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 2025  ottobre 07 Martedì calendario

Intervista a Syusy Blady

Dove l’ha pescato questo nome da fumetto pieno zeppo di ipsilon?
«Mi è rimasto attaccato dai tempi del Dams. Nel 1977 ero alternativa e femminista. Vera, non come oggi. A Bologna andava il demenziale, c’erano gli Skiantos, tra noi ci davamo soprannomi assurdi, io mi sono trovata questo, suonava bene». Syusy Blady. Ovvero Maurizia Giusti, 73 anni, conduttrice tv, scrittrice, documentarista, impavida viaggiatrice di Turisti (e Velisti) per caso,in coppia – per 20 anni anche sentimentale – con Patrizio Roversi. Ieri a Milano ha presentato il suo libro Dracula non muore mai. Storia vera di un vampiro per caso (Mondadori).
Che c’entra la Syusy con il signore dai dentoni aguzzi?
«In realtà racconto del vero Draculea, il figlio del Drago: Vlad III principe della Valacchia, vissuto intorno alla metà del 1400. E detto l’Impalatore, per la fine che riservava ai nemici».
Che caro.
«Eh ma poverino, doveva difendere la cristianità dall’impero ottomano, molto più forte. Ci ho girato anche un documentario, in cui c’è tutto il nostro viaggio che dalla Romania porta in Italia. Perché a quanto pare Vlad è sepolto a Napoli».
Torniamo ai giorni gloriosi del circolo Arci «Cesare Pavese» di via del Pratello.
«Giorni bellissimi, c’eravamo io, Patrizio, Davide Parenti, poi arrivarono i Gemelli Ruggeri, Vito, Paolo Hendel, Bergonzoni. Mettevamo in scena il Gran Pavese Varietà, mix di alto e basso, dal poeta all’uomo della strada, la risposta alla serietà barbosa di una certa politica».
Quella del «segue dibattito».
«In sala avevamo appeso un cartello: “Qui rise Umberto Eco”. Un giorno lo portarono a vederci, si divertì».
Diede scandalo.
«Proposi il corso di spogliarello con Dodo D’Hambourg, ballerina del Crazy Horse. Si iscrissero in venti, uomini e donne, un gioco».
Al debutto in Rai si mise gli abiti della Carrà.
«Ne ho ancora uno, corto, a rigoni blu e verdi, scollato».
Moana Pozzi.
«A Matrjoska, Italia 1, era in studio tutta nuda, a parte le scarpe, i maschietti non sapevano dove guardare».
Infatti la puntata zero non andò mai in onda. Che ricordo ne ha?
«Era una creatura tranquilla, quasi ieratica. Le feci un’intervista, parlammo dell’Aldilà, Moana lo immaginava con alberi, fiori, animali. Scherzò: “Però non ho nessuna voglia di morire”».
Non ne è stata gelosa? Per Patrizio, intendo.
«Gelosa? Nooo. Era talmente fuori dagli schemi. Secondo me a Patrizio faceva pure paura, come a molti altri uomini che temono il confronto con una donna così. Si sa, vogliono essere rassicurati».

Il primo incontro con Roversi alle lezioni di clown.
«Lo trovai antipaticissimo. O meglio, un simpatico antipatico. Siamo così diversi. Lui era tutto perfettino, quello che prendeva dieci a scuola, il capoclasse. Io il contrario, ma gli opposti si attraggono».

Lui fu bocciato, lei invece era la più brava.
«Per me quel corso fu rivelatore. Il clown è il mio guru, un essere superiore che ha vinto la vergogna del fallimento. Ad essere precisi però io e Patrizio ci eravamo incrociati già prima».
Alla colonia estiva.
«Insegnavo cinema, lui teatro. Piccoli, Patrizio 19, io 20. Lo vidi che sollevava il viso da un pentolone di spaghetti».
Ci si innamora pure così.
«È stato un incontro di due contrari, due Acquari con uno spirito simile però, che ritroviamo anche adesso. Per me essere diversa è una religione. Lui è un tipo più pratico, organizzatore, io più creativa. Se abbiamo fatto il giro del mondo in barca a vela, il mio sogno, è merito di Patrizio, della costanza con cui è stato dietro a tutto. Ha attraversato due oceani vomitando».

