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 2025  ottobre 09 Giovedì calendario

Meloni e Giorgetti fanno muro sul 3%. Tutti i paletti

La regola inderogabile della manovra la dettano Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti: il 3% non si tocca. Dietro il “numeretto” del deficit c’è il senso delle risposte che la premier e il ministro dell’Economia si ritrovano a ripetere più volte quando gli alleati tirano la corda al tavolo del vertice di maggioranza che a Palazzo Chigi prova a dare forma alla Finanziaria. Perché – è il ragionamento dei due – i conti in ordine valgono l’uscita anticipata dalla procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo.
Nella prospettiva della presidente del Consiglio è anche una rivincita politica nei confronti delle opposizioni che accusano la destra di “scassare” le finanze pubbliche. Vista da via XX settembre è uno scudo contro le tensioni internazionali, dalle guerre ai dazi, che potrebbero rallentare la crescita già ritoccata all’ingiù. Ecco perché poche ore dopo il titolare del Tesoro si presenta in Parlamento per spiegare che “solo un uso accorto delle risorse disponibili può consentire di fronteggiare eventuali shock negativi e al contempo proseguire nell’attuazione degli obiettivi prioritari del programma di governo”.
Manovra, i nodi: Irpef e rottamazione
La manovra finisce sulla bilancia. Pesi e contrappesi. Da una parte le rivendicazioni di Forza Italia e Lega, dall’altra i paletti. Quando Tajani prova a rilanciare il taglio dell’Irpef per i redditi fino a 60mila euro, è Meloni a frenare. L’asticella – spiega – deve fermarsi diecimila euro più in giù perché scavallare questa soglia costerebbe troppo. Breve discussione, poi l’accordo a 50mila euro. Costo: tra 2,7 e 2,8 miliardi. L’estensione a 60mila euro avrebbe fatto lievitare l’esborso a oltre 5 miliardi.
Il registro non cambia quando tocca a Matteo Salvini avanzare la richiesta di una maxi-rottamazione delle cartelle fiscali. “Capisco che è una tua esigenza politica, ma non può costare troppo”, insiste Meloni. Al leader della Lega basta incassare una rateizzazione, senza sanzioni e interessi, in 108 rate (9 anni) “Non è possibile immaginare una rottamazione all’infinito a beneficio di tutti”, dice Giorgetti.
Le novità su pensioni, sanità, nuovi nati e detrazioni
Il Carroccio è costretto a indietreggiare anche sulle pensioni: non ci sarà il blocco generalizzato dell’aumento dei requisiti per l’uscita dal lavoro. Poi tocca alla premier mettere il suo timbro sulla Finanziaria da 16 miliardi. Le priorità per Palazzo Chigi sono il potere d’acquisto dei salari e la sanità. E la famiglia. Nel pacchetto dedicato, con uno stanziamento tra 500 milioni e 1 miliardo, dovrebbero trovare spazio la proroga del congedo parentale facoltativo e un fondo di previdenza complementare per i nuovi nati che si tradurrebbe in un contributo per i genitori. Circa 2,5 miliardi aggiuntivi andranno alla sanità, mentre le imprese potranno beneficiare di un nuovo incentivo in grado di superare le criticità di Transizione 5.0. Dentro anche la proroga della detrazione al 50% per le ristrutturazioni, ma “in modo selettivo, sulla prima casa in particolare”, spiega Giorgetti.
Per le coperture, pagheranno anche le banche. L’obiettivo è incassare 2-3 miliardi, ma non ci sarà la tassa auspicata da Salvini. Al vertice si decide per “un contributo” da concordare con gli istituti. “Nessun intento punitivo o velleitario”, sottolinea Giorgetti. Il cerchio si chiuderà nei prossimi giorni. Poi tutti al Cdm, dove la premier richiama i presenti: “Limitiamo il ricorso ai decreti legge”. Sono più di cento quelli varati finora. Troppi.