La Stampa, 7 ottobre 2025
Droni russi, siamo noi il prossimo obiettivo? Quattro italiani su dieci temono un attacco
In un mondo sempre più interconnesso, ma sempre meno stabile, l’attuale situazione internazionale genera smarrimento, confusione e – forse più di tutto – paura. A pagarne il prezzo più alto è spesso l’opinione pubblica, che si trova a dover navigare un’informazione parziale, frenetica e spesso polarizzata, mentre intorno si muovono forze geopolitiche che sembrano giocare partite ben lontane dai bisogni quotidiani della gente. Le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, pubblicate sulla piattaforma X hanno avuto un effetto deflagrante. L’avvertimento che la guerra in Ucraina potrebbe estendersi oltre i suoi confini ha toccato le corde profonde delle paure collettive. Secondo un recente sondaggio di Only Numbers il 39,7% degli italiani teme che anche il nostro Paese possa diventare un potenziale obiettivo della Russia di Vladimir Putin. Ancora più impressionante è il dato sul timore di una guerra mondiale: quasi un italiano su due (47,9%) percepisce questo spettro come reale, presente, forse imminente. Il motivo? I dialoghi di pace arrancano, quando non spariscono del tutto dall’agenda politica internazionale, gli sforzi diplomatici sembrano soccombere sotto il peso di nuovi conflitti, alleanze militari e interessi strategici. Senza dimenticare anche le parole del segretario generale della Nato Mark Rutte: «Siamo tutti minacciati dalla Russia, anche l’Italia».
Così, mentre l’Occidente si interroga su come affrontare le tensioni in Ucraina, nuove ferite si aprono in Medio Oriente: dalla crisi sempre più profonda tra Israele e Palestina, fino alla tragedia umanitaria di Gaza, si amplifica un senso di impotenza globale. In questo clima di instabilità, cresce anche la sfiducia verso i leader internazionali: secondo un sondaggio, il 63,2% degli italiani ritiene che il presidente americano Donald Trump rappresenti una minaccia per i principi della democrazia. Eppure, è stato proprio Trump a presentare un piano di pace per il Medio Oriente, il cui esito fino a poche ore fa appariva incerto. In un colpo di scena che potrebbe segnare una svolta, Hamas ha annunciato di accettare il piano proposto dal presidente americano, aprendo una finestra fragile, ma concreta, su una possibile tregua. Una mossa che ha colto molti osservatori di sorpresa e che potrebbe rimettere in moto dinamiche diplomatiche rimaste a lungo bloccate. Israele, che aveva già accolto il piano con favore ma anche con prudenza, si trova ora davanti a una scelta difficile: cogliere l’opportunità o continuare su una linea di confronto. Il sostegno già espresso da diversi Paesi arabi o a maggioranza musulmana suggerisce che potrebbero esserci le condizioni per un primo, timido riavvicinamento, anche se il cammino resta irto di ostacoli. In un mondo sempre più lacerato da conflitti, la sola possibilità di parlare di pace assume un valore quasi rivoluzionario, mettendo al centro la speranza. Tuttavia, le guerre non si combattono solo sul fronte.
Per milioni di famiglie italiane, la battaglia quotidiana è un’altra: quella per arrivare a fine mese, far quadrare i conti, affrontare l’aumento del costo della vita. Una lotta silenziosa, ma non meno drammatica. In questa atmosfera di incertezza, ben un italiano su tre (32,6%) teme per i propri risparmi, mentre un altro 26,2% denuncia di non riuscire più a risparmiare nulla. Un dato che racconta, meglio di qualsiasi analisi, quanto la politica internazionale abbia ormai un impatto diretto sul vissuto economico delle persone. Le tensioni geopolitiche, del resto, non restano confinate ai telegiornali. Ogni dichiarazione, ogni minaccia, ogni drone, ogni missile lanciato innesca reazioni a catena anche sui mercati internazionali. Il costo del gas aumenta, l’euro perde terreno, le borse vacillano; e, mentre i governi pensano ai bilanci militari, le famiglie si arrovellano per come pagare la rata del mutuo, che in molti casi è quasi raddoppiata negli ultimi due anni. L’economia familiare, già provata da anni di inflazione, caro energia, stallo salariale e precarietà occupazionale, si ritrova ad affrontare anche la pressione psicologica di un mondo in fiamme. Il senso di instabilità globale si riflette nelle scelte quotidiane: si rimanda un acquisto, si taglia sulla spesa, si rinuncia a un piccolo viaggio. Ogni decisione viene filtrata da un senso di ansia latente, da una domanda che serpeggia: “E se domani dovesse accadere qualcosa?”. In questo contesto frammentato, c’è anche chi invita alla cautela: il 38,4% degli italiani ritiene che l’allarme mediatico sia eccessivo. Forse è un desiderio di normalità o forse una reazione di autodifesa contro l’ennesima crisi, tuttavia non va ignorato il fatto che una parte del Paese insegue la stabilità, cerca una certa lucidità, chiede un’informazione meno sensazionalistica e una politica più responsabile. È qui che l’Italia si ritrova divisa tra timore e realismo, tra bisogno di protezione e desiderio di verità. Un Paese che guarda al futuro con occhi stanchi e un cuore appesantito, dove la guerra sembra lontana, ma bussa ogni giorno alle porte di casa, sotto forma di inflazione, bollette, e preoccupazioni per i figli. La speranza, ora più che mai, è che le parole tornino a valere più delle armi, che la diplomazia ritrovi la sua voce, e che le famiglie possano tornare a parlare di futuro e non solo di sopravvivenza. —