corriere.it, 1 ottobre 2025
Perché Putin dovrebbe ristudiare la geopolitica del Tetris (e cosa accadde nel 1985 con Gorbaciov)
Potrebbe sembrare una forzatura consigliare a Vladimir Putin di giocare a Tetris. Eppure rispolverare la storia del gioco più famoso del mondo, potrebbe aiutare Putin a comprendere che sta commettendo, anche dal punto di vista dell’economia, gli stessi errori che vennero commessi nell’ultimo disastrato e disastroso Urss.
Anche chi non ci ha mai giocato sa che il Tetris è stato uno dei giochi più popolari della storia e anche uno dei più copiati a colpi di floppy disc nell’era pre-web. Eppure, nonostante questa popolarità globale, in pochi ricordano o conoscono il romanzo della sua origine, degno di un complotto alla Frederick Forsyth: il Tetris è stato sviluppato da un ingegnere russo, totalmente all’interno della Cortina di ferro sovietica. Di fatto il primo avamposto da cui ha conquistato il mondo è stata la prestigiosa e serissima Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica. Siamo negli ultimi anni di vita dell’Urss, a un passo dalla caduta del muro di Berlino e dall’implosione definitiva dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, il 1985. Al Tetris, dal 1985 al 1991, è capitato di tutto:
1) è stato accusato di aver “distrutto la produttività degli uffici pubblici comunisti”, tanto era diventato popolare in quegli anni circolando con copie pirata.
2) Ha mostrato che dietro all’utopia comunista soprattutto gli apparati di potere erano i più corrotti e desiderosi di abbracciare il sogno capitalistico senza nessun rispetto delle regole e allo stesso tempo ha creato un ponte contribuendo a far sciogliere il ghiaccio della Guerra fredda.
3) È stato letteralmente bramato da una delle famiglie più ricche della Gran Bretagna, i Maxwell, proprietari del gruppo Mirror (tra gli altri editori del Daily Mirror, del The Sunday People e anche del gruppo Macmillan).
4) A un certo punto è finito anche sul tavolo di Michail Gorbaciov, di cui il vecchio Robert Maxwell era amico personale.
5) In ordine sparso si deve al Tetris il successo iniziale del Game Boy oltre che l’iniziale esplosione di Electronic Arts, la società che in questi giorni è stata acquisita per 55 miliardi di dollari.
Proprio oggi una ristudiata geopolitica del Tetris dovrebbe informare l’operato distorto di Vladimir Putin perché sta commettendo lo stesso errore che portò negli anni Novanta fuori dalla Russia il talento di Alexey Pajitnov, appunto il padre del puzzle che ha dato forma a un’intera generazione di rompicapo e che nasce proprio dalla sua infanzia (e dall’amore dei russi per le dottrine matematiche).
In questi giorni un intervento sul Financial Times di Chris Miller, l’autore del bel libro La guerra dei chip, ha sottolineato come l’atteggiamento di Putin stia tenendo la Russia – nonostante una concentrazione riconosciuta di cervelli e talenti matematici nota sin dalle battaglie a colpi di scacco matto tra i campioni americani e geni come Garry Kasparov, Anatolij Karpov, Boris Spasskij – fuori dalla corsa all’intelligenza artificiale. Proprio a due passi dalla Russia, in territorio finlandese, si trova una delle storie più interessanti di start up che stanno sviluppando soluzioni per l’Ai con data center posseduti ora da Nebius, ma fino a poco tempo da Yandex, in sostanza la Google russa (russa dunque come la nota Telegram che ha fatto concorrenza all’americana Whatsapp, anch’essa fondata da un russo in realtà, Jan Koum, che ha più volte raccontato come i ricordi del terrore con cui i genitori parlavano al telefono lo avevano spinto a trovare un sistema criptato per potersi parlare al sicuro).
L’Ai per Putin è molto importante: pensate solo all’intelligenza di cui sono assetati i droni. Ma fare affari nella Russia di questi giorni non è certo consigliabile.
Così la storia si sta ripetendo: come è accaduto con Tetris chi può scappa.
L’origine del Tetris mostra come un caleidoscopio l’attrazione della cultura russa per lo spirito scientifico: nasce difatti da un allora molto popolare gioco di incastri, i “pentamini”, cioé le forme che si possono ottenere combinando cinque quadrati identici. Si tratta di un gioco di incastri per bambini che però ha richiesto l’intervento di matematici russi per scoprire quante combinazioni di pentamini ci vogliono per riempire un dato rettangolo. In un rettangolo di 6X10 quadratini esistono per esempio 2339 soluzioni, cioè incastri possibili che riempiano totalmente gli spazi.
Pajitnov avendo a disposizione un computer dell’era giurassica, il minicomputer Elektronica 60 del 1978 da 16bit (più potente dunque del Commodore Vic 20 per chi lo ricorda che ne aveva 8), ridusse i pentamini a quattro quadratini.
Il gioco ebbe successo prima in Urss. Poi venne intercettato da un faccendiere sempre alla ricerca di buone occasioni e portato fuori dal confine. A questo punto si dipana una storia molto intricata (per chi fosse interessato consiglio il bel film del 2023 che ne ricostruisce il percorso anche se in maniera romanzata: Tetris. Qui il trailer su Youtube del film curiosamente prodotto da Claudia Schiffer): comunque una strada porta ai Maxwell e un’altra a Henk Rogers, un venditore in cerca di redenzione e di successo sulla via dei software che ne comprende le potenzialità e diventerà poi amico e socio di Pajitnov.
Ancora oggi sono solo due i licenziatari del gioco e Pajitnov, che fino al 1996 non aveva guadagnato un dollaro da Tetris, è diventato milionario.
Ma il punto è che l’esperto di cibernetica Pajitnov, come si chiamava allora l’Ai, che lavorava per il centro di Dorodnitsyn Computing dell’Accademia delle Scienze di Mosca, ha dovuto lasciare (e a malincuore) la Russia.
Quello che sta riaccadendo oggi con i talenti.
Questo è l’anello forse più debole dell’ipertrofico progetto di Putin di una grande Russia: il paese è sempre stato eccellente dal punto di vista scientifico (basterebbe ricordare i successi dell’era sovietica nello spazio, con il cosiddetto Effetto Sputnik che colpì gli Usa nel 1957 o, ancora, il centro di fisica delle particelle che venne sviluppato dal collaboratore di Enrico Fermi e Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo dopo la sua fuga in Urss). Ma è sempre stato debole e argilloso dal punto di vista industriale. La realtà è che avrebbe bisogno dell’Europa molto più di quanto accetti. O, certo, della Cina.