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 2025  ottobre 06 Lunedì calendario

Stretta sui baby influencer arriva la legge bipartisan

Stop agli account social, esistenti o nuovi che siano, per chi ha meno di 14 o 15 anni (sulla soglia si è alla limatura finale), pena sanzioni alle piattaforme da parte del Garante della Privacy. Ma anche paletti dell’Autorità garante delle comunicazioni per le star del web adolescenti fino a 18 anni, per evitare lo sfruttamento da parte dei genitori o di soggetti terzi. Dopo una lunga trattativa con la Commissione europea su alcuni dettagli relativi alla verifica dell’età, il Parlamento accelera sulla legge bipartisan, targata Fratelli d’Italia e Pd, per regolare il fenomeno dei cosiddetti “baby influencer”, con l’obiettivo di approvare definitivamente il ddl entro l’inizio del 2026.
Sono giovani, in molti casi bambini, che pubblicano video in cui sponsorizzano prodotti. Dai capi d’abbigliamento firmati alle creme o i trucchi per il viso, prendendo spesso come modello influencer di professione alla Chiara Ferragni o personaggi noti che si prestano alle sponsorizzazioni. Lo fanno tramite un loro profilo social o quello dei genitori, generando visualizzazioni e introiti. In pratica lavorano, ma a guadagnarci sono mamma e papà o chiunque pensi alla loro sussistenza. Senza regole, così, si rischia lo sfruttamento.
IL VUOTO NORMATIVO
Secondo un report di Save the Children, circa 336mila italiani tra i 7 e i 15 anni hanno avuto almeno un’esperienza di lavoro, inclusa la produzione di contenuti per i social. Il fenomeno è esploso con il boom dei grandi influencer negli ultimi dieci anni. Dopo lo scandalo cosiddetto “Pandorogate” ci sono stati interventi del legislatore, dell’Agcom e del Fisco. Da ultimo i questionari che l’Agenzia delle Entrate ha inviato agli influencer per l’anno d’imposta 2020, chiedendo informazioni dettagliate sulle collaborazioni e sui compensi, anche “in natura” o in criptovalute, per scovare redditi non dichiarati. Ma le misure non si sono ancora focalizzate sugli influencer minorenni.
Oggi per aprire un profilo social sotto i 14 anni serve l’ok dei genitori. La legge fissa poi già a 13 anni l’età minima per aprirlo, ma non ci sono strumenti e vincoli per controllare che l’età dichiarata sia vera. Da qualche anno Meta utilizza l’Intelligenza artificiale per stimare l’età degli utenti, ma il sistema va rodato e deve rispettare le norme sulla privacy. La richiesta del documento d’identità, anche su TikTok, avviene solo in casi specifici. Anche per questo il Movimento italiano genitori (Moige), con un team di avvocati, ha avviato la prima causa collettiva contro Meta e TikTok. L’obiettivo è vietare l’accesso ai social ai minori di 14 anni e tutelare i minorenni «da contenuti generati con algoritmi che creano disagio e dipendenza e dallo sfruttamento». Il ddl, a prima firma della senatrice di FdI Lavinia Mennuni, ma sostenuto anche dal Pd, nella sua recente riformulazione prevede che non si possa avere un account social se non si hanno almeno 15 anni. E alza da quattordici a sedici anni la soglia per fornire da soli il consenso al trattamento dei dati personali.
Alcuni emendamenti di maggioranza, però, puntano a uniformare tutto a 14 anni. Per il riconoscimento dell’età da parte dei social si dovrebbe utilizzare il sistema del “mini-portafoglio” digitale europeo. Sarà reso disponibile dalla Commissione Ue entro il 30 giugno 2026, ma in Italia partirà prima in sperimentazione. Si potrebbe usare un’app o il portafoglio digitale nazionale, senza profilazione dei dati. Alcuni emendamenti al ddl, però, propongono di obbligare i social a chiedere carta d’identità e codice fiscale. Attorno al funzionamento di questi sistemi ruoterà l’efficacia o meno della legge, con le norme che scatteranno sei mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Le linee guida Agcom, poi, da approvare entro 180 giorni dall’ok al provvedimento, prevederanno la trasparenza sulle sponsorizzazioni e misure anti-sfruttamento sottotraccia dei minori, magari facendo passare la pubblicità per hobby. Il ddl, infine, rende più capillari le campagne pubblicitarie sul controllo parentale degli smartphone e sui rischi del web.