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 2025  settembre 30 Martedì calendario

Stellantis, la grande fuga dall’Italia: in quattro anni 10mila dipendenti e mezzo milione di auto in meno. 800 milioni per ridurre i lavoratori

La “grande fuga” di Stellantis dall’Italia è tutta in tre dati, un combinato disposto di dipendenti che diminuiscono, di grandi risorse destinate a incentivarne l’uscita, asset svalutati e investimenti che si dirigono verso altre aree geografiche. Da quando Psa e Fca si sono fuse, all’alba del 2021, i segnali sono inequivocabili secondo la Fiom che ha presentato un dossier impietoso del suo Centro Studi guidato da Matteo Gaddi. L’Italia – è la fotografia dei metalmeccanici della Cgil – sta diventando sempre più marginale nel panorama del gruppo, alla faccia delle promesse di allora e dei rilanci verbali dell’ultimo anno.
MENO DIPENDENTI
Lo stesso nel quale, sostiene la Fiom sulla base dell’analisi dei bilanci, Stellantis ha utilizzato per ristrutturazioni occupazionali 777.726.000 euro, secondo il sindacato in buona parte attribuibili agli accordi firmati con le altre sigle per chiudere rapporti di lavoro in maniera incentivata. Tra lo scorso anno e il 2025 le uscite pagate hanno riguardato 6.052 dipendenti e dal 31 dicembre 2020 alla fine del 2024 il saldo occupazionale è negativo per 9.656 unità, con addetti in calo da 37.288 a 27.632, frutto di 10.688 uscite e 1.032 ingressi, al netto dell’incorporazione di Sevel.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
Un restringimento del perimetro che non è bastato per fermare il ricorso agli ammortizzatori sociali, diventati uno strumento di gestione ordinaria. Al 1° settembre scorso, il 61,68% dei dipendenti di Stellantis negli stabilimenti aveva un contratto di solidarietà o era in cassa integrazione (20.233 su 32.803) con percentuali superiori al 90% nelle carrozzerie di Mirafiori, Cassino, Pomigliano, Atessa, Melfi, Termoli, cioè il cuore produttivo del gruppo. La situazione, fa notare la Fiom, ha avuto un impatto anche sulla filiera dei fornitori: le aziende principali campionate – Lear, Boumarc, Denso, Gruppo Ma, Marelli, Proma, Tiberina – hanno 8.523 dipendenti con ammortizzatori sociali su 13.865 persone impegnate nella realizzazione di componenti per Stellantis.
LA PRODUZIONE
La colpa è della produzione colata a picco negli ultimi vent’anni: nel 2004 in Italia si produceva 1 milione di veicoli, mentre lo scorso anno sono stati appena 479.938. E nel 2025 andrà peggio. La flessione si è riversata anche nell’area motori con le fabbriche di Termoli e Pratola Serra passate da 1.193.700 unità nel 2004 alle 659mila dello scorso anno. Tra le cause principali la perdita di auto mass-market, quelle più acquistate e quindi capaci di sostenere la vitalità di uno stabilimento. Vent’anni fa le fabbriche italiane sfornavano Punto, Grande Punto, Multipla, Idea, Stilo, Croma e Ypsilon, mentre oggi si ritrovano con auto di prezzi superiori e vetture come Grande Panda e Y spostate in Serbia e Spagna.
NON È SOLO QUESTIONE DI DOMANDA
Ma il calo della produzione – fa notare la Fiom – “non può essere solamente imputato al calo della domanda” perché “a prescindere dall’andamento delle vendite complessive” del settore, Stellantis “continua a perdere quote di mercato, sia in Italia che in Europa”. Tra il 2022 e il 2024 ha lasciato 3 punti percentuali in Ue e 6,1 in Italia e quest’anno il calo continua: nel primo semestre ha fatto registrare un -2,9% nel nostro Paese, scendendo al 29,2%, e l’1,4 nel continente.
GLI INVESTIMENTI
La Fiom non vede la luce in fondo al tunnel per via della svalutazione degli asset – impianti, macchinari e attrezzature – pari a un 1 miliardo nel quadriennio e degli investimenti materiali in calo: dal bilancio, stando ai calcoli dei metalmeccanici, si evince come le immobilizzazioni immateriali siano passate da 4,9 a 4,1 miliardi tra il 2021 e il 2024 con una riduzione imputabile in gran parte alle attrezzature industriali (-571 milioni) e agli impianti (-297). A preoccupare è anche la voce ricerca e sviluppo con investimenti che si sono contratti in dieci anni da 991,5 milioni a 314,5 e un saldo negativo tra il 2023 e il 2024 di 61,1 milioni di euro. Voci che raccontano come le risorse per lo sviluppo e la produzione di nuovi prodotti siano orientate verso altri Paesi: il totale del capitale fisso in Italia è arretrato del 19,53% negli ultimi quattro anni con quasi 2 miliardi di euro di flessione, mentre volano Nord America (+28,82), Francia (+29,24), Paesi balcanici ed Est Europa.