repubblica.it, 6 ottobre 2025
Corea del Nord: l’estinzione silenziosa dagli orsi alle tigri
C’è un luogo al mondo dove nessun animale che sia più grande di un riccio è ormai al sicuro. Che sia un mammifero o un rettile, potrebbe essere ucciso, mangiato o messo in commercio. Questo luogo è la Corea del Nord di Kim Jong-un. Le foreste e gli ecosistemi della Corea del Nord negli ultimi anni stanno correndo un rischio unico, per certi aspetti, al mondo: la totale “defaunazione”, la perdita di qualsiasi tipo di animale “sopra i 500 grammi”, che sia una tigre, un orso, ma anche una lontra o un cervo. Praticamente. qualunque animale possa generare un qualche tipo di vantaggio, che sia per cibarsi o per scambi commerciali, viene predato. Lo raccontano, in un aggiornamento rispetto a studi precedenti, alcuni ricercatori dell’University College London guidati da Joshua Elves-Powell, in uno studio pubblicato su Biological Conservation da poche settimane.
Il coinvolgimento statale
Secondo gli esperti, nella difficile Corea del Nord, dove è estremamente complesso reperire informazioni, sta avvenendo una accelerazione. Come noto il Paese guidato dal leader Kim Jong-un punta all’autosufficienza economica ma, per generare entrate, a più riprese ha sostenuto un commercio illegale di fauna selvatica autoctona che doveva essere protetta sia da leggi nordcoreane e in teoria – anche se la Corea del Nord non ne fa parte – dalla nota Convenzione sul commercio internazionale di fauna e flora selvatiche (CITES).
Questo commercio, compreso quello di specie altamente protette, come le tigri, l’orso nero asiatico o la lontra eurasiatica, fino al 2020 aveva un flusso chiaro: dalla Corea del Nord alla Cina, Paese dove la medicina tradizionale cinese sostiene questo tipo di mercato nero. Poi però successivamente, a causa della pandemia, i confini sono stati chiusi: il mercato illecito si è limitato a zone di frontiera e poco altro. Dopo l’emergenza Covid-19 però, approfittando anche “dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022” scrivono i ricercatori, la Corea del Nord” si è mossa per riprendere i contatti con i suoi alleati storici, Russia e Cina” e gli scambi illeciti commerciali di fauna selvatica, viva o morta, sono ripresi.
Il collasso economico e l’isolamento del Paese
Ad oggi quasi tutti i grandi mammiferi vengono cacciati fino a spingere le specie verso “l’estinzione” e questo avviene anche a causa della disperazione, dovuta al collasso economico, per la ricerca di cibo e di introiti derivati dal commercio. Gli ecosistemi della Corea del Nord sono considerati tra i più ricchi, ma anche meno studiati, di biodiversità di tutta l’Asia orientale.
Dai grandi felini sino a specie di piccoli mammiferi del bosco però attualmente “c’è un forte rischio di defaunazione delle foreste della Corea del Nord, uno scenario in cui verrebbero di fatto svuotate” sostiene Elves-Powell, che è docente associato di conservazione della biodiversità ed ecologia dell’UCL. “Se ciò accadesse – ha spiegato l’esperto ai media asiatici – non solo si perderebbe la biodiversità e ci sarebbero ripercussioni sulla popolazione locale, ma ci sarebbero anche ripercussioni sulla fauna selvatica dei vicini Corea del Sud, Cina e Russia”.
Le testimonianze: “Costretti a cacciare”
Un esempio lampante è quanto accaduto allo zibellino: un tempo era ovunque nella penisola coreana ma poi per via della caccia alla pelliccia è “funzionalmente estinto”.
Tante altre specie, fra cui la tigre dell’Amur, il leopardo dell’Amur, oppure il goral dalla coda lunga e gli orsi presenti nelle foreste, rischiano di fare la stessa fine. La particolarità di questa ricerca, per ovvie ragioni vista la condizione ermetica e inesplorabile della Corea del Nord, è che si basa soprattutto su testimonianze dirette di disertori o persone fuggite dal Paese: in particolare sono stati raccolti decine e decine di resoconti fatti da ex cacciatori e commercianti di fauna selvatica fuggiti dalla Corea del Nord. Quasi tutti, spiega Elves-Powell, hanno raccontato di essere stati costretti a cacciare: “Se un animale è una risorsa che può essere utilizzata da persone che si trovano in gravi difficoltà economiche, come sta chiaramente attraversando la Corea del Nord, allora ha senso che venga sfruttato per la sopravvivenza di queste persone”, sostiene l’esperto riportando i racconti che ha registrato.
Quelle leggi che tutti ignorano, anche lo Stato
La distruzione della fauna in questo Paese è legata sostanzialmente a due fasi: la prima e più importante è quella degli anni di carestia, tra il 1995 e il 2000, dove collasso economico e scarsi raccolti, oltre alla fine degli aiuti sovietici, portarono la popolazione alla fame. La seconda invece riguarda gli ultimi anni, soprattutto quelli post pandemia. Per i ricercatori il commercio sul mercato nero è stato incentivato in ogni modo, anche da “istituzioni statali” e da zoo, come quello di Pyongyang, che ha fornito alcuni prodotti dopo la morte di animali. “Dovrebbe essere scioccante, ma forse non è poi così sorprendente” aggiunge l’esperto.
Eppure esistono, anche in Corea, leggi sulla protezione animale: una fu per esempio quella del 1959 per tentare di vietare la caccia a zibellini e lontre, ma sono scarsamente applicate. I disertori raccontano infatti che lo stesso Stato ha aggirato i propri decreti realizzando degli allevamenti (di lontre, cervi, orsi, fagiani...) per poter vendere poi prodotti animali tra cui, in particolare, la bile dell’orso che è tanto richiesta dalla medicina tradizionale asiatica.
Il confine
Oltretutto il problema è che non si tratta solo di ecosistemi della Corea del Nord: gli animali migrano, passano i confini, e ogni volta che per esempio dalla Cina ritornano nel Paese di Kim Jong-un corrono rischi enormi, vale per le tigri dell’Amur, così come per i leopardi. “Non appena si attraversa la Corea del Nord, il rischio è molto concreto” chiosa Elves-Powell.
Sebbene lo studio riconosca il fatto che molti animali selvatici siano stati cacciati per motivi di “prima necessità”, ovvero per sfamarsi o ottenere denaro in situazioni di estrema povertà, gli analisti indicano la necessità che vengano applicate leggi di protezione animale delle specie protette anche nella Corea del Nord e conclude ricordando come “i vicini della Corea del Nord devono agire per ridurre al minimo il commercio di specie protette. In quanto principale partner commerciale della Corea del Nord, la Cina può mitigare i rischi ecologici, sanitari e reputazionali associati al commercio illecito nordcoreano con acquirenti cinesi, limitando la domanda nazionale illegale di fauna selvatica”.