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 2025  ottobre 02 Giovedì calendario

Il film sull’amore Montand-Signoret. Il nipote attacca: «Traditi i nonni»

Il film che racconta gli ultimi anni della storia d’amore tumultuosa tra Yves Montand e Simone Signoret è uscito ieri nei cinema francesi, accompagnato da una grande attenzione e dall’accuse di essere un «manifesto #MeToo», troppo severo con Montand.
«Moi qui t’aimais», io che ti amavo, come canta Montand nella canzone Les Feuilles mortes scritta da Jacques Prevert, è il ritratto di due star immense e anche di una coppia logorata dal tempo, più che dagli ardori degli inizi.
In una scena Simone Signoret sospira «è un dono della vita amare così tanto», sdraiata sull’erba accanto a Nadine Trintignant, che le chiede se Montand continui a «saltare addosso a tutto quello che si muove». «Certo – risponde Signoret —, ma in realtà credo che mi piaccia avere un uomo conteso dalle donne». Signoret sembra pronta a subire qualsiasi sopruso e mancanza di rispetto dall’uomo che ama, compresa la relazione con Marilyn Monroe, e questo non è piaciuto al nipote, l’animatore televisivo Benjamin Castaldi. «Avrei voluto essere commosso, sono stato tradito – ha scritto Castaldi su Paris Match —. Non parlo qui come un erede geloso. Parlo come testimone. Questo film non comprende nulla di ciò che furono i miei nonni. Li strumentalizza, li giudica attraverso lo sguardo di un’epoca che ha bisogno di colpevoli e di vittime. Li semplifica. E questo non posso accettarlo».
Il film della regista Diane Kurys, che ha già realizzato un biopic sulla scrittrice Françoise Sagan, altro mostro sacro della cultura francese, ripercorre in particolare gli ultimi dodici anni di vita di una coppia durata tre decenni, con Marina Foïs nei panni di Simone Signoret e Roshdy Zem in quelli di Yves Montand.
Diane Kurys sostiene di aver incontrato Benjamin Castaldi in diverse occasioni, per evocare con lui la possibilità di adattare l’autobiografia di Simone Signoret, La nostalgie n’est plus ce qu’elle était, pubblicata nel 1976. «Penso che Castaldi si immaginasse produttore del mio film, eventualità mai presa in considerazione», dice la regista, che respinge le accuse di essersi piegata alle ingiunzioni del movimento #MeToo, e suggerisce piuttosto una forma di gelosia di Castaldi.
Il paradosso tra la figura pubblica di Signoret e la sua cieca devozione privata al marito è uno dei motivi di interesse del film. L’attrice sosteneva la parità dei diritti uomo donna, fu tra le coraggiose firmatarie del celebre manifesto delle «343 sgualdrine» in favore dell’interruzione di gravidanza. E allo stesso tempo è dipinta nel film come una donna sottomessa a Montand, pronta a subire qualsiasi affronto pur di restare con lui.
«Simone diceva che non era una vittima, che sapeva tutto e lo accettava – ha detto la regista Kurys al Figaro —. Non farò una lezione di morale a proposito dell’infedeltà. Quello che mi sconvolge è il coraggio pubblico di Signoret e la sua quasi codardia intima, la sua capacità di sopportare tutto quello che Montand le ha inflitto, compresa l’umiliazione pubblica della storia con Marilyn Monroe».