La Stampa, 2 ottobre 2025
La nuova Mediobanca
«Un pacificatore. Che non ama le luci della ribalta». «Un manager che unisce e non divide». «Un banchiere che fa crescere i suoi collaboratori». Chi conosce bene Alessandro Melzi d’Eril definisce così l’amministratore delegato in pectore di Mediobanca aggiungendo, tra i suoi pregi, quello della trasversalità: «Non è un banchiere d’affari, ma è capace di unire tutte le competenze». Nel mondo dell’investment banking c’è chi guarda con diffidenza alla sua scelta per guidare Piazzetta Cuccia dopo Alberto Nagel, il suo nome però indica con chiarezza la strada che prenderà la banca fondata da Enrico Cuccia sotto la guida del Monte dei Paschi di Siena.
Di certo, il ticket rappresentato da Melzi d’Eril con l’ex ministro Vittorio Grilli alla presidenza è la risposta più milanese possibile ai timori di una “romanizzazione” di Mediobanca. A dimostrazione che a Siena non c’è l’intenzione di stravolgere la banca, le attività però saranno razionalizzate. E a tendere, messo a terra il piano industriale che la Bce aspetta per l’inizio dell’anno prossimo, Piazzetta Cuccia diventerà una sorta di divisione di Mps, sul modello di Imi e Intesa Sanpaolo. D’altra parte Imi è stata a lungo indipendente rispetto a Cà de Sass e non ha mai perso il proprio marchio. Anche su questo a Siena non ci sono dubbio: il brand Mediobanca continuerà a esistere e a identificare la banca d’affari. Contestualmente, però, le attività delle due banche dovrebbero essere gradualmente integrate per dare vita ai 700 milioni di sinergie stimate dall’amministratore delegato di Siena Luigi Lovaglio.
Per il momento il delisting e la fusione delle due realtà non sono all’ordine del giorno: se ne parlerà tra qualche settimana. Secondo fonti vicine al dossier, però, l’ossatura del piano è già definita. Sotto Mediobanca resteranno tutte le attività dell’investment banking con l’obiettivo di valorizzare le competenze sviluppate nel gruppo, al suo interno dovrebbero confluire anche i servizi di Mps Capital Service. Le sinergie più forti, tuttavia, potrebbero arrivare dal wealth management con l’integrazione di Mediobanca Premier e Widiba sfruttando la capacità delle due piattaforme di penetrare sul mercato. In questo contesto sarà mantenuta la distinzione tra la clientela tradizionale e quella “affluent” che farà riferimento a Mediobanca Private e Mps Private: anche in questo casi i marchi dovrebbero venire salvaguardati. Con Compass, la società di credito al consumo, verrà rafforzata la partnership. Ancora da definire il destino della quota in Generali: potrebbe essere trasferita interamente al Monte, ma dipenderà anche dagli aspetti contabili e regolatori.
Melzi d’Eril avrà il compito di traghettare Mediobanca verso la sua nuova dimensione. Una missione durante la quale gli saranno utili gli insegnamenti appresi da Claudio Sposito ai tempi di Clessidra dove è stato Investment director. In Anima, invece, ha imparato a unire le squadre che venivano da realtà a culture diverse, come successo con le acquisioni di Castello e Kairos.
Oggi, intanto, è in programma il cda di Mps per varare la lista dei candidati che andranno a comporre il prossimo board di Mediobanca. Oltre a Grilli e Melzi d’Eril dovrebbe essere confermato Sandro Panizza, l’unico dei consiglieri di Piazzetta Cuccia a non essersi dimesso.
Nel frattempo, alla luce del successo dell’Opas di Mps, Moody’s ha abbassato rating di Mediobanca al livello di quello della controllante (Ba1) che è stato invece confermato tenendo conto dei vantaggi di scala derivanti dalla creazione del terzo gruppo bancario italiano. A Piazzetta Cuccia la mossa non è piaciuta: secondo l’istituto milanese la sua l’affidabilità creditizia è migliore di quella assegnata da Moody’s.
Sempre ieri, intanto, i ribassisti che erano arrivati a scommettere oltre un miliardo di euro contro il Monte hanno chiuso tutte le proprie posizioni corte su Siena.
Contestualmente, Generali ha chiuso l’acquisizione del 77% di Mgg Investment, operazione annunciata a gennaio attraverso la controllata Conning. Per la società statunitense, attiva credito privato diretto con oltre 6,5 miliardi di dollari di attività gestite ha pagato 320 milioni con un ulteriore impegno monetario legato al raggiungimento di determinati traguardi operativi.