corriere.it, 10 ottobre 2025
Luiza, onlyfanser contro la tassa etica sul porno: «Fu varata dal governo Berlusconi, è ingiusta e va abolita». Si studia la proposta di legge
Divulgatrice e sex worker. Luiza Munteanu, di stanza a Torino, è un volto noto online, si occupa di nucleare sulla pagina Instagram L’avvocato dell’Atomo, parla di diritti e parità di genere su Coscienza De-Genere e ha un profilo Onlyfans. Stessa persona, ma tassazione diversa. Recentemente, infatti, proprio sui canali social, ha denunciato il sistema della tassa etica: «Una tassa assurda il cui solo nome dovrebbe farci rabbrividire.
La tassa etica è un 25% in più di imposte sul reddito, oltre a quelle già esistenti, che si applica sui redditi provenienti da porno». E ora chi lavora nell’ambito del sex working sta studiando, insieme ai Radicali, una proposta di legge per abolirla (che prenderà forma entro la fine dell’anno).
Introdotta nel 2005
La tassa etica è stata introdotta dal governo Berlusconi nel 2005. L’addizionale si applica sul «materiale pornografico», dunque si intendono «i giornali quotidiani o periodici, ogni opera teatrale, letteraria, cinematografica, audiovisiva o multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti». Così come viene applicata sulle «trasmissioni volte a sollecitare la credulità popolare» penalizzando quindi «cartomanti, indovini, taumaturghi e medium o comunque da soggetti che fanno riferimento a credenze magiche, astrologiche, divinatorie e analoghe».
Conti alla mano
Oltre ad accostare due settori completamente differenti, la tassa etica che i sex worker sono tenuti a pagare in alcuni casi supera l’Irpef. Luiza Munteanu lo spiega con un esempio: «Mettiamo che su 100.000 euro si paghi 26.000 euro di Inps. Sottratti questi, sulla quota rimanente, 74.000 euro, bisogna calcolare le imposte. Sull’ammontare proveniente da porno, si applica la tassa etica (un 25% flat) quindi (se i 74.000 provengono da porno) circa 18.000 euro. Rimangono circa 32.000 netti. In questo caso due terzi dello stipendio vanno allo Stato. Se un attore convenzionale guadagna 28.000 euro lordi, al netto di tasse e contributi avrà circa 17.100 euro netti. Un attore porno, invece, circa 12.850 euro netti, pagando più di tassa etica che di Irpef. Significa che la pressione fiscale è maggiore di quella che si applica a un milionario».
E così si finisce per creare lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, in un Paese che è tra i maggiori consumatori di materiale pornografico. Luiza Munteanu sottolinea l’incoerenza di una tassazione che vive di tabù: «Se in precedenza alcuni commercialisti non conoscevano neanche l’esistenza della tassazione, negli ultimi anni si sono intensificati i controlli. Evidentemente lo Stato ha bisogno di più gettito fiscale, e penalizza una categoria di lavoratori che difficilmente si difende. Eppure questa tassa è anticostituzionale, per questo motivo ci stiamo muovendo insieme ai Radicali per abolirla».
Stato liberale o etico?
Munteanu spiega che la tassa etica «viola l’articolo 53 della Costituzione, che sancisce il principio di proporzionalità contributiva. Lo Stato può tassare i cittadini in base alla loro capacità contributiva. Se si tassa sulla base di qualcos’altro che non è la capacità contributiva, cioè quanto guadagnano, si sta andando contro la Costituzione».
Inoltre, il tema resta quello di definire ciò che è o non è etico. «Non è normale che uno Stato liberale impatti sul lavoro con una tassa etica, è un abuso del diritto tributario. Se oggi tocca ai sex worker e tanti sono d’accordo sul fatto che sia corretto applicare la tassa etica, si crea un precedente molto grave. Se lo Stato può definire non cosa è legale ma cosa è etico, un giorno magari punirà un’altra categoria considerata scomoda».