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 2025  settembre 29 Lunedì calendario

Case fatte con i container dismessi, l’architetto che le realizza: “Una villetta costa 140mila euro”

Quanti container navali servono per fare una villa? Almeno tre. E per un campus universitario si può arrivare a cinquecento. Vincenzo Russi, architetto e fondatore di Green Living, li utilizza come fossero mattoncini Lego, componendoli per creare case, scuole, caserme, fino a interi complessi residenziali. Autosufficienti e sostenibili, meno costosi delle abitazioni tradizionali. Ai meno avvezzi potrà sembrare futurismo, “ma la direzione è questa – assicura – recupero, riciclo e prezzi contenuti”.
Perché proprio i container?
“Normalmente hanno vita brevissima: dopo cinque anni vengono abbandonati sulle banchine. Eppure sono realizzati in acciaio corten, il più resistente sul mercato, praticamente immune alla corrosione atmosferica. E recuperarli significa eliminare fino al 90% del cemento armato utilizzato in una costruzione tradizionale”.

La prima volta che li usò?
“Il banco di prova fu il terremoto dell’Aquila. Presi contatti con Silvio Berlusconi, allora premier, e mi misi a disposizione per aiutare la popolazione sfollata. In quell’occasione vennero fuori i primi appartamenti: ne installammo un centinaio”.
Niente a che vedere con le ville di oggi.
“Il progetto vero e proprio partì nel 2015. A Londra vidi un palazzo di sette piani interamente composto da container, 21 appartamenti in tutto. Mi dissi: si può fare meglio. Lì, come nel resto del mondo, vengono lasciati a vista, non sono coibentati e così il caldo e il freddo si percepiscono come se ci si trovasse all’aperto”.
La soluzione?
“Unire questo sistema costruttivo a quello italiano, rivestendoli in legno all’interno e all’esterno. Poi ci volle un anno solo per adattarli alle normative”.
Qual era il problema?
Un centimetro. I container sono alti 2,69 metri, la legge italiana ne richiede 2,70. Abbiamo risolto tagliando la lamiera del tetto e rialzando tutto il soffitto. Ovviamente dopo averli sanificati: non sappiamo cos’hanno trasportato”.
Perché qualcuno dovrebbe scegliere di vivere in un container?
“Sono delle scatole componibili, né più né meno: si accostano, si sovrappongono, fino a dodici piani. A fare la differenza sono il rivestimento e le rifiniture: intonaco, pietra, mattoncini. Si può dare vita a un’architettura moderna o classica, tetti spioventi, tutto in base al gusto del cliente. E il risultato finale sono delle strutture bellissime”.
Il cliente più difficile?
“Quello che voleva una piscina in salotto. Ma era più grande della casa stessa, così abbiamo dovuto metterne metà dentro e metà fuori: ora può tuffarsi da casa e sbucare in giardino”.
Anche lei ne ha una?
“Ho venduto qualche anno fa la mia vecchia casa in legno e costruito l’attuale con quattro container disposti a triangolo. Al centro c’è un giardino sui cui si affaccia ogni ambiente della casa. Mi piace giocare con le forme, e permetto di farlo anche ai miei clienti”.
Cioè?
“Con me porto sempre dei modellini: dieci piccoli container con cui possono divertirsi a comporre la propria futura casa. Tanti tornano bambini, ed è lì che si innamorano dell’idea. Tant’è vero che oggi solo una commessa su dieci è per le case in legno, tutti gli altri chiedono container marittimi”.
Nessun pregiudizio quindi?
“Al Sud qualcuno storce il naso all’idea di spendere 200mila euro per vivere in un cassone. Ma dal Centro in su il mercato è apertissimo”.
Cosa si compra con 200mila euro?
“Una villetta di 100 metri quadri costa 140mila euro e si realizza in sette mesi, per 150 metri quadri si arriva a 230mila euro. Niente a che vedere con il mercato immobiliare: un’abitazione tradizionale in cemento e mattoni richiede un anno e mezzo di lavori e il 40% di spesa in più. Questo perché per noi il recupero del materiale ha un costo irrisorio. E in più le case sono tutte autosufficienti”.

In che modo?
“Con pannelli solari, batterie al sale riciclabili e macchine che producono acqua potabile deumidificando l’aria in qualsiasi ambiente.
Le abbiamo presentate quest’anno alla B-cad, la fiera internazionale dell’edilizia a Roma, e hanno attirato una folla di curiosi. Anche un uomo di Mumbai che ci ha chiesto di istallarne una in casa sua”.
All’estero i container attirano di più?
“Le commesse sono più alte che in Italia, anche se qui siamo già a 150 unità complessive. Però a Dubai partiremo con cinquanta villette e trentasei appartamenti, in Austria dei palazzi su tre piani. E non si parla solo di case”.
Che altro?
“Abbiamo realizzato due caserme, una scuola di 400 metri quadri in Inghilterra e un campus in Lituania con tanto di chiesa.
Per questo progetto sono serviti 480 container, praticamente abbiamo a svuotato tutte le banchine aeroportuali della zona (ride ndr.)”.