Avvenire, 8 ottobre 2025
Da prevenzione e nanoparticelle nuove speranze per l’Alzheimer
Nuove importanti prospettive di cura dalla ricerca sull’Alzheimer. Un team di ricerca internazionale, guidato da scienziati del dipartimento di Medicina sperimentale e del Centro di Ricerca in Neurobiologia “Daniel Bovet” (Crin) della Sapienza Università di Roma, ha scoperto un sofisticato “crosstalk” – un dialogo molecolare – tra due meccanismi chiave che regolano l’espressione dei nostri geni: la metilazione del Dna e i microRna. Questo dialogo, descritto su Alzheimer’s & Dementia, controlla in modo diretto la produzione della proteina betaamiloide, il cui accumulo nel cervello è considerato l’evento più rilevante della patologia. Per decenni, spiegano i ricercatori, la ricerca si è concentrata su come eliminare le placche di betaamiloide, con risultati deludenti. Per questo, la comunità scientifica sta spostando l’attenzione sui meccanismi che si trovano “a monte”, ovvero su come regolare la produzione stessa di questa proteina che risulta ‘’tossica’’ ma ha comunque un ruolo fisiologico. «Questa scoperta è come aver trovato la chiave di lettura di un processo di cui prima vedevamo solo il risultato finale spiega Andrea Fuso, coordinatore dello studio -. Abbiamo capito che la cellula non usa un solo interruttore, ma un pannello di controllo integrato in cui Dna e microRna comunicano per regolare finemente un processo vitale, la cui alterazione è associata alla malattia. È una svolta nella comprensione dei meccanismi biomolecolari dell’Alzheimer».
Un altro team di scienziati dell’Istituto di Bioingegneria della Catalogna, del West China Hospital Università del Sichuan e dell’University College di Londra ha sperimentato con successo nei topi l’utilizzo di nanoparticelle bioattive, chiamate anche farmaci supramolecolari, – che hanno invertito la malattia.