la Repubblica, 5 ottobre 2025
Giuseppe Cederna: “Dopo 33 anni ho ritrovato la mia Vassilissa e la magia di Mediterraneo”
Quando si incontrano per la prima volta lui ha 33 anni, lei 24. È il 1990, sul set greco allestito da Gabriele Salvatores, l’isola abbagliante di Kastellorizo, Giuseppe Cederna è l’attendente Antonio Farina, Vana Barba è Vassilissa, generosa “puta” per tutti. L’avventura è quella di Mediterraneo: un manipolo di soldati partiti in ricognizione e dimenticati dall’Italia fascista e dalla guerra, nel 1941. Commedia agrodolce destinata a restare, trasforma i due giovani attori in eroi generazionali, il mare di Omero sullo sfondo e in premio l’eterna giovinezza. Verranno un Oscar, le folli luci della ribalta, e le scelte che ti portano altrove. Giuseppe e Vana si perdono di vista, fino a ieri. Quando, per la prima volta ad Atene, si ritrovano sulla terrazza di un ristorante all’ombra dell’Acropoli, poi sul palco dell’Istituto italiano di cultura per lo spettacolo sull’Odissea che l’attore porta nei teatri con la regia di Sergio Maifredi. Antonio e Vassilissa di nuovo insieme. Un viaggio nel tempo che Cederna racconta in questa intervista, emozionato. «Vana è rimasta una donna bellissima, non la pin-up di allora, ma una leonessa il cui sorriso e la voce rimangono inconfondibili. Rivederla mi ha commosso, eravamo entrambi commossi».
Cosa vi siete detti?
«Abbiamo ripreso da dove ci eravamo lasciati, lei mi ha spiegato che dopo Mediterraneo è stata travolta dal successo in Grecia, tutti la volevano, era una diva della tv, partecipava a feste infinite, una vita frenetica che a un certo punto le è sembrata insensata. Ha deciso di avere una figlia e crescerla da sola. Ora si occupa di business e ogni tanto recita a teatro, è soddisfatta».
Avete parlato di Mediterraneo?
«Ma certo, Mediterraneo è ancora una sorta di miracolo per entrambi. A me poi ha regalato la Grecia alla quale, in un modo o nell’altro, torno sempre».
Si riferisce alla taverna sull’isola di Karpathos?
«Esatto, lì d’estate vado ad aiutare una famiglia di amici che la gestisce, un po’ come accade nel film, e lì ho la percezione di quanto Mediterraneo sia vivo, la gente mi ferma per strada, vuole una foto con me e io mi sento Robert De Niro… ma ho lavorato anche nei campi con i contadini di Olympos e ora l’incontro con Vana, la mia Vassilissa dei trent’anni».
Mediterraneo è anche un film sullo scorrere del tempo.
«Sul tempo che passa ma è clemente, ti dice che puoi invecchiare senza paura, basta avere la capacità di fare le proprie scelte e ne puoi uscire persino con orgoglio, non solo vinto dagli anni. A un certo punto Vana mi ha detto: sei molto meglio ora di come eri una volta. E poi sul palco, la sera, ha aggiunto: “Allora ho sposato un ragazzo gentile, oggi ritrovo un uomo che ha un fuoco e una passione nel raccontare storie di cui la Grecia ha bisogno. È come se fosse un gigante alto due metri”. Ma che dici? ho risposto un po’ imbarazzato: non ho più i capelli e quanto all’altezza...».
A Kastellorizo con voi c’erano Bisio, Abatantuono, Catania, Gigio Alberti solo per citarne alcuni. Le ha chiesto di loro?
«Mi ha chiesto come stanno Claudio Bigagli e Diego Abatantuono. Le ho raccontato di Diego, di come sia rimasto un bravo ragazzo, uno che non tradisce l’amicizia, che ci crede ancora. La sua apparenza ingombrante nasconde una rara generosità».
Nel film lei è un soldato ingenuo e sensibile, Vana la prorompente prostituta dell’isola. Entrambi in cerca di riscatto. Il clou del vostro rapporto, che sfocerà nel matrimonio, è una scena molto intima nella camera di lei, come la ricorda?
«È quella in cui facciamo l’amore per la prima volta, eravamo sul letto. Trattandosi dell’unica scena erotica con Vana Barba ero anche l’unico degli attori a poter sfiorare il suo corpo, a poterla baciare e, ovviamente, tutta la troupe mi invidiava. Ma in quel momento io ero così maledettamente triste, riuscivo solo a pensare al mio personaggio, al piccolo Antonio Farina che, a breve, sarebbe dovuto tornare in Italia, e quindi per me quel corpo meraviglioso non aveva nulla di erotico o passionale e tutti mi prendevano in giro. Stavo lì tra le lenzuola tutto addolorato e ricordo l’urlo del tecnico delle luci: ma che c’hai sta faccia da morto!? A posteriori mi sono anche detto: potevi divertirti di più».
Allora Vana Barba era sconosciuta in Italia, perché venne scelta per Mediterraneo?
«A dire il vero non lo so. Bisognerebbe chiederlo a Gabriele. Ricordo invece il nostro terrore che a interpretare la parte fosse chiamata una modella belloccia ma un po’ inutile, invece è arrivata lei, stupenda sì, già popolare nel suo paese, soprattutto di carattere. E oggi ne ho avuto la conferma».
Torniamo al vostro incontro.
«Mentre parlavamo al ristorante i camerieri venivano a omaggiarla, le si avvicinavano per dirle: “Vana ti vogliamo bene”. Ho provato un piacere immenso: quanti film facciamo e nessuno ti dice che ti vuole bene. Lei è davvero ancora molto amata in Grecia e questo è un altro regalo di Mediterraneo e del tempo che non passa invano».
Lavorerete di nuovo insieme?
«E chi lo sa. Secondo Vana la Grecia è il mio karma, dovremmo tornare sull’isola di Kastellorizo e dedicare una piazza a Mediterraneo e chissà che non capiti, anche se tutta l’isola è già un monumento al film».
Dica la verità, rivedendo la sua Vassilissa temeva la delusione…
«Temevo un incontro finto, costruito a tavolino invece è come se fossi stato sbalzato indietro di trent’anni. A un certo punto, al ristorante, le ho consegnato il testo di Itaca, poesia di Kavafis che la sera ha declamato in greco sul palco. Ha iniziato a leggerla e poi in un soffio: “My voice is perfect for Kavafis”. E ho sentito la pelle d’oca perché quella voce un po’ roca, profonda, è la stessa che ricordavo e se avessi chiuso gli occhi saremmo stati ancora lì, sul set, giovani e bellissimi».