la Repubblica, 28 settembre 2025
Il nuovo corso Usa medaglia ai soldati del massacro Sioux
Quando il comandante del 7° Cavalleria ordinò ai Lakota Sioux di consegnare le armi, un uomo della tribù di nativi, chiamato Black Coyote, restò con il fucile in mano, come in segno di sfida. Ci fu un momento di silenzio, da mezzogiorno di fuoco, in mezzo alla neve. Nel tentativo di strappargli l’arma di mano partì un colpo. I soldati, appostati tutti attorno, risposero sparando con le mitragliatrici Hotchkiss. Uccisero più di trecento nativi, per lo più donne, bambini e anziani, che poco prima avevano partecipato a una “danza con gli spiriti”, rito sacro che prometteva la rinascita delle terre indigene e la fine del dominio dei bianchi.
Le donne, racconteranno attivisti Sioux, cantavano ninne nanne per calmare i figli mentre arrivavano i proiettili. Alcuni bambini sopravvissero nascondendosi sotto il corpo dei genitori. Il capo della tribù, chiamato Big Foot, malato di polmonite, aveva issato bandiera bianca in segno di resa ma venne ucciso lo stesso. Il suo corpo, rimasto congelato in posizione quasi seduta, diventò il simbolo del massacro. Tutto era successo per la follia dei bianchi, e forse per un malinteso. Black Coyote, si scoprì dopo, era sordo, non aveva capito cosa volessero, o almeno si aspettava qualcosa in cambio.
Era il 29 dicembre 1890, a Pine Ridge, South Dakota. Quell’episodio passato alla storia come il massacro di Wounded Knee diventerà il simbolo dell’oppressione dei popoli nativi e ispirò molti film, tra cui alcune scene diSoldato blu,incentrato su un altro massacro, quello di Sand Creek. Adesso Wounded Knee è tornato al centro del dibattito politico americano perché il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha annunciato che i venti soldati che ricevettero la Medaglia d’Onore, la più alta onorificenza militare, potranno conservarle egli eredi non dovranno più restituirle. L’amministrazione Biden aveva ordinato la revisione, accogliendo una richiesta dei nativi e del Congresso. Finora sono state ritirate novecento medaglie. Al termine del processo le venti assegnate ai soldati di Wounded Knee erano state confermate, ma l’allora capo del Pentagono, Lloyd Austin, non aveva preso una decisione. «Adesso – ha dichiarato Hegseth vogliamo chiarire che quelle medaglie sono meritate».
L’operazione militare, in cui morirono anche venticinque soldati, è ritenuta adesso l’essenza dello “spirito guerriero”, lo stesso che Hegseth ricorderà ai generali e ammiragli convocati la prossima settimana in Virginia a un vertice senza precedenti. Il capo del Pentagono ha promesso di «dare priorità alla capacità di combattere piuttosto che al politicamente corretto». L’oppressione di nativi è considerata “woke”, ma da decenni quelle medaglie hanno rappresentato un’ombra sulla coscienza americana. I democratici hanno chiesto più volte di ritirarle, non per riscrivere la storia, ma per riconoscerla. Hegseth ha ribadito che nella nuova America trumpiana certi tipi di “errori” da ora in poi verranno celebrati come atti di coraggio.