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 2025  ottobre 06 Lunedì calendario

Crociata Ue contro il tabacco. 100mila posti di lavoro in fumo

Bruxelles ci ricasca. Dopo aver messo nel mirino l’auto, gli allevamenti e interi comparti dell’agricoltura europea in nome della transizione verde, ora la Commissione guidata da Ursula von der Leyen prepara l’ennesimo autogol: far aderire l’Unione europea alla Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per il controllo del tabacco (FCTC) e sostenere, alla prossima Conference of the Parties (COP11) del 17 novembre a Ginevra, misure che rischiano di distruggere una delle poche filiere ancora solide e interamente legali del nostro Paese.
Giovedì 9 ottobre, i ministri della Sanità dei Ventisette discuteranno a Bruxelles la bozza di posizione comune redatta dai servizi della Commissione. Un documento che abbiamo potuto rapidamente consultare e che rivela una linea radicale e ideologica. Vi si leggono, infatti, ipotesi di misure surreali tra cui limiti alle quote di produzione e vendita incluso l’export anche dei prodotti innovativi italiani, l’introduzione di schemi e regimi sanzionatori ad hoc a danno della filiera, il divieto di utilizzo del filtro (che corrisponderebbe a un divieto totale per i prodotti ora sul mercato), la fissazione di un tetto massimo del prezzo dei prodotti e la contestuale fissazione di quote per gli operatori regolate e prestabilite, il divieto totale dell’attività per gli attori di tutta la filiera attraverso la creazione di un sistema di vendita pianificato e statale, la restrizione alle vendite basata sulla data di nascita (già sperimentata con esiti fallimentari in Nuova Zelanda), per finire alla drastica riduzione del numero dei rivenditori legali sulla base di criteri di selezione non chiari.
Dietro il linguaggio burocratico che parla di “tossicità ambientale” e “riduzione della gradevolezza”, il testo disegna in realtà uno scenario di smantellamento dell’intera filiera del tabacco e dei prodotti a base di nicotina. L’Unione ringrazia l’Oms per il suo impegno, ma di fatto si prepara a recepirne integralmente le raccomandazioni più estreme: vietare i filtri, bandire i prodotti contenenti plastica monouso e limitare drasticamente la produzione e distribuzione di sigarette e dispositivi elettronici.
Non è la salute pubblica a guidare questa scelta, ma una visione ideologica e punitiva che ignora la realtà economica, agricola e industriale europea. La Federazione Italiana Tabaccai (Fit) parla chiaro nel suo comunicato. “Dietro la narrativa ufficiale sulla salute si cela un piano radicale e ideologico: distruggere un’intera filiera Made in Italy e privare gli Stati membri dei loro diritti”, si legge. Il rischio è concreto. Il settore tabacchi in Italia vale circa 23 miliardi di euro di fatturato legale e garantisce allo Stato 15,2 miliardi di gettito fiscale ogni anno. Solo nella produzione agricola sono coinvolti 40mila tabacchicoltori; i rivenditori autorizzati sono 54mila; e altri 10mila lavoratori operano nella filiera dei prodotti di nuova generazione. In totale, oltre 100mila posti di lavoro che Bruxelles sembra considerare sacrificabili sull’altare del moralismo sanitario. Eppure, come ricorda la Fit, le tabaccherie sono “un presidio di legalità sul territorio”, controllano l’età dei consumatori e garantiscono la riscossione delle imposte. Tagliare i punti vendita o limitarne il numero significa regalare mercato e margini alla criminalità organizzata, che già lucra su un commercio illecito stimato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in oltre 1,2 miliardi di euro l’anno.

La misura simbolo di questa nuova crociata è il divieto dei filtri. Il bando servirebbe a ridurre l’appeal del prodotto e l’inquinamento da microplastiche. Una spiegazione che sfiora l’assurdo: i filtri non rendono il fumo innocuo, ma ne riducono la concentrazione di sostanze nocive. Cancellarli non salverà l’ambiente, né la salute, ma spingerà milioni di consumatori verso il mercato nero o verso prodotti non controllati. Il paradosso è che l’Ue ha già regolato la materia con la direttiva sulla plastica monouso, introducendo obblighi di raccolta e responsabilità estesa del produttore. Basterebbe applicare le norme esistenti, non inventare nuovi divieti. La Commissione, scrive la Fit, vuole usare la COP11 per trasformare impegni globali in vincoli interni vincolanti, anticipando la revisione della Direttiva accise e della Direttiva tabacchi, senza passare dal Parlamento europeo. Una scorciatoia istituzionale che rappresenta, afferma testualmente la Fit, “un abuso di potere che erode la sovranità e la legittimità democratica”.
Insomma, Bruxelles non solo mette in pericolo un settore strategico per l’Italia, ma aggira i processi democratici europei, scegliendo di farsi dettare l’agenda da un organismo internazionale, l’OMS, su questioni che incidono direttamente sull’economia e sull’occupazione degli Stati membri. Come ha scritto sabato scorso Osvaldo De Paolini, vicedirettore del Giornale e direttore di Moneta, “chi lavora secondo le regole viene punito, chi lavora senza regole viene premiato”.
Nel suo editoriale di questa settimana, si denunciava, infatti, l’effetto boomerang delle politiche agricole europee. Nel caso del tabacco la logica è la stessa: l’Europa non difende più la propria economia, la destruttura, desertificando interi settori produttivi.