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 2025  ottobre 09 Giovedì calendario

Il caso Paragon si allarga agli imprenditori. Anche Caltagirone spiato

Dopo attivisti e giornalisti, anche il mondo della finanza. È l’ultimo tassello della saga di Graphite, il software-spia sviluppato dall’azienda israeliana Paragon Solutions e utilizzato da governi e forze di polizia di diversi Paesi, tra i quali l’Italia. Secondo quanto appreso da IrpiMedia e La Stampa, un nuovo nome si aggiunge alla lista delle persone che, lo scorso gennaio, hanno ricevuto un messaggio da Whatsapp che li informava di essere stati bersaglio dello spyware. È Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore, editore e finanziere. Non è dato sapere chi abbia provato a spiarlo, ma la notifica comparsa sul suo telefono insieme ad almeno altre sette persone nel Paese è inequivocabile.
Lo stesso giorno Whatsapp ha mandato notifiche anche a Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, e ai due fondatori della ong Mediterranea, Luca Casarini e Giuseppe “Beppe” Caccia. Nei mesi successivi sono emersi anche altri nomi. Da don Mattia Ferrari, cappellano di bordo di Mediterranea, fino a Ciro Pellegrino, caporedattore di Fanpage, fino a Roberto D’Agostino, fondatore ed editore del sito Dagospia. Tuttavia, questo è il primo caso in cui tra le persone attenzionate figura un uomo d’affari, lontano dal mondo dell’informazione o dell’attivismo.
Caltagirone è uno dei protagonisti della serie di operazioni che stanno ridisegnando l’assetto finanziario del Paese, azionista di Generali, Mps e Mediobanca, quest’ultima acquisita proprio da Mps (dove tra i soci c’è anche lo Stato). A questo punto solo le autorità potranno accertare se sia stato un governo straniero a prendere di mira lo smartphone di Caltagirone, ipotesi già ventilata nei riguardi di Cancellato, o se dietro l’operazione ci sia una mano italiana. Ma andiamo con ordine.
Secondo quanto ricostruito, a dicembre del 2024 l’utenza telefonica in uso a Caltagirone sarebbe stata inserita in una chat Whatsapp, con contatti a lui noti e al cui interno era stato condiviso un file Pdf. Poco dopo la chat sparisce, il Pdf con essa. Il mese dopo Whatsapp informa gli utenti coinvolti di aver individuato e corretto una vulnerabilità che avrebbe permesso di inserire uno spyware senza che fosse necessario cliccare su alcun link o allegato. In gergo si chiamano “attacchi zero-click”. E lo smartphone di Caltagirone è tra i destinatari di tale notifica.
Secondo la ricostruzione di altre vittime e della stessa Citizen Lab, è proprio questo il metodo con il quale Graphite è stato propagato tra i suoi bersagli. Il sistema non colpisce a caso, ma è programmato per installarsi esclusivamente sul telefono del bersaglio, lasciando indenni le altre persone nel gruppo. Alla luce dell’allerta diramata dall’app di messaggistica, lo smartphone viene riportato alle impostazioni di fabbrica, eliminando il problema ma anche rimuovendo ogni elemento che avrebbe permesso di trovare tracce dello spyware. Contattato, l’ufficio stampa del gruppo Caltagirone non ha risposto a una richiesta di commento.
Della vicenda di Paragon si è occupata una indagine del Copasir – Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ovvero l’organo del Parlamento che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani – che si è svolta la scorsa primavera e ha riguardato i casi al tempo noti. Secondo quanto ricostruito nel rapporto del comitato (reso pubblico) è stato possibile accertare che Caccia e Casarini sono stati effettivamente oggetto di attività di sorveglianza dei servizi, «finalizzata a prevenire la minaccia alla sicurezza nazionale da parte di individui sospettati di svolgere attività di favoreggiamento dell’ingresso di soggetti stranieri nel territorio nazionale». Cosa sia successo invece nel telefono di Cancellato non si è mai saputo e il governo ha sempre respinto ogni addebito a riguardo, come detto, arrivando a ipotizzare la pista di un servizio segreto estero.
Le cose si sono complicate in aprile, quando un’altra notifica – questa volta inviata da Apple – ha informato una seconda infornata di bersagli della potenziale compromissione dei propri dispositivi. Tra questi Ciro Pellegrino, caporedattore di Fanpage. La testata è nota per indagini sotto copertura, tra le quali “Gioventù meloniana” sul lato di estrema destra e nostalgico del ramo giovanile del partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Successive analisi sul telefono di Pellegrino, svolte nei laboratori di Citizen Lab a Toronto, hanno permesso di confermare la presenza di Paragon sul suo dispositivo. Solo a giugno le procure di Roma e Napoli hanno disposto accertamenti sui dispositivi delle persone sottoposte a sorveglianza. In seguito a questa notizia ulteriori nomi di vittime di Paragon sono stati resi pubblici: uno è Roberto D’Agostino, il fondatore di Dagospia. L’altra è Eva Vlaardingerbroek, influencer olandese di estrema destra e residente a Roma.
«I governi dispongono di così tanti strumenti diversi per mettere sotto controllo un bersaglio che è semplicemente impensabile che tutti siano simili o facilmente identificabili», spiega una fonte che ha analizzato alcuni dei dispositivi. «Non solo esistono molti più spyware di quelli prodotti da Paragon o Nso, ma c’è un’intera rete di scambi di favori anche tra Paesi: se io non posso svolgere un’intercettazione su uno specifico cittadino, lo chiedo al Paese affianco», spiega l’esperto senza poter entrare nel merito di casi comprovanti tali affermazioni per ragioni di riservatezza. Contattata per questa inchiesta, Paragon non ha risposto a una richiesta di commento.