la Repubblica, 8 ottobre 2025
“La mia biblioteca vaticana tra falsi del Decamerone e furti di note fatti da Mozart”
Con un cognome così, gli equivoci sono inevitabili. «Le nostre opere, quando le prestiamo, viaggiano accompagnate», racconta don Giacomo Cardinali, viceprefetto della Biblioteca apostolica vaticana: «Portai un manoscritto al museo di Cluny per una mostra sul Medio Evo e a un certo punto arrivò la direttrice un po’ trafelata: “L’attenzione che il Vaticano ci riserva è quasi imbarazzante: mandare un cardinale per portare un manoscritto…”. Aveva confuso il cognome con la carica».
Capitano spesso i fraintendimenti?
«I francesi sono molto laici, spesso non hanno troppo chiara la gerarchia della Chiesa… Ma ci siamo abituati: la nostra è un’istituzione umanistica, e per questo è la più laica di tutta la Santa Sede. I nostri interlocutori sono centri di ricerca, università pubbliche, il Louvre, il Metropolitan, la Nasa, non sanno bene cos’è un prete, tanto meno come si distingue da un vescovo o da un cardinale».
Ospitate mostre di artisti originali, che realizzato anche le vostre mitiche agende.
«Chiamiamo artisti che ci aiutano a guardare a noi stessi da un altro punto di vista. L’ultima agenda è opera di Kristjana Williams, illustratrice e graphic artist. Tra l’altro disegna meravigliose confezioni per una storica casa di profumi inglese, Penhaligon’s. Non avevamo contatti, le abbiamo scritto su Instagram, lei all’inizio pensava fosse uno scherzo».
L’anno prima che agenda era?
«Le fontane di Roma. Avevamo osato troppo l’anno precedente…».
Che avevate combinato?
«Avevamo invitato l’artista olandese Irma Boom. Adesso siamo amici ma il primo giorno litigammo furiosamente. Arrivò con gli zoccoli, un rumore tremendo in sala di lettura, per me all’epoca il libro era solo il testo, lei mi aprì la mente. Abbiamo 400 libri futuristi, l’esemplare numero uno del famoso “Depero imbullonato” sta qui. Le dicemmo: tu sei una donna del millennio prossimo, qui abbiamo i futuristi, fece un’agenda meravigliosa, fosforescente, con legatura giapponese e le fasi lunari di Galileo che si modificano. Oggi è un oggetto per collezionisti».
Vengono da voi anche studiosi di altre religioni?
«Certo, alcuni studiosi musulmani ci hanno chiesto una stanza con un tappeto per pregare, gliel’abbiamo data: abbiamo Corani antichi incredibili. Siamo una biblioteca universale, ci sono collezioni arabe, ebraiche, etiopiche, pezzi cinesi unici. Anni fa abbiamo scoperto di avere il più antico archivio giapponese medievale che esiste fuori dal Sol levante».
Come ci è finito qui?
«Grazie a un missionario salesiano, padre Marega. Era in Giappone dagli anni Venti, una leggenda vuole che i bambini dell’oratorio giocassero con una palla di carta e lui si accorse che erano documenti antichi appallottolati. Si incuriosì e trovò un archivio abbandonato in un castello diroccato. Lo salvò dalla bomba atomica spostandolo solo pochi giorni prima: o fu un caso clamoroso di fortuna o ci fu un’ispirazione dall’alto».
Ci sono altre casse chiuse, altre possibili scoperte?
«I nostri ricercatori interni sono una quindicina, i manoscritti 80mila, i pezzi d’archivio 50mila, i libri a stampa quasi 2 milioni, 100mila le incisioni e le opere di grafica e 100mila le monete e medaglie, e continua ad arrivare materiale. Qualche anno fa una studiosa scoprì una rarissima copia manoscritta dell’Etica di Spinoza».
Lei ha scoperto un “furto” compiuto da Mozart, che ha raccontato nel libro “Il giovane Mozart in Vaticano”, pubblicato nel 2022 da Sellerio.
«Mozart memorizza il mitologico Miserere di Allegri che, come tutti i brani della Sistina, non si poteva divulgare. Era il primo viaggio che faceva senza la sorella, si capisce dalle lettere che le promette questa super marachella da artista. Gli bastò ascoltare l’esecuzione per trascriverla integralmente».
Nel prossimo libro, sempre a partire dalle carte d’archivio e sempre con Sellerio, cosa svela?
«La storia di una falsificazione libraria. Il Decamerone del Boccaccio, nell’edizione di Firenze del 1527, è stato il libro più raro e pagato sul mercato antiquario. A un certo punto qualcuno ne fece una copia falsa: D’Annunzio comprò la patacca fasulla, noi stessi abbiamo scoperto di conservarne due copie originali e sei falsi. Non era mai stata fatta un’indagine approfondita: mi sono messo a cercare e ho sgominato la banda».
Storie da fare impallidire Dan Brown...
«Secondo me sì!».
In una recente intervista lo scrittore americano ha detto: “Benedetto XVI non mi voleva vedere, adesso Leone XIV potrebbe ricevermi”.
«Non saprei. Benedetto era uomo dalle letture più sobrie e profonde, capisco che non fosse il suo genere. Lui cavalca il filone del Vaticano misterioso, che a me fa un po’ ridere perché in biblioteca il segreto c’è finché non c’è qualche studioso serio che ci si dedica. Ad ogni modo il fenomeno è più ampio di Dan Brown. Da quando abbiamo un servizio online per il pubblico riceviamo le richieste più assurde, in particolare dall’America: ce l’avete la macchina del tempo? E la Menorah del tempio di Gerusalemme portata via da Tito? E il Sacro Graal?».
Il bibliotecario sarà superato dall’intelligenza artificiale?
«Il problema rimane lo stesso di 500 anni fa, la catalogazione. L’informatica aiuta ma non è in grado di svolgere il compito di uno studioso serio. Non so se la macchina riconoscerebbe un falso. Magari sì, ma non ne saprebbe ricostruire l’intricata vicenda».