repubblica.it, 7 ottobre 2025
Regno Unito, perché i Tories rischiano di estinguersi dopo due secoli di storia (e la Brexit)
A volte le immagini valgono più di mille parole. Ieri, a Manchester, il partito conservatore ha consegnato ai giornalisti uno dei pacchetti in sala stampa – come si fa in simili occasioni – che spesso promuovono slogan o eventi. Peccato che sia stato l’ennesimo disastro dei Tories. Che oramai sembrano aver perso la guida e pure il senno, in una nebbia mentale ed esistenziale. Sul pacchetto difatti c’era scritto “Quando il Labour negozia, la Gran Bretagna perde”. Peccato che Britain avesse un grosso refuso, “Britian”. Tanto che subito i conservatori sono stati umiliati dai loro avversari online. Un portavoce del partito laburista: “Se non sanno scrivere neanche Gran Bretagna, come possono essere credibili?”. E Zia Yusuf, presidente di Reform UK, il partito di Nigel Farage: “Se questo è il livello...”.
Ovviamente il refuso, per quanto molto grave in un tale contesto, è solo la punta dell’iceberg di uno strapiombo in cui sembra terminato il partito conservatore britannico, fondato nel lontano 1834, tra i più antichi del mondo. Chi scrive ha assistito alle annuali conferenze di partito per cinque edizioni consecutive. In genere, sono stracolme di iscritti, politici, deputati, appassionati, lobbisti, finanziatori, giornalisti e oscuri personaggi. Di solito, nelle hall della Manchester Central si assiste a un via vai umano dalla mattina fino a tarda notte. Con tutti (o quasi), dopo una lunga giornata di incontri ed eventi, che fanno le ore piccole scolandosi cocktail nei bar, alle feste dello Spectator o di Sky e negli eventi della convention con vino e birra gratis, per poi svegliarsi con le occhiaie la mattina alle 7. Come ci disse una volta un diplomatico europeo: “Dicono che questo Paese sia in crisi, ma vedendo come si godono la vita i Tories alle loro conferences non sembra proprio…”.
Stavolta, invece, mentre si accumulano nostalgici eventi e reception per il centenario della nascita di Margaret Thatcher (il 13 ottobre), gli atri sono semivuoti, gli stand di investitori e sponsor abbandonati dal primo pomeriggio, i deputati si aggirano come fantasmi, stranamente si trova sempre posto a sedere e la Main Hall, ossia la sala principale del complesso con i discorsi della leader e dei suoi “ministri ombra”, ha spesso molti posti vuoti. Come capitato ieri per esempio a Mel Stride, quello che sarebbe il ministro delle Finanze con i Tories al governo.
Oppure ex ministri di peso come James Cleverly hanno dovuto implorare l’applauso da una platea molto poco reattiva. Tuttavia, gli iscritti al partito cercano di mantenere l’ottimismo. Del resto ci tengono al loro partito e molti di loro sono membri da decenni.
Eppure, i conservatori hanno governato per 14 anni consecutivi, fino alla sconfitta epocale del luglio 2024. Come hanno fatto a ridursi così? Tutto è iniziato con la Brexit e la scellerata decisione di David Cameron di un referendum sulla Ue, che ha iniziato a dilaniare il partito conservatore nelle sue fondamenta. Gli scandali e i disastri successivi – dal Partygate di Boris Johnson ai catastrofici tagli alle tasse senza copertura di Liz Truss – hanno fatto perdere enorme e ulteriore credibilità al partito, ora non facile da recuperare. Da questo punto di vista, la montagna da scalare per la leader Kemi Badenoch è enorme e chiunque altro al suo posto avrebbe le stesse difficoltà.
Ma allo stesso tempo, Badenoch non riesce ad entusiasmare gli iscritti e altri potenziali elettori, ha poca empatia o carisma, riesce a commettere abitualmente gaffe clamorose, da dichiarazioni deprimenti come quelle di “mangiare a pranzo sempre davanti al computer” a errori macroscopici come “l’Irlanda del Nord ha votato a maggioranza per la Brexit nel 2016, lo so, ho controllato” (il Remain vinse invece con il 55,7%).
