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 2025  settembre 28 Domenica calendario

Mi si è ristretto il piatto

C’era una volta la mezza porzione, come proposta per i bambini (o per i clienti inappetenti). Oggi è diventata il termometro della ristorazione contemporanea, il modo in cui i ristoranti dialogano con un pubblico che vuole assaggiare di più, sprecare meno e spendere in modo intelligente. La mezza non è più un favore concesso dal cuoco di buon cuore, ma una scelta strategica: sempre più spesso compare scritta in carta, con prezzo definito e regole chiare.
Una tendenza internazionale: l’onda lunga dei cosiddetti small plates (che poi sono gli italianissimi “piattini") ha trasformato il panorama gastronomico di città come Londra e Parigi e ha normalizzato l’idea di frammentare il pasto, ordinare più piatti, dividerli tra commensali. Nel Regno Unito i giornalisti gastronomici, dal Guardian a Vogue Uk, non la considerano più un’eccezione, ma uno standard di fatto.
In Italia, dove il rituale del classico “antipasto, primo, secondo e contorno” resta saldo, la mezza è il compromesso perfetto: permette di moltiplicare gli assaggi senza rinunciare alla struttura tradizionale del menu.
Non ovunque, però, la mezza è di casa. Soprattutto nelle osterie che puntano su piatti di tradizione robusta, può ancora essere vista come un fastidio per la cucina o addirittura come un’eresia gastronomica: «La cacio e pepe da noi sono 180 grammi. O te la mangi o te la porti a casa» rivendica con ironico orgoglio l’oste di Flavio al Velavevodetto a Roma. Ma gli fa da controcanto l’Osteria La Sol Fa sul cui menu campeggia: «De tutto (tranne i dorci) se po fa mezza porzione, der 30% sur prezzo è la riduzione». E alla Trattoria Sora Lella per chi ordina porzioni c’è una riduzione del 20% sul conto. A Torino la trattoria Le Putrelle propone tutti gli antipasti e i primi in formato “gros” o “cit”. Gli antipasti interi a 10 euro, diventano a 6 nella versione piccola.
Sul fronte del prezzo, quindi, le mezze porzioni non sono la semplice metà delle intere. In cucina e in sala, i costi fissi non si dimezzano: il cuoco deve comunque lavorare, il piatto va impiattato, i lavaggi restano gli stessi. Ecco perché molti ristoranti optano per riduzioni parziali. L’importante è la trasparenza: il cliente sa cosa aspettarsi e il ristoratore protegge i margini.
Dal punto di vista normativo, in Italia non esiste alcun obbligo per il ristoratore di concedere la mezza porzione né tantomeno di farla pagare la metà. La riduzione è una facoltà del locale, a patto che sia ben dichiarata e non ingeneri confusione (come dice Massimiliano Dona, avvocato dei consumatori e influencer). Le associazioni dei ristoratori consigliano proprio questo: mettere la politica delle mezze porzioni per iscritto, come accade per il coperto e il servizio.
La mezza ha anche un potente risvolto psicologico: riduce il rischio percepito («provo senza impegnarmi»), favorisce il desiderio di varietà, evita la sensazione di aver esagerato. È la via di mezzo tra il menu degustazione e il piatto unico, e spesso aiuta lo stesso ristorante a tenere alto lo scontrino medio senza forzare la mano al cliente. Lo hanno capito in molti, da Plinto a Torino a Zero Milano, passando sa La Torre Osteria a Siena, solo per fare degli esempi.
E negli Stati Uniti, dove il tanto discusso uso di medicinali per dimagrire è ormai una tendenza consolidata, molti ristoranti si adeguano al minor appetito dei clienti a dieta e propongono “teeny weeny mini meal”, pasti piccolissimi.
Non va trascurato il capitolo sprechi: porzioni più piccole significano meno avanzi e meno rifiuti. La mezza è coerente con le politiche europee contro lo spreco alimentare e perfettamente in linea con il crescente bisogno di sostenibilità dei clienti.
L’Italia, poi, è un terreno fertile per questa trasformazione. In fondo, siamo il Paese degli assaggini, dei cicchetti, degli stuzzichini. La novità è proprio questa: non più gesto estemporaneo, ma prassi codificata, parte del racconto del locale.
Fuori dai confini nazionali, il precedente culturale è quello della Spagna, dove la media ración esiste da decenni come formato ufficiale, perfetto per chi è in pochi e vuole moltiplicare i piatti senza eccedere. E nel mondo anglosassone, dopo l’ubriacatura da small plates, il modello ibrido – piatti piccoli accanto a un paio di portate “piene” – sembra l’equilibrio più diffuso.
Insomma, è una grammatica della moderazione: ci permette di esplorare senza strafare, di spendere con criterio, di ridurre gli sprechi senza sensi di colpa. È un piccolo atto di consapevolezza gastronomica che mette d’accordo tutti, clienti e ristoratori. Chi dice che non esiste più la mezza porzione?