Povero cristo.
«Io mi sono ben guardata dal fare l’intera traversata, ero in barca solo per una parte del Pacifico, però mi occupavo della parte di terra e di montare i filmati. A proposito, segnalo che tutte le 19 puntate, più alcuni inediti, si trovano su YouTube, nella nostra Per Caso Tv e su Amazon Prime».
Siete stati sposati 20 anni.
«Uhh, ma deve contarne almeno 40 di convivenza!».
Poi è finita.
«Però restiamo come parenti. Fratelli. Il suo è l’unico numero di telefono che ricordo a memoria. A un certo punto il rapporto è diventato limitante. Sono sempre io quella più inquieta. Il legame tra noi non finirà mai, siamo tuttora complici».
Lui ha raccontato di aver sofferto per la separazione.
«Certo che è stato doloroso. Ma fa parte dei sentimenti. A volte prevale il senso di libertà. La voglia di avventura per me è stata più forte. Non siamo mai stati una coppia normale. Amici, compagni, insieme nel lavoro. Un giorno ho detto io: “Sposiamoci”, per fare contenti i miei. Siamo diventati genitori, poi separati, divorziati. Quello che è stato ed è per me Patrizio non si può definire, non mi piacciono le etichette».
Adesso lui sta con Mietta, regista lirica. E anche lei ha un nuovo compagno.
«Sì, ma non posso definire nemmeno lui».

Inventò la tap model.
«Quando ero ragazzina, andavano di moda le stangone tipo Veruschka. Mascoline, esili. Però non ci soffrivo. Sono 1 metro e 55, quindi non sono piccolina, ma nella norma dell’altezza mediterranea. La Venere di Milo e di Cirene sono alte come me».
Organizzò due concorsi di bellezza per tap.
«Nel primo come giudici ho voluto i camionisti, gli unici che fischiano a tutte. Parteciparono in tante, venne ospite anche Rita Pavone».

Invitava a piacersi così come si è, molto prima che andasse di moda.
«Il mio motto era: “Meglio una tap model oggi che una top model mai”. Non è giusto imporre un’estetica standard, oggi è terribile. C’è appiattimento, quasi una distopia, fa impressione, pare diventato un mondo di idioti».
Con giudizio.
«Non bisogna esagerare. Accettarsi e amarsi, sì. Però non va bene nemmeno mostrarsi al peggio, alla brutta. Invece dobbiamo sempre aspirare al meglio di noi».
Nel 2002, a 50 anni, posò per il calendario di Max.
«Lo facevano tutti, è stata una bellissima esperienza. La scusa era che serviva per appenderlo sulla barca di Velisti per caso, per evitare che ce ne mettessero un altro».
Imbarazzata?
«Io? Le pare? Ho sempre giocato con il mio corpo. Lo so che è una frase fatta, ma erano foto artistiche. Certo, qualcosa devi far vedere, devi provocare. Mi piace giocare con corsetti e guepière».
Patrizio era d’accordo?

«Vorrei vedere che si potesse opporre, mica mi serviva il suo permesso. Protestò: “Qui ti metti così sexy e arrapante, un attimo dopo a casa sei in pigiama”. Aveva ragione, ma sono freddolosa».
Il più bel complimento ricevuto.
«Dalla nonna di Vito. “L’è tonda, ma uguale”. Ho dei fan che mi scrivono cose carine, tipo: “Sono sempre stato innamorato di te”».

Lo chiedo anche a lei: la cosa più schifosa che ha mangiato durante tutti i suoi viaggi per caso?
«In Cina ho assaggiato le cavallette caramellate, buone, croccanti. Sarà che a me basta che una cosa sia dolce. Quelle più disgustose, come la vipera, le ho lasciate a Patrizio».

Una particina con Fellini in «La voce della Luna».
«Fu bellissimo, per una patita di cinema come me, che avrò visto venti volte 8½. Venne al Sistina, seduto in platea con occhiali, cappello e sciarpa, non potevo crederci. “Syusina io ti adoro, sai? Devo fare un filmino, cerco di trovare un personaggino per te”».
Tornerà in Rai?
«È un discorso chiuso. L’ultimo programma è stato In viaggio con la zia, andò bene. Era piaciuto così tanto che non me l’hanno più fatto fare, al mio posto ci hanno messo delle smandrappate».