Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 28 Domenica calendario

Conservazione o rinvio? Istruzioni per l’uso del Social Egg Freezing

La spinta arriva dai numeri, prima ancora che dai racconti delle celebrities. In Italia, tra il 2023 e il 2024 le procedure per la crioconservazione degli ovociti “per scelta” sono cresciute di circa il 50% nella rete Genera, e negli altri principali gruppi privati di Pma nel Paese. Un segnale di domanda che intercetta biografie lavorative più intermittenti, singolitudine prolungata e l’inerzia di un orologio biologico che corre.
Sul versante dei dati pubblici, l’ultima relazione nazionale sulla Pma conferma l’aumento dei cicli complessivi e documenta, per il 2022, 468 procedure di social freezing registrate dal Registro dell’Istituto Superiore di Sanità (quindi non per motivi oncologici o di infertilità clinica). Numeri ancora piccoli in rapporto alla platea potenziale, ma in crescita.
Non sono solo statistiche. Nel 2022 la top model Bianca Balti ha raccontato di aver congelato i propri ovociti «per non limitare la possibilità di diventare ancora madre», arrivando persino a dire che lo regalerebbe alla figlia quando compirà 21 anni. La discussione si è allargata: Emma Marrone ha ribadito pubblicamente che «le donne dovrebbero sapere che si possono congelare gli ovuli», normalizzando il tema in tv e sui social. Anche fuori dall’Italia, l’attrice Florence Pugh ha spiegato di aver scelto il congelamento a 27 anni alla luce di una diagnosi di ovaio policistico ed endometriosi.
Sul piano clinico, le società scientifiche europee (ESHRE) e i centri specialistici italiani convergono su due punti: prima si fa, meglio è; e non è una polizza “garantita” sulla maternità. Le linee guida ricordano che la stimolazione può essere avviata in qualunque fase del ciclo ("random start"), e che l’obiettivo è accumulare un numero di ovociti adeguato prima dei 35 anni, quando la qualità ovocitaria è più alta. Studi recenti stimano che, per mirare a circa il 70% di probabilità di un nato vivo in futuro, una donna 30-34enne debba crioconservare più o meno 14 ovociti, mentre oltre quell’età ne servono di più.
I limiti sono evidenti. Oltre ai costi, non tutte le donne useranno davvero gli ovociti congelati. In un’esperienza di lungo periodo a Bruxelles solo il 7,6% delle donne è tornata a utilizzare i propri ovociti social-freezing, un dato che misura l’effettivo utilizzo e non la probabilità di successo. E a livello europeo l’accesso è molto eterogeneo: dal boom britannico, con un incremento del 1130% di cicli tra il 2012 e il 2022, al caso francese che ha liberalizzato nel 2021 ma sconta liste d’attesa e limitazioni nell’offerta pubblica.

Per quanto riguarda i costi, in Italia il ciclo di prelievo e vitrificazione si colloca mediamente tra i 2.500 e i 4.000 euro a seconda del centro. Si va dai circa 2.900 euro all’Ospedale Niguarda di Milano, mentre stime consumer su più cliniche attestano tariffe intorno ai 4.000 euro. A questi vanno aggiunti i costi di custodia annuale, che oscillano tra i 100 e i 300 euro: 100 euro all’anno al Niguarda, 305 in un centro privato, talvolta con un costo di preparazione intorno ai 1.500 euro. Con l’ingresso della Pma nei Livelli Essenziali di Assistenza dal 1° gennaio 2025 sono cambiati i rimborsi per alcuni percorsi, ma il social freezing non è ovunque mutuabile e la copertura varia per indicazione e Regione.
La fisiologia resta la variabile non negoziabile: con l’età calano sia il numero sia la qualità degli ovociti. Gli specialisti ricordano che il social freezing va presentato per quello che è, un’opzione di preservazione, non un rinvio illimitato della fertilità.
In Europa il quadro normativo viaggia a più velocità. Dove le regole sono chiare e l’offerta è capillare, la domanda cresce velocemente: il Regno Unito è il caso più evidente. In Francia, invece, la legalizzazione ha fatto i conti con la scarsità di slot nel pubblico e il divieto per il privato, generando tempi d’attesa anche superiori a due anni per donne ormai vicine al limite d’età. È il segno che la tecnologia corre più in fretta della capacità dei sistemi sanitari di assorbirla.
Tirando le somme il social egg freezing non è un lasciapassare per diventare madri quando si vuole, ma uno strumento in più per non farselo impedire da un incastro sfavorevole tra tempi biologici e tempi sociali. L’interesse cresce, le storie pubbliche aiutano a parlarne senza tabù; ora la sfida è duplice: informazione onesta, numeri alla mano, e accesso equo a chi davvero può beneficiarne.