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 2025  settembre 30 Martedì calendario

La paladina anti-corruzione che vuole la Moldavia nell’Ue tra le minacce di Mosca

«Cel care este perseverent, câstiga». In romeno, è il modo di dire più vicino al nostro chi la dura la vince. Stessa sala del palazzo presidenziale, un anno dopo. La notte del 20 ottobre 2024, Maia Sandu era salita sul podio livida di rabbia e con le lacrime agli occhi. Aveva lanciato accuse di brogli che valevano come un segno di resa. In quel momento, il referendum sull’ammissione all’Unione europea che aveva indetto per avere mandato pieno ad agire e la sua rielezione si stavano trasformando in una Caporetto, con quasi il sessanta per cento di «no», a Bruxelles e a lei. Venne il mattino, e con esso il voto a valanga della diaspora moldava, che ribaltò di poco il risultato.
Anche per questo, le elezioni politiche di domenica si erano trasformate in una resa dei conti. Molti suoi consiglieri l’avevano invitata a starne fuori, chi vivrà, vedrà, in qualche modo faremo. Invece, la presidente moldava è una donna perseverante, come dice ammirato il suo portavoce nel presentarla ai giornalisti stranieri in attesa. Ha chiesto l’aiuto delle cancellerie europee, ha rilanciato presentando il voto come un altro referendum che imponeva di scegliere se andare verso Ovest o tornare verso Est. Ha rischiato, e ha vinto.
Il suo Partito d’Azione e Solidarietà (Pas) non si è soltanto confermato come prima formazione politica del Paese, ma ha mantenuto la maggioranza in Parlamento, evitando così alla sua leader il fastidio di stringere alleanze più o meno scomode. Un risultato che alla vigilia pochissimi esperti avrebbero potuto prevedere. «I risultati sono chiari: i moldavi sono uniti nel desiderio di pace, democrazia ed Europa. La nostra strada da percorrere è questa, e abbiamo ricevuto un forte mandato per farlo, dimostrando al mondo intero di essere coraggiosi e meritevoli, e di non esserci lasciati intimidire. Sono contenta che il nostro percorso verso l’Unione europea sia garantito. Voglio che la Moldavia sia un Paese libero e democratico».
Sandu non ci ha girato intorno, come si vede. Queste erano elezioni che parlavano nuovamente di Europa. Nel Paese, il dibattito degli ultimi mesi non è mai stato sulla sua enorme povertà, sulla riforma della Giustizia promessa e mai realizzata, ma su questo. Dentro, o fuori. Ancora nel marzo del 2022, con Kiev sotto le bombe russe, la presidente eletta da poco più di un anno aderiva al mantra «amici con tutti», formula d’uso quasi obbligata per ogni Stato dell’ex Unione sovietica. Era arrivata al potere camminando sulle macerie lasciate dai suoi predecessori, che avevano sperperato e spesso intascato i primi aiuti giunti dall’Europa. Ma non era certo una perfetta sconosciuta.
Nasce sotto l’Unione Sovietica, nel villaggio di Risipeni, al confine con la Romania. È appena maggiorenne quando la Moldavia ottiene l’indipendenza nel 1991. Dopo la laurea ad Harvard in Relazioni internazionali, va a lavorare per la Banca Mondiale, prima Chisinau, poi Washington. Nel 2012 accetta di «dividere il suo reddito per quindici» e diventa ministro dell’Istruzione. Viene soprannominata «lo sceriffo delle scuole», perché introduce le telecamere di sorveglianza nelle aule degli esami. Il messaggio è chiaro: i diplomi non si comprano più. «Non avevo intenzione di diventare una politica», ha confessato tre anni fa agli studenti di Harvard. «Ma ho deciso che non voler vivere in un Paese governato da gente corrotta» non significava per forza «doversi trasferire».
All’inizio, la vocazione europeista rimane sottotraccia, persino dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A far svegliare la Moldavia e la sua presidente da un lungo sonno fatto di subalternità e paura sono la strage e gli orrori di Bucha. Sandu visita l’Ucraina, rilascia dichiarazioni durissime contro Mosca, rinuncia alle sue vitali forniture di gas, tutti segni molto più espliciti di un percorso di avvicinamento all’Europa avviato da tempo. Nel piccolo e poverissimo Stato dell’ex Sovietistan che dipendeva quasi per intero dal «fratello maggiore», dove fino a poco tempo prima bastava una foto con Vladimir Putin per diventare ministro, è una accelerazione brusca e definitiva.
In Russia, non l’hanno presa bene. Né ieri, né oggi. Sorvoliamo sulle accuse e le insinuazioni sui suoi gusti sessuali che le vengono periodicamente rivolte, per stare all’attualità. «All’alba della perestrojka in Moldavia si scherzava: “L’ottimista ora studia l’inglese, il pessimista il moldavo e il realista il Kalashnikov”. Le battute sono finite da tempo: il valore degli appartamenti di Chisinau potrebbe azzerarsi, come in Ucraina». Dopo il voto di domenica, non è solo il quotidiano Moskovskij Komsomolets a fare il paragone Kiev-Chisinau. «In Moldavia il potere è stato preso da una cricca che è pronta a seguire le orme dell’Ucraina e non lo nasconde affatto», scrive il canale Tsrargrad. Per la tenace Sandu, la partita più difficile sarà la prossima.