ilfattoquotidiano.it, 30 settembre 2025
Oxford, Cambridge e Yale smontano l’idea del consumo di “alcol sicuro”: anche bere poco aumenta il rischio demenza
Anche per il nostro cervello non esiste una quantità di alcol sicura. Ogni consumo può infatti aumentare il rischio di demenza. È la sentenza che arriva da uno studio condotto dall’Università di Oxford, dall’Università di Yale e dall’Università di Cambridge, il più completo mai condotto finora. I risultati, pubblicati sulla rivista BMJ Evidence-Based Medicine, suggeriscono che il consumo di alcol, anche a livelli moderati, potrebbe non avere una soglia di sicurezza per quanto riguarda la salute del cervello.
Lo studio mette quindi in discussione la “convinzione comune secondo cui bassi livelli di alcol siano benefici per la salute del cervello”, sottolinea Anya Topiwala, ricercatrice presso l’Oxford Population Health e autrice principale dello studio. Alcune ricerche precedenti, infatti, hanno suggerito che bere poco, ad esempio meno di sette drink a settimana, potrebbe avere un effetto neuroprotettivo maggiore rispetto all’assenza totale di alcol. Tuttavia, secondo gli autori del nuovo lavoro, questi studi si sono concentrati su persone anziane e non hanno fatto distinzioni tra ex bevitori e astemi da sempre, alterando potenzialmente i risultati. Nel nuovo studio è stato analizzato in che modo alcuni geni legati all’alcol potrebbero influenzare il modo in cui il consumo di liquori influisce sul cervello.
“Le prove genetiche non supportano in alcun modo un effetto protettivo, anzi, suggeriscono il contrario. Anche un consumo leggero o moderato di alcol – continua – può aumentare il rischio di demenza, il che indica che ridurre il consumo di alcol nella popolazione potrebbe svolgere un ruolo significativo nella prevenzione della demenza”. Tra i risultati principali dello studio è emerso che anche un aumento di tre volte del numero di bevande alcoliche consumate a settimana, aumenta il rischio di demenza del 15%. Il nuovo studio ha combinato i dati osservazionali di oltre mezzo milione di partecipanti al programma statunitense Million Veteran Program e alla UK Biobank. I ricercatori hanno anche studiato i collegamenti tra la probabilità geneticamente prevista di bere alcolici e l’abuso di alcol, su oltre 2,4 milioni di partecipanti in 45 singoli studi.
Joel Gelernter, professore presso la Yale University e autore principale dello studio, ha affermato che i risultati avrebbero implicazioni cliniche, poiché le conoscenze mediche sembravano in precedenza supportare l’idea che un consumo moderato di bevande alcoliche potesse essere benefico per la salute del cervello. “La natura casuale dell’eredità genetica ci consente di confrontare gruppi con livelli più alti e più bassi di consumo di alcol, in modo da trarre conclusioni che districano la confusione tra correlazione e causalità”, dice Stephen Burgess, esperto di statistica presso l’Università di Cambridge. “I nostri risultati non valgono solo per coloro che hanno una particolare predisposizione genetica, ma per chiunque scelga di bere: il nostro studio suggerisce che un maggiore consumo di alcol comporta un rischio maggiore di demenza”, conclude.