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 2025  ottobre 10 Venerdì calendario

Intervista a Thomas Ceccon

Thomas Ceccon in versione esploratore. Da oro olimpico, e primatista mondiale dei 100 dorso, studia un programma di gare in vista dei Giochi di Los Angeles. Fuori dall’acqua ha fame di scoprire il mondo, la vacanza estiva in Vietnam è sul suo canale YouTube tra curiosità e umorismo, con quello stile naif che i tifosi adorano. Da giovane di 24 anni è alla ricerca di un equilibrio, per carattere può risultare spavaldo ma pure introverso, ribelle ma alla ricerca di gentilezza, duro oppure svogliato, con la sensazione che nasconda sempre qualcosa. «Io sono molto sensibile, anche se non sembra. Quando ti apri poi ti rendi vulnerabile, ecco perché mi nascondo molto. L’unica volta in cui non potevo era sul podio all’Olimpiade di Parigi».
Si è vergognato di essersi fatto vedere emozionato?
«Mi sarei messo a piangere ma mi sono trattenuto, non volevo farlo davanti a tutti. Ho pianto la sera in camera».
Una corazza per proteggersi.
«Mi rinchiudo nel mio mondo, ho tre-quattro amici e sono contento così. Se però devo descrivermi, quando ne vale la pena, sono il primo a raccontarmi, anche nei tormenti. In fondo mi fa piacere far conoscere Thomas e non solo Ceccon».
Non è un tipo facile da comprendere.
«Faccio i conti con i miei sbalzi di umore. Anche per stupidaggini, magari non mi piace come mi sto allenando oppure ho un pensiero che non voglio esternare. E poi sono abbastanza permaloso. Se le cose me le dicono in un certo modo, mi chiudo a riccio. Lo faccio da sempre anche con i miei genitori».
Papà Loris e mamma Gioia si sono fatti in quattro per darle l’opportunità di diventare un campione.
«Già a tre anni ripetevo di voler nuotare, non ho mai avuto un piano B. I sacrifici sono stati tanti, mio padre da infermiere ha fatto i doppi turni. Per me si sono divisi, lui a Schio con mio fratello mentre mia madre si è trasferita a Verona con me quando avevo 17 anni. Li ringrazio tanto, hanno investito sul mio sogno».
Questa riconoscenza riesce ad esternarla?
«Non è facile confidarsi o essere amici dei propri genitori. Da ragazzino li ascolti, ci parli. A vent’anni invece dici: non voglio averli tra le scatole. Dai 30 anni in poi si torna a coinvolgerli sulle esperienze che loro hanno già fatto. Ma io resto un introverso. Durante le gare sanno che non mi devono scrivere, devo isolarmi nella mia bolla. Poi, quando torno a casa, parliamo. Dopo Singapore papà mi ha detto: ma perché non sei andato più forte?».
Ecco, appunto. La bizzarra gestione dei suoi turni preliminari. Ha mancato la finale mondiale dei 200 dorso per 4 centesimi.
«Da fuori dicono: ma perché questo ha fatto la batteria così piano? Le critiche ci stanno, sono pure d’accordo con chi le fa, ma è difficile spiegare l’imprevedibilità di una gara. In pochi tengono conto che io magari prima ho già nuotato otto turni. Sono il primo a crocifiggermi. Nessuna critica sarà più feroce di quelle che io faccio a me stesso».
Ha digerito la delusione per non aver vinto l’oro?
«Un po’ di rammarico resta. L’argento nei miei 100 dorso torna ancora nei pensieri, ma credo che possa aiutarmi per il futuro».
L’argento come medaglia le va proprio di traverso.
«Non sempre. Per esempio, ho gioito per gli argenti di Nadia Battocletti nei 10.000 metri e di Andrea Dallavalle nel triplo ai Mondiali. L’atletica mi appassiona».
E gli sport invernali, in vista di Milano-Cortina?
«Vorrei andare a vedere qualche gara dal vivo, magari la discesa. Mi piacerebbe fare il tedoforo, perché no?».
In futuro ci sarà un Ceccon meno polivalente?
«A Singapore mi sono massacrato, ma agli Europei nel 2026 proverò ancora un programma multiplo con 14-15 turni di gara in una settimana, proprio per prendere una decisione in vista di LA 2028».
Essere poliedrico è nel suo DNA.
«Fa parte di me. In allenamento adoro fare tutti e quattro gli stili. Quando c’è un lavoro sui 50 mi chiedo: lo faccio a delfino, dorso, rana o stile? In pochi possono dirlo, mi rende orgoglioso».
È in America per il via della Coppa del Mondo di nuoto in vasca corta. Tre tappe con un parterre di fuoriclasse.
«In vasca lunga riesco a sprigionare la mia nuotata, la vasca corta mi diverte anche se ci sono troppe subacquee».

In palio un montepremi da 1,2 milioni di dollari con bonus per ogni primato del mondo e per chi vince la stessa gara in tutte e tre le tappe.


«Il montepremi fa gola a tutti, ovvio».

A proposito di soldi, l’hanno accusata di essere invidioso dei guadagni di Sinner.
«Una stupidaggine gigantesca. Mi avevano chiesto la diversa visibilità tra tennis e nuoto. Dire che noi nuotatori se va bene guadagniamo 15mila dollari è un dato di fatto, non è gelosia. Io sono tifoso di Jannik.
Ma tra titoli, like, click, tante cose vengono stravolte diventando senza senso».
Ha una conoscenza enciclopedica del suo sport.
«È la mia passione, studio i tempi di tutte le specialità ma anche la storia del nuoto per capire da dove siamo partiti. Ora siamo una potenza mondiale ma prima del 2000 non avevamo mai vinto nessun oro olimpico».
Le divise dell’Italia ai Giochi sono firmate Giorgio Armani.
«Una perdita enorme. Ero alla sfilata Emporio Armani, la prima senza di lui. Sono grato di aver respirato un’atmosfera così intensa».
Con la moda ha un rapporto altalenante.
«Alcuni shooting durano giornate intere, posare è una rottura di scatole. Ma quando vedo il risultato degli scatti, dico: Wow. Ammetto, sono un po’ vanitoso».

L’esploratore Ceccon cerca anche la strada dell’amore?
«Questa ricerca sarà ancora bella lunga. Al momento è l’ultimo dei miei pensieri».