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 2025  settembre 30 Martedì calendario

Gene Gnocchi: “Rimpiango una certa tv. Ma nulla è più rivoluzionario di un vecchio comico”

Gene Gnocchi o della comicità, Gene o della musica – la sua vera vocazione – l’unione tra le due cose è da sempre un terreno di sfogo comico pressoché irresistibile. Lo dimostrerà a giorni (il 5 ottobre, a Cinisello Balsamo appena fuori Milano, alla quinta edizione del festival Impronte, direzione artistica di Enrico Ruggeri) con un incontro-talk per il quale esisteva il titolo perfetto e lui l’ha trovato: GeneRazione Rock. Quattro significati in uno, o anche di più. E poi le gag in proprio, rivendicando la figura del “vecchio comico” che tiene botta, scrive ancora a raffica, porta in giro uno show esilarante (Una crepa nel crepuscolo) nel quale trionfa come sempre il nonsense, il guizzo clamoroso e senza ritegno. Tipo: lui esordisce salutando il pubblico e annunciando serio: “Vorrei che faceste un applauso, oggi festeggio i 50 anni dalla mia prima ejaculatio praecox”. Oppure passano gag su agenzie di pompe funebri particolari, dove ti fanno lo sconto se porti un amico. Ma è uno show, con uso di comicità, soprattutto infarcito di gag su rock, cantanti e affini.

Alla musica ci arriviamo. Ma quando la fermano per strada le chiedono quando torna in tv?
“Mai stato un problema, le piccole cose in vari programmi si possono sempre fare, ma soprattutto mettersi a inseguire il passato, quando la tv era tutta un’altra cosa, non ha il minimo senso”.
Le danno pieni poteri per un programma nuovo. Che si inventa?
“A me piacerebbe fare un programma di lezioni per opinionisti. Un corso su come diventare opinionisti ed essere pronti a partecipare a qualunque talk. Oggi è indispensabile una preparazione di quel tipo. Mostrerei vecchie liti tremende nei talk show, magari rivedendole al Var: e analizzerei le tecniche, il fare ‘no’ con la testa mentre parla l’altro, per esempio. In più, mi soffermerei anche su un tipo particolare di opinionista”.
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Ovvero?
“Quelli che minacciano di andarsene se non li fanno parlare. Io li guardo e mi chiedo: ma poi, dove vanno? E me li immagino che escono nella notte, da soli, fuori dagli studi televisivi, c’è buio, una desolazione infinita. Mi fanno tenerezza”.
Però c’è appena stato il caso di commistione tra talk e comicità. Enzo Iacchetti poco tempo fa è finito nella buriana.
“Enzo è un amico e nell’occasione è stato anche troppo gentile. Come fai a non reagire se hai davanti uno che ti dice ‘definisci bambino’?”
Torniamo al vecchio comico.
“Quelli della mia generazione cosa facevano? Salivano sul palco, c’era un microfono, il pubblico davanti e via, a cercare di farli ridere. Oggi ci sono gli stand-up comedians, molti sono bravissimi, ma davvero. Però cosa fanno? La stessa cosa. Solo che si chiamano in quel modo. Ma non c’è niente da fare: io sono il vecchio comico e loro sono stand-up comedians”.
La musica. Lei ci ha costruito show comici strapieni di spunti, ma se si potesse ricordare quella gag storica che ha almeno trent’anni…
“Un’esperienza di vita vissuta. Sono sul tram a Milano e ho una melodia in testa, inizio a canticchiarla e fa così: Purple rain, Purple rain… Mi giro, e seduto accanto a me non c’è mica Prince? Lì arriva la fermata e lui, svelto come un gatto, scende e corre alla Siae”.
Una vera beffa.
“E come ha fatto ad arrivarci prima di me? È salito sulla sua macchina, che era parcheggiata lì, una Nsu Prince”.
Questa però la capiscono solo gli spettatori anziani.
“L’ha detto lei che è di trent’anni fa”.
La musica è paradosso in sé, le sue storie, i personaggi.
“Nello show farò delle rivelazioni, cose che nessuno immagina. Lo sa che a Monghidoro c’è una casa, si trova in via Martiri di Daniele Capezzone: all’ultimo piano c’è un bambino di 134 anni che invecchia al posto di Gianni Morandi. E poi mi sento anche talent scout, ho scoperto un formidabile cantante neomelodico nel modenese: si chiama Peppino Di Carpi. Il suo successo è: Lambrusc. La vuole sentire?”.
Immagino la melodia. Altri?
“Un altro neomelodico bravissimo, questo però l’ho trovato in Liguria”.
Paura.
“Gigi D’Alassio”.
Ecco fatto. Me lo dice se ha qualche rimpianto vero?
“Mah, forse per il cinema. Arrivato a questo punto di carriera mi viene sempre più spesso di pensare che oltre a quelle poche cose che ho girato, si poteva insistere. Ma era anche un’epoca in cui sembrava che la televisione di un certo tipo potesse non finire mai”.
E come detto, guai a fermarsi e rimpiangere.
“A me sembra di avere ancora tantissimo da dire, scrivo in continuazione, agli spettacoli vedo un pubblico che è sì quello di un tempo, ma mescolato parecchio con gente giovane. Ridono, e mi diverto anch’io, un bel clima, sempre”.

La domanda-test. Ma una volta era meglio perché si era più giovani oppure era meglio perché era meglio?
“Non ho il minimo dubbio. Questa cosa della nostalgia è una trappola. Ricordiamo in un certo modo perché eravamo giovani. E ogni epoca ha molto di positivo per chi la vive appieno, ora. Perfino questa”.