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 2025  ottobre 09 Giovedì calendario

Il maggiore: «Noi siamo il potere» Così perseguitava la ex e l’amante

«Caro Alberto il mio ristorante di Pavia ha il tartufo d’Alba... Che ne dici se un giorno di questi gli diamo una mano a finirlo?». Difficile non accettare l’invito dell’allora maggiore dei Carabinieri Maurizio Pappalardo. Peccato che nell’ottobre 2020 siano ancora in vigore le restrizioni per il Covid. E quando l’interlocutore si preoccupa di «vedere prima cosa dice il Dpcm» e se è possibile spostarsi, Pappalardo lo rassicura: «Ma ti conosco io... noi siamo il potere... Ti metto auto con scorta e arrivi tranquillo. Siamo o no amici?». Giorni dopo l’ufficiale si mette a disposizione anche per procurargli un certificato per lui e famiglia che gli consenta di spostarsi nella casa a Cortina. E se ci sono altre esigenze è pronto a «muovere anche i pezzi pesanti».
Uno scambio di cortesie finito agli atti dell’inchiesta «Clean 2» dove Pappalardo, ex comandante del Nucleo Informativo del Reparto Operativo di Pavia, ora in pensione, è ancora sotto processo per corruzione e stalking nei confronti di una ragazza con la quale aveva avuto una relazione, cominciata quando lei era appena 17enne. Una donna, oggi ha 30 anni, la cui vita era diventata un inferno quando aveva deciso di lasciarlo. Vessazioni di ogni tipo: dai copertoni dell’auto tagliati, fino al tentativo di far perdere la pensione al nonno.
Ma chi è Alberto? Si tratta di un dirigente di un’importante banca, non indagato. La stessa dove lavorava l’ex fidanzata di Pappalardo e anche Andrea Guazzi. Almeno fino a quando non è stato costretto a lasciare il suo incarico di responsabile dell’area Wealth Management. Guazzi entra in questa storia perché è l’uomo con il quale aveva intrecciato una relazione extraconiugale proprio la ex di Pappalardo. Per questo anche la sua vita diventa un inferno. Viene preso di mira con una serie di lettere anonime indirizzate alla moglie e alla banca. Risultato: la moglie lo lascia e subito dopo viene allontanato dalla banca.
Che dietro ci sia la mano di Pappalardo lo scopre solo quando viene interrogato e esplode lo scandalo del «sistema Pavia», con l’arresto di Pappalardo e del maresciallo Antonio Scoppetta, ex componente del nucleo di polizia giudiziaria fedelissimo del pm Mario Venditti, indagato nell’inchiesta su Garlasco. Era lui a spedire le lettere anonime. «Se mi mandi i nomi spedisco – dice al superiore –...bisogna mandare 20 lettere in banca e vedere cosa succede. D’accordo?». «Sì», risponde l’ufficiale. L’anonimo scrive che «Guazzi utilizza l’azienda solo per intrecciare relazioni con impiegate che si piegano ai suoi voleri». Mentre in chat l’ufficiale si sfoga con un amico: «Si accorgerà che ha fatto la stronza (riferito alla ragazza, ndr) con la persona sbagliata. Non sarò soddisfatto fino a quando non completerò l’opera. L’altro è stato mezzo ammazzato. Si pentiranno di aver pensato che io sia uno sfigato».
Quindi a chiudere il cerchio un messaggio che spiega quanto fosse interessata l’amicizia con Alberto. «Stretta forte amicizia con il capo di Guazzi – scrive a un amico —. Massimo entro dicembre è fuori... ho la sua promessa che se non si sbrigano lo fa fuori lui brutalmente». Insomma Pappalardo voleva vendicarsi anche con la persona che aveva osato prendere il suo posto. Lo aveva anche visto in macchina con lei. Dalle intercettazioni è chiaro che, quanto meno, era felice del licenziamento. Guazzi, difeso dall’avvocato Fabrizio Ventimiglia, ha già ottenuto un risarcimento nel processo con rito abbreviato a Scoppetta (condannato a 4,6 anni) ed è parte civile nel processo a carico di Pappalardo. Ma la sua vicenda potrebbe avere ulteriori sviluppi investigativi.
Dagli atti emerge chiaramente che la «squadretta» si permetteva di tutto, utilizzando anche mezzi investigativi. Come nel dicembre 2019 quando «su indicazione di Pappalardo, Scoppetta ritirava un dispositivo di localizzazione Gps prestatogli da un conoscente dell’Esitel srl (ditta che faceva intercettazioni per la Procura), per la sorveglianza dell’auto» dell’ex fidanzata. Sulla quale si accanivano con espedienti quasi da teppisti. In una circostanza l’ufficiale dice «bisogna sgonfiarle le gomme dell’auto». E il fido Scoppetta assicura: «Domani la sistemo... ho il punteruolo in tasca».
Nonostante il calvario, la ragazza non si è costituita parte civile. Proprio su questo punterà la difesa di Pappalardo. Anche se il suo tirarsi indietro potrebbe raccontare di una donna che, vivendo e lavorando a Pavia, forse è ancora terrorizzata.