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 2025  settembre 30 Martedì calendario

Spagna, l’economia più invidiata d’Europa: cresce il triplo degli altri (anche grazie ai migranti)

La Spagna è il Paese più invidiato d’Europa. Sole, mare, buon cibo, tanta simpatia e un’economia che tira come non mai. Il Financial Times torna a celebrare il nuovo miracolo economico dell’unica nazione che nel Vecchio Continente viaggia davvero a gonfie vele. «La Spagna rappresenta un caso insolito tra le economie europee, che per il resto stanno registrando risultati deludenti», è la diagnosi del quotidiano britannico. Che fa eco ad altri articoli entusiastici, come quello dell’Economist, lo scorso aprile, intitolato: «Le imprese spagnole prosperano mentre le economie europee più grandi sono in stallo».
Crescita del 3%
Dall’inizio del 2024, l’economia del nostro vicino mediterraneo cresce a un tasso medio annuo del 3%, rispetto a poco più dell’1% dell’intera zona euro; nelle ultime settimane, S&P Global Ratings ha migliorato il suo rating creditizio e la Banca di Spagna ha aumentato le sue previsioni di crescita per il 2025 al 2,6%, «sottolineando la posizione del Paese come la principale economia in più rapida crescita in Europa e una delle più forti nel mondo sviluppato», conferma il Financial Times.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ricorda il quotidiano El Diario conferma che la Spagna crescerà del 2,6%, ossia a un tasso quattro volte superiore a Francia e Italia e otto volte superiore a quello della Germania. Il recente rapporto Economic Outlook assicura che le buone notizie continueranno anche nel 2026, in cui il Prodotto interno lordo spagnolo «crescerà del 2%», ossia esattamente il doppio di quello dell’eurozona. L’Ocse prevede che, entro il 2026, la Germania accelererà all’1,1%, mentre la Francia rimarrà allo 0,9% precedentemente previsto e l’Italia ristagnerà allo 0,6%. «Con queste nuove previsioni, la Spagna tornerà a guidare la crescita tra le economie avanzate nel 2025, nonostante il contesto di incertezza geopolitica e commerciale», conclude El Diario citando il ministro dell’Economia.
Le ragioni del boom spagnolo
Le cause del boom sono molteplici e note. 1) La forte ripresa del turismo dopo la pandemia, con un record di 94 milioni di visitatori nel 2024, che insidia il primato mondiale della Francia; 2) i generosi sussidi del Next Generation EU Fund dell’Unione europea, di cui la Spagna è stata il secondo maggiore beneficiario dopo l’Italia (fondi che il governo ha sapientemente utilizzato per migliorare le infrastrutture nazionali e sostenere l’innovazione); 3) il prezzo più basso dell’elettricità, rispetto all’Italia e ad altri Paesi europei, in parte dovuto alla scommessa sulle energie rinnovabili che hanno attratto importanti investimenti diretti dall’estero; 4) un quadro giuridico più sicuro e procedimenti più snelli rispetto all’Italia per gli investimenti; 5) le riforme del lavoro, che hanno migliorato salari minimi e sicurezza.
I migranti motore dell’economia
Il principale motore del miracolo spagnolo, secondo il Financial Times, sono però i migranti, che il governo socialista di Pedro Sanchez ha deciso di accogliere, semplificando le procedure per l’ingresso, e non di fermare. «Mentre altri Paesi europei sono stati determinati a rafforzare i propri confini, la Spagna ha adottato un approccio più liberale. Dal 2022, ha registrato un afflusso netto medio annuo di circa 600 mila immigrati, la maggior parte dei quali in età lavorativa. Un bacino di manodopera in espansione ha portato l’occupazione a livelli record e ha aiutato la Spagna a evitare la grave carenza di competenze che ha afflitto i suoi omologhi europei», si legge nell’editoriale che conclude: «La Spagna ha dimostrato ad altre economie avanzate come l’immigrazione possa essere un’importante fonte di resilienza economica, anche in un periodo di instabilità interna ed esterna».
I migranti sono perlopiù originari dell’America latina, spesso con doppia nazionalità, quindi favoriti dalla lingua comune: nel 2023 hanno rappresentato circa il 70% della crescita demografica della Spagna, secondo JP Morgan, e oltre a colmare il gap lavorativo hanno stimolato la spesa al consumo, innescando un circolo economico virtuoso. Il boom innescato dai «nuovi spagnoli» non è però privo di risvolti negativi e di rischi. Innanzitutto, sottolinea il FT, se è vero che il Pil reale della Spagna, in termini di parità di potere d’acquisto, è aumentato di circa il 6,8% dal 2019, in termini pro capite è cresciuto soltanto del 3,1% dal momento che gli immigrati sono stati perlopiù impiegati nei lavori a basso valore aggiunto.
Le critiche dei popolari
I flussi migratori in costante aumento, in particolare quelli dall’Africa, possono inoltre innescare una reazione sociale imprevedibile e stanno già diventando un tema incandescente a livello politico. Il Partito popolare (conservatore) all’opposizione ha pochi giorni fa proposto di introdurre un visto a punti per gli immigrati, condizionato a lavori in cui vi sia «mancanza di manodopera» e soltanto per lavoratori «con una cultura simile» a quella spagnola. Una virata populista che cerca di sottrarre voti all’estrema destra di Vox.
Bbc News elenca anche altri problemi come «l’enorme debito pubblico della Spagna, superiore alla produzione economica annuale del Paese» e la crisi abitativa, «con milioni di spagnoli che faticano a trovare un alloggio a prezzi accessibili». Problemi che «in un panorama politico incerto e profondamente polarizzato, il governo di minoranza di Sánchez ha difficoltà ad affrontare».
I risvolti negativi
E sui risvolti nascosti, o addirittura bui, del miracolo spagnolo si soffermava a inizio estate anche un lungo articolo su El Mundo. «Innanzitutto, la composizione stessa della crescita del Pil richiede vigilanza. Tra il 2020 e il 2024, i consumi pubblici hanno rappresentato oltre il 44% della crescita del Pil spagnolo, rispetto a meno del 13% degli investimenti fissi lordi. Il fatto che, in un contesto di forte disponibilità di fondi Next Generation EU, con quasi 80 miliardi di euro di trasferimenti potenziali, gli investimenti, soprattutto quelli privati, non stiano decollando è un segnale che qualcosa non va», avverte Judith Arnal, ricercatrice presso il Ceps e l’Elcano Royal Institute. Oltre alla «grave situazione del mercato immobiliare», l’analista sottolinea anche che «sebbene la produttività in Spagna abbia mostrato di recente un andamento più dinamico, permane un netto divario rispetto ai nostri principali partner europei» e che «la finanza pubblica spagnola presenta indubbiamente una perdita significativa, con un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 100%, in un contesto di crescente fabbisogno di investimenti, anche nel settore della difesa, e con tendenze demografiche che metteranno a dura prova le finanze pubbliche nel corso degli anni».