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 2025  ottobre 02 Giovedì calendario

Usa, sul costo del denaro la strategia è incerta Powell prova a resistere

In un periodo di massima instabilità, sia politica sia economica, ci sono due immagini identiche e opposte della Federal Reserve dei prossimi mesi. Da una parte c’è una Fed più politica che decide di continuare con il piano di tagli sul quale da mesi sia l’amministrazione Trump sia Wall Street fanno pressioni. Dall’altra, invece, c’è una Banca centrale più attenta agli andamenti dell’economia, dell’inflazione e del mercato del lavoro, come ha fatto capire Jerome Powell nell’ultima settimana.
L’APPROCCIO
Il presidente della Fed infatti sta continuando a mantenere un approccio moderato, evitando di fare promesse sui futuri tagli dei tassi che poi non riuscirà a mantenere. In questo momento, dopo la diminuzione del costo del denaro dello 0,25% avvenuta il 17 settembre, i tassi sono compresi nell’intervallo tra il 4% e il 4,25%: si tratta del primo taglio dopo uno stop di nove mesi (l’ultimo era stato nel dicembre 2024), ma soprattutto di una decisione che arriva in seguito a una battaglia molto lunga con la Casa Bianca, come dicevamo. Trump ha infatti più volte chiesto a Powell – che ha lui stesso nominato e più volte minacciato di licenziamento – di iniziare a diminuire i tassi, vantando senza dati certi un’economia forte e un’inflazione in costante ribasso.
Powell ha definito la decisione del 17 settembre «un taglio per gestire il rischio», facendo capire che la scelta è un’assicurazione sul futuro nel caso in cui l’economia rallenti in modo consistente. E adesso cosa succederà? Nel 2025 la Fed ha davanti altre due riunioni del Federal Open Market Committee (Fomc), il braccio che si occupa di politiche economiche della Banca centrale americana. Saranno a ottobre e poi a dicembre: per ora le possibilità di nuovi aggiustamenti verso il basso sono abbastanza aperte, visto l’instabilità della situazione. I dati sull’inflazione sembrano stabili, nonostante continui a essere distante dal target del 2%, per ora ferma al 2,9%. Allo stesso tempo, nonostante ci siano stati segnali di un indebolimento del mercato del lavoro, non è detto che continuino nei prossimi mesi tanto da giustificare nuovi tagli.
LA PROIEZIONE
C’è poi la questione politica: alla fine di maggio 2026 scadrà il mandato di Powell alla guida della Fed, così l’attuale presidente potrà solo rimanere come membro del board. A questo punto si potrebbe aprire una guerra interna tra i governatori che vogliono conservare l’indipendenza dell’istituto e quelli invece più allineati con le politiche di Trump. Tra questi c’è Stephen Miran, ex consigliere economico di Donald Trump, ora governatore della Fed, che nel corso della riunione di settembre del Fomc ha insistito per un taglio di mezzo punto. Un approccio troppo aggressivo, con tagli persistenti al costo del denaro, potrebbe riaccendere l’inflazione, facendo aumentare i prezzi del cibo ma anche delle case. La Fed infatti aveva iniziato il nuovo piano di rialzo dei tassi a partire dal 2022 (quando si trovavano vicini allo zero) nel tentativo di fermare l’inflazione causata dalla pandemia e dalle crisi globali. Nel luglio del 2022 infatti il costo della vita negli Stati Uniti aveva superato il 9%, mentre l’economia continuava ad avere ottimi risultati. Ma come dicevamo all’interno della Banca centrale ci sono posizioni molto diverse, legate sia alle questioni politiche che all’incertezza della situazione economica, soprattutto a causa dei dazi, più volte segnalati da Powell come principale fonte di possibili turbolenze. Così ci sono buone probabilità che il 2026 si chiuderà con un solo taglio: questo nonostante due dei dodici membri con diritto di voto prevedano quattro ribassi, mentre altri tre pensano che ce ne saranno tre. Resta infine la questione dei dati e della loro rilevazione. All’interno della Fed ci sono crescenti timori per i metodi con i quali l’amministrazione Trump sta usando i dati come arma politica e facendo rilevazioni spesso non accurate, cambiando i dati pubblicati in passato e incolpando Biden e gli economisti del governo di errori. Ad agosto Trump aveva licenziato Erika McEntarfer, il capo del dipartimento che si occupa dei dati, questo dopo che aveva pubblicato dati sul mercato del lavoro rivisti al ribasso rispetto alle proiezioni di inizio mese.