Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 06 Lunedì calendario

«Ebony and ivory»: senza elefanti di foresta sparisce anche l’ebano

Ebano e avorio sono profondamente legati, come ricorda la canzone «Ebony and ivory» di Paul McCartney e Stevie Wonder (1982). Con la scomparsa degli elefanti di foresta che vivono in Africa, in particolare nel bacino del Congo e in Gabon, anche gli alberi noti principalmente per il legno nero, utilizzato per mobili, oggetti di lusso e strumenti musicali, rischiano di sparire. Come ricorda un articolo pubblicato su The Conversation, il bracconaggio dell’avorio ha fatto crollare la popolazione di elefanti di foresta dell’86% negli ultimi tre decenni. Con un effetto a catena sulla foresta pluviale: questi pachidermi, infatti, disperdono più specie vegetali di qualsiasi altro animale ad esclusione degli uccelli migratori, rimodellando la flora. 
DISPERSIONE DEI SEMI: IL RECORD È DEGLI ELEFANTI
A dimostrare questa capacità di trasporto da record era stato nel 2017 uno studio pubblicato sulla rivista Biotropica dall’ecologa Katherine Bunney dell’università sudafricana di Pretoria: la ricercatrice aveva stimato le distanze percorse dai giganti della savana analizzando i dati raccolti per otto anni su 38 elefanti muniti di radiocollare all’interno del Greater Kruger National Park. Dall’incrocio dei dati, era emerso che ciascun elefante semina la metà dei semi ingeriti ad una distanza di 2,5 chilometri, mentre l’1% dei semi può essere trasportato a oltre 20 chilometri di distanza. In casi estremi, i semi possono essere trasportati anche a 65 chilometri, ad esempio quando l’elefante maschio si sposta in cerca di una partner. Meglio possono fare solo gli uccelli migratori, che disperdono i semi anche a 300 chilometri di distanza. Gli elefanti della foresta si fermano a 6 chilometri, i cercopitechi verdi arrivano a 850 metri, mentre le formiche fanno massimo un metro.

LO STUDIO E IL RUOLO DEGLI ELEFANTI
Un team di ricerca guidato da Vincent Deblauwe ha registrato, attraverso diverse telecamere nascoste, quali animali si nutrissero di frutti di ebano e le modalità attraverso le quali i semi della pianta, una volta ingeriti e poi espulsi nello sterco, si trasformassero – poi – in nuove piantine. Come emerge dallo studio, gli elefanti favoriscono la riproduzione dell’ebano in almeno due modi: da un lato, spostano i semi di ebano piuttosto lontano dall’albero madre. Questo riduce il rischio che gli alberi crescano vicini e consanguinei (fenomeno che porta a indebolire la genetica e riduce le possibilità di resilienza e adattabilità ai futuri cambiamenti ambientali). Dall’altro, gli elefanti consumano frutti di ebano interi, la cui polpa viene digerita attorno ai semi che vengono espulsi intatti. «Abbiamo scoperto che la digestione non aiutava la germinazione dei semi di ebano. Tuttavia, l’essere racchiusi nello sterco li proteggeva dai roditori che li mangiavano e li uccidevano. Questo aumentava notevolmente le possibilità di sopravvivenza e germinazione dei semi», spiega il team. I ricercatori hanno anche dimostrato che nelle aree in cui gli elefanti sono scomparsi ci sono circa il 70% in meno di piccoli (giovani) alberi di ebano. «Non è certo che gli alberi di ebano del bacino del Congo saranno in grado di sopravvivere naturalmente senza l’aiuto degli elefanti», concludono gli studiosi, ricordando l’importanza di un albero iconico e di grande valore economico.
LE AZIONI CONTRO BRACCONAGGIO E DISBOSCAMENTO
Non è solo il futuro dell’ebano, però, a essere in gioco. Anche altri alberi  potrebbero fare affidamento sugli elefanti per trasportare i loro semi. Il declino di questi animali, insomma, potrebbe rimodellare silenziosamente le foreste in modi che gli scienziati stanno solo iniziando a scoprire. Le interazioni tra piante e animali non vanno considerate un lusso aggiuntivo nei piani di conservazione, ma sono fondamentali per il mantenimento della funzionalità delle foreste. L’azione di conservazione più urgente resta certo quella di fermare l’uccisione degli elefanti, cacciati per l’avorio. Ma è altrettanto importante ridurre anche il disboscamento illegale delle foreste di ebano. Entrambi questi obiettivi possono essere raggiunti attraverso una maggiore sensibilizzazione della popolazione locale sull’importanza ecologica ed economica degli elefanti e dell’ebano, e una migliore applicazione delle normative vigenti in materia di bracconaggio e disboscamento, andando a monitorare anche le specie arboree più fragili.
UN FOCUS SULLA SPECIE
In natura esistono due specie di elefante africano: il più famoso è quello di savana (Loxodonta africana), il meno conosciuto è proprio quello di foresta (Loxodonta cyclotis). Entrambe sono a rischio, ma con classificazioni diverse secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura: l’elefante di savana è classificato come «in pericolo», quello di foresta come «in pericolo critico», a causa del bracconaggio e della perdita e frammentazione del loro habitat naturale. Nonostante dal 1989 la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES) abbia regolato il commercio d’avorio, e dal 2018 la Cina, primo mercato al mondo per richiesta, ne abbia vietato commercio e detenzione, si stima che ogni anno
vengano ancora uccisi circa 20mila elefanti.