Ma soprattutto, e non solo per il fatto che sia praticamente immigrata oltremanica a 16 anni, Badenoch sembra impotente contro Nigel Farage, che con i suoi proclami populisti e anti-migranti oramai vola costantemente sopra il 30% nei sondaggi mentre i Tories, il Labour e gli altri partiti raggiungono a malapena il 20%. Uno scenario che, con il particolare sistema elettorale britannico uninominale secco First Past the Post, potrebbe dare a Farage e al suo partito di destra Reform Uk una clamorosa maggioranza assoluta e relegare i Tories a forza marginale (terza o addirittura quarta forza). A inizio conferenza uno dei maggiori finanziatori per la leadership di Kemi Badenoch l’anno scorso, Mark Gallagher, è passato clamorosamente con il re della Brexit, così come vari deputati ed esponenti Tory, ultimo Danny Krueger, che ha dichiarato: “Il partito conservatore è morto”.
Badenoch ha le sue colpe anche in questo: fino a poco tempo fa andava a dire ai suoi, con spocchia e sufficienza, che “chi vuole andare via dal partito, faccia pure”. Il che di certo non ha invogliato in molti a restare. Ora, però, i Tories e i suoi iscritti sono di fronte a un bivio. Anzi due. Continuare con Kemi Badenoch? E, secondo, inseguire Farage sull’onda del populismo di destra radicale e anti-migranti?
Su quest’ultimo dilemma, la risposta sembra chiara: sì, anche perché al centro non c’è molto spazio, e bisogna recuperare i milioni di elettori Tory passati con Farage dopo le fallimentari politiche sui migranti – illegali e legali – dei partiti conservatori. Badenoch ha annunciato nel suo primo discorso della conferenza, domenica, che espellerà 150mila migranti irregolari all’anno con i Tories nuovamente a Downing Street (sebbene non abbia spiegato come), mentre il Regno Unito lascerà la Convenzione Europea per i diritti umani (cosa che Farage invoca da anni), addirittura costringendo a firmare una sorta di giuramento sul tema a tutti coloro che vorranno candidarsi a Westminster per il partito.
Basterà per richiamare le pecorelle smarrite alla base? Probabilmente no, ed ecco perché il nome di Robert Jenrick è quello più chiacchierato per sostituire Badenoch: deputato di Newark, 43 anni, con posizioni molto radicali sull’immigrazione, meno prono alle gaffe di Badenoch e combattivo come Farage, l’anno scorso ha perso la leadership proprio all’ultima curva contro Kemi. Ora potrebbe tornare all’attacco, ma non subito: Jenrick attenderà le elezioni amministrative del prossimo maggio nel Regno, quando per i Tories si prospetta un’altra batosta. Quindi, per qualche altro mese continuerà a complottare dietro le quinte. Anche se, quando lo abbiamo visto ieri a un dibattito dello Spectator (uno dei pochi tutto esaurito), non ha entusiasmato la maggioranza del pubblico, anche per la sua scarsa naturalezza.
Un sondaggio di YouGov-Sky tra 650 membri del partito di ieri la dice lunga sulla schizofrenia dei Tories davanti a un bivio decisivo della propria storia. La metà degli iscritti ritiene che Kemi Badenoch non dovrebbe guidare il partito alle prossime elezioni: il 46% pensa che la leader dovrebbe restare al suo posto fino al prossimo voto nazionale, mentre il 50% ritiene che non dovrebbe farlo.
I membri del partito sono divisi anche sul fatto che riuscirà ad arrivare alle elezioni: il 49% pensa che Badenoch sarà sostituita prima, contro il 47% che crede resterà alla guida. Alla domanda su chi preferirebbero come leader, il 46% dei membri Tory ha indicato Robert Jenrick, nettamente davanti a Kemi Badenoch (39%).
Kemi Badenoch rifiuta qualsiasi tipo di accordo elettorale con Reform UK alle prossime elezioni e lo stesso Farage, ma questo scenario è decisamente possibile. E soprattutto non dispiace alla base Tory. Lo stesso sondaggio, infatti, rivela che il 64% degli iscritti sostiene un patto elettorale, il che significherebbe che Reform e i Conservatori non si presenterebbero l’uno contro l’altro nei collegi chiave, mentre il 31% è contrario. Non solo. Quasi la metà dei membri Tory – il 46% – sarebbe favorevole a una fusione completa con Reform UK. Il che sconvolgerebbe la storia e il ruolo dei Tories, per sempre, fagocitati da Nigel Farage. Chi lo avrebbe mai detto o pensato, fino a qualche anno fa?