Corriere della Sera, 5 ottobre 2025
Gli eredi Savoia chiedono la restituzione del tesoro della Corona: «Quei gioielli sono nostri, non dello Stato. Lo scriveva Einaudi»
Maria Gabriella, Maria Pia, Maria Beatrice ed Emanuele Filiberto impugnano la sentenza con cui il tribunale di Roma ha stabilito che il cosiddetto tesoro della Corona d’Italia appartiene allo Stato. Il valore stimato dei gioielli è di circa 300 milioni di euro
I Savoia non ci stanno: «Quei gioielli sono nostri, la Banca d’Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze devono restituirli». Firmato Maria Gabriella, Maria Pia, Maria Beatrice ed Emanuele Filiberto, figlie e nipote dell’ultimo re d’Italia. I quali hanno pensato di impugnare la sentenza con la quale nel maggio scorso il tribunale di Roma aveva stabilito che no, quei preziosi sono di proprietà dello Stato.
Parliamo del cosiddetto tesoro della Corona d’Italia: oltre seimila brillanti, duemila perle, un raro diamante rosa montato su una spilla, diademi, spille, collier... Il tutto custodito dal 1946 in un cofanetto nel caveau dell’Istituto centrale. Esattamente dal 5 giugno, giorno in cui fu chiaro l’esito del referendum che decretò la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica. Quella mattina un distinto signore bussò alla porta di Palazzo Kock: «Sono l’avvocato Falcone Lucifero, reggente il Ministero della Real Casa, vengo per conto di Sua Maestà il Re Umberto II...». Lucifero era lì per portare il tesoretto, si legge nel contratto di deposito: «Sono le gioie di dotazione della Corona del Regno d’Italia per essere tenuti a disposizione di chi di diritto».
A distanza di quasi 80 anni, su quei beni stimati circa 300 milioni di euro, i Savoia abbiano ingaggiato una battaglia invocandone la proprietà. «Nessuna restituzione, i gioielli non sono mai appartenuti a Re Umberto II, sono dello Stato fin dal tempo dello Statuto Albertino e tali sono rimasti nel passaggio alla Costituzione Repubblicana – ha spiegato il giudice Mario Tanferna motivando la sentenza – Ad abundantiam per la Costituzione “i beni degli ex re di casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati dallo Stato”».
Tenaci, i Savoia replicano con l’avvocato Sergio Orlandi: «Per “gioie di dotazione della Corona del Regno d’Italia” si intendeva che erano stati acquisiti dai membri di casa Savoia. Non sono mai stati confiscati, semplicemente depositati. Beni personali per cui una volta cessata l’esistenza della Corona del Regno dovevano tornare agli eredi del Re». Chiedono ai giudici d’appello «di non applicare la XIII disposizione della Costituzione perché in contrasto con la norma europea», indicano come testimoni i nipoti dell’ex Re fra cui lo stesso Emanuele Filiberto, e vorrebbero la riapertura del prezioso cofanetto per sincerarsi del contenuto. A sostegno della loro verità portano inoltre un nome di peso: Luigi Einaudi. Allora governatore della Banca d’Italia (poi Presidente della Repubblica), aveva affrontato la questione nei suoi diari: «Potrebbe ritenersi che le gioie spettano non al demanio dello Stato, ma alla famiglia Reale».
Ma per Tanferna il prestigio di Einaudi non è garanzia di verità: «Non può essere attribuito un valore decisivo ai diari». I Savoia rilanciano: «Einaudi testimonia che la formula “a chi di diritto” salva le eventuali ragioni del Re». Sulla vicenda è scesa in campo anche Olina Capolino, capa degli avvocati della Banca d’Italia fino al 2023: «I diari danno conto di convinzioni personali dell’autore fondate su sentimenti di stima personale dei confronti del “re di maggio”, nonché su non celate simpatie monarchiche».
Rimangono delle perplessità: perché queste pretese da parte dei Savoia dopo 80 anni? E perché lo Stato italiano non ha mai chiesto alla Banca d’Italia la restituzione dei gioielli? «Che senso ha tenerli in un caveau quando potrebbero essere messi a disposizione del pubblico?», pungola l’avvocata dandosi pure una risposta: «Per inefficienza burocratica e per prudenza di tutti i soggetti pubblici coinvolti. Non saranno i Crown Jewels della Torre di Londra ma fanno sempre parte della nostra storia».