di escalation
Negli ultimi mesi di guerra tecno-commerciale con gli Stati Uniti, la Cina ha già sfruttato il controllo sulle terre rare come strumento di pressione e ritorsione, bloccandone le esportazioni e riuscendo così a respingere il primo assalto di Trump. Gli esperti descrivono però questa misura, per le caratteristiche di cui sopra, come una notevole escalation nell’utilizzo di quest’arma economica. In teoria, se pienamente applicata, permetterebbe a Pechino di avere un vero e proprio diritto di blocco su una serie di filiere globali strategiche come quella dei semiconduttori. Anche un chip prodotto in uno stabilimento americano e spedito a un data center americano avrebbe bisogno dell’autorizzazione, se contenesse terre rare cinesi. Stesso discorso per i magneti usati in vari apparati militari o nell’industria delle rinnovabili. Nelle stesse ore il ministero del Commercio ha introdotto anche nuove e più stringenti restrizioni all’export di componenti per batterie elettriche, altra filiera chiave che Pechino controlla.
Occhio per occhio
Dalla teoria alla pratica resta comunque una notevole distanza, legata da un lato alla effettiva volontà della Cina di attivare questa misura (con relativi costi economici e politici) e dall’altro alla sua capacità di farla rispettare a livello globale, visto che anche Washington ha avuto i suoi problemi a far rispettare i divieti agli alleati. Al momento Pechino dice che il sistema entrerà in vigore a fasi dal primo dicembre, lasciando quello che sembra a tutti gli effetti un margine negoziale. Ora però una nuova arma ad alto calibro è appoggiata – carica – sul tavolo di un negoziato che dopo la fumosa intesa su TikTok sembrava aver trovato una fase di distensione. Segnala come Pechino non intenda cedere al ricatto dei dazi, e sia pronta a sua volta a ricattare Trump (e il resto del mondo) con tutte le (tante) leve economiche che ha a disposizione. In attesa che gli Stati Uniti e gli altri Paesi mettano in piedi una produzione alternativa, le terre rare sono la più potente.