Corriere della Sera, 7 ottobre 2025
Re Carlo, Trump, e il Nobel per la pace
Andriy Yermak, primo consigliere del presidente ucraino Zelensky, ha dichiarato che è per l’influenza di re Carlo sul presidente americano che Donald Trump ha cambiato atteggiamento sulla guerra. «Conosco la posizione di Sua Maestà, di Sir Keir Starmer e della gente che Trump ha incontrato (a Londra)… e sono stati incontri importanti», ha detto il braccio destro di Zelensky. Le parole di Carlo III al banchetto di Stato, rivolte a Trump, erano chiare: «Oggi mentre la tirannia ancora una volta minaccia l’Europa, noi e i nostri alleati ci ergiamo assieme in aiuto all’Ucraina, come deterrente verso nuove aggressioni e a garanzia della pace». E Trump giorni dopo, all’Assemblea Onu, è stato duro come mai prima, verso Putin. Mentre Trump insegue un Nobel per la Pace, il re non ha una sua candidatura ma con la moral suasion verso la Casa Bianca, fa un nuovo passo per completare il suo profilo di «peacemaker» che – come disse nel 2020 a Davos – è l’eredità che vuole lasciare. E se si mettono assieme la visita del re alle truppe ucraine nel 2023, poi la conferenza informale a palazzo nel 2024 per i leader europei sulla guerra e la porta (anche della residenza privata di Sandringham) aperta a Zelensky, si capisce il quadro in cui si muove il sovrano. Già da ragazzo, nei ’70, fece da mediatore a disordini etnici a Lewisham, periferia di Londra. All’attivismo diplomatico del re c’è un precedente: Edoardo VII erede di Vittoria desideroso di incidere sulla politica estera, che portò alla firma della Entente cordiale del 1904, l’ingresso dell’Inghilterra nel sistema europeo di alleanze. Per lo storico A.W. Purdue, Edoardo VII «usò la sua personale influenza e le sue connessioni nell’interesse di un risultato di pacificazione». Carlo III sarà a fine ottobre in Vaticano da Leone XIV che nel primo discorso invocò «la pace sia con tutti voi», e si capisce quanto il re-pacificatore in questo 2025 stia esercitando il suo Royal power al servizio della pace.