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 2025  ottobre 01 Mercoledì calendario

Un piano nel buio

Se – e sottolineo se – il governo di Israele e il vertice di Hamas, cioè le due organizzazioni terroristiche che tengono Gaza sotto sequestro, accetteranno e applicheranno alla lettera il piano Trump, per i gazawi sarà la prima buona notizia dopo due anni. Non solo perché smetteranno di morire – di fame, di incuria e di bombe – ma anche perché entrambi i guardiani del loro inferno ritireranno le grinfie dal loro futuro. Il che non vuol dire che nascerà lo Stato palestinese, ma almeno si potrà ricominciare a parlarne e riavviare faticosamente il percorso interrotto nel 2009 dall’ascesa di Netanyahu. Che, se l’intesa reggerà, sarà il vero sconfitto. Predicava la deportazione dei palestinesi dalla Striscia e l’annessione di Gaza e Cisgiordania: non avrà né l’una né l’altra. Ha iniziato sei guerre bombardando Libano, Siria, Iran, Iraq, Yemen e Qatar senza chiuderne una. Appoggiava Hamas per cancellare la già debolissima Anp, che invece ora torna in gioco nel piano Trump. Aveva promesso di sbaragliare Hamas, che ora tratta il futuro dei suoi leader (l’esilio dorato in qualche Paese arabo) e miliziani (l’amnistia, in attesa di tornare sotto una nuova sigla meno compromessa). L’unico successo di Bibi potrebbe essere il più ignominioso, la grazia dal presidente Herzog per il suo processo per corruzione, che dimostrerebbe platealmente il suo vero movente: la guerra infinita come unica alternativa alla galera.
Infatti le stesse clausole che sembra avergli strappato Trump erano già sul tavolo un anno fa, come han raccontato l’ex capo di stato maggiore Herzi Halevi e il negoziatore Gershon Baskin: già nel 2024, prima della sanguinosa offensiva su Rafah e della reinvasione della Striscia, Hamas era pronto a rilasciare tutti gli ostaggi e a farsi da parte in cambio del ritiro dell’Idf. Ma Netanyahu rifiutò ciò che ora è costretto a digerire per ordine dell’unico alleato rimasto, peraltro sempre più spazientito. Intanto sono morte altre migliaia di palestinesi e diversi ostaggi israeliani. Certo, un piano che vede Trump e il criminale di guerra Blair al vertice di un protettorato con i satrapi del Golfo (i soli però dotati dei capitali per la ricostruzione) puzza di colonialismo lontano un miglio. Ma lo sterminio di Gaza e le prospettive di annessione e deportazione fanno di qualsiasi alternativa il meno peggio. Tantopiù che la cosiddetta Ue, sotto i cui occhi e le cui finestre s’è consumata la mattanza, non ha mosso un dito per aiutare i palestinesi, fermare Israele, programmare dopoguerra e ricostruzione, impegnata com’è a inventarsi nemici per buttare centinaia di miliardi in armi. In questo vuoto pneumatico, il piano Trump è l’unico che abbiamo. Se non ne emerge un altro, critichiamolo finché vogliamo, ma teniamocelo stretto.