Corriere della Sera, 28 settembre 2025
Xenotrapianti, l’anno della rivoluzione (ma ora servono regole). Etica, sicurezza, ricerca: tutti i nodi da affrontare
Negli ultimi cinque anni, il trapianto sull’uomo di organi creati da maiali geneticamente modificati ha raggiunto risultati mai visti prima. Intervista a Muhammad Mohiuddin, Wayne Hawthorne e Jay Fishman tre fra i più titolati esperti mondiali e membri del Comitato esecutivo dell’International xenotransplantation association (Ixa)
Dopo cuore, reni e fegato, per la prima volta è stato trapiantato un polmone di maiale geneticamente modificato in un essere umano in morte cerebrale. L’intervento è stato effettuato in Cina, dall’equipe del professor He Jianxing all’Università medica di Guangzhou. Il tessuto polmonare è rimasto vivo per nove giorni dopo il trapianto, nonostante i primi segni di infiammazione, come riportato dai ricercatori il 25 agosto su Nature Medicine. Quella cinese è soltanto l’ultima tappa della «rivoluzione» in atto nella ricerca sugli xenotrapianti, che da cinque anni in qua ha avuto un’accelerazione senza precedenti.
Sia ben chiaro: il trapianto di organi da donatore umano resta la prima e, per ora, l’unica terapia davvero efficace per i pazienti in lista d’attesa di un intervento che salva la vita. Ma quest’anno c’è stata una svolta epocale: l’americana Food and drug administration ha autorizzato la sperimentazione al trapianto di reni di maiale ingegnerizzati su 9 pazienti, in due trial clinici. In base ai risultati, si deciderà se possano essere estesi ad un massimo di 80 persone. Fino ad allora, negli Usa gli xenotrapianti di organi di maiale erano stati approvati solo nell’ambito del programma per uso compassionevole. Usa e Cina sono le due nazioni più avanzate nel settore. Si apre dunque una nuova era e per questo la comunità scientifica chiede una regolamentazione. Prima fra tutti l’International xenotransplantation association (Ixa) che, nel suo ultimo position paper, parla di progressi tecnicamente impressionanti in questo campo e invoca procedure ben definite, trasparenza e un approccio etico a tutta la materia.
Il Congresso Ixa
Di questo e altro si parlerà al 18° Congresso dell’International xenotransplantation association (Ixa), punto di riferimento mondiale per i progressi nello xenotrapianto. L’evento, che si terrà al Campus Biotech di Ginevra dal 30 settembre al 3 ottobre, riunirà ricercatori, clinici e aziende per discutere i risultati più recenti su genetica avanzata, editing CRISPR, immunosoppressione, sicurezza microbiologica e design dei primi trial clinici su esseri umani.
Progressi e futuro
Che cosa accadrà adesso? Quali sono le sfide che ci attendono? Il Corriere lo ha chiesto a tre fra i più titolati esperti in xenotrapianto a livello internazionale e membri del Comitato esecutivo di Ixa: Muhammad Mohiuddin, professore di Chirurgia e direttore del Programma di xenotrapianti cardiaci presso l’Università del Maryland a Baltimora; Wayne Hawthorne, professore di Trapianti del Dipartimento di Chirurgia, Università di Sydney; direttore dei Laboratori nazionali per i trapianti di pancreas e isole pancreatiche presso il Westmead Hospital; Jay Fishman, professore di Medicina presso la Harvard Medical School, direttore del Programma per le Malattie infettive e l’ospite compromesso nei trapianti presso il Massachusetts General Hospital (MGH) di Boston e direttore associato del Centro Trapianti del MGH.
Perché si sente l’urgenza di aggiornare le regole?
«Come rappresentanti di Ixa riteniamo che lo xenotrapianto debba essere rigorosamente regolamentato. La nostra associazione è dedicata allo sviluppo scientifico di questo settore. In qualità di scienziati e membri dell’associazione siamo entusiasti dei recenti progressi, ma riteniamo al tempo stesso fondamentale elaborare linee guida chiare e promuoverne l’adozione presso tutte le agenzie regolatorie», risponde Muhammad Mohiuddin. «Considerati i rapidi progressi nel settore, compresi gli studi clinici, le linee guida (non vere e proprie regole) meritano una revisione non soltanto dal punto di vista scientifico, ma anche in termini di educazione e coinvolgimento del pubblico, etica, sicurezza e indirizzo della nuova ricerca».
Aggiunge Jay Fishman: «Occorre tenere conto che i recenti progressi nell’ingegneria genetica (CRISPR/cas9 e altri meccanismi di editing) che hanno permesso di modificare il genoma nei tessuti dei donatori (in particolare il maiale), stanno dimostrando efficacia nel ridurre le barriere immunologiche, i processi infiammatori e la compatibilità della coagulazione migliorando la sicurezza dei tessuti. Indubbiamente, esiti positivi dei trial sono vantaggiosi per l’intera comunità dello xenotrapianto».
Ixa chiede all’Organizzazione mondiale della sanità la revisione delle linee guida di Changsha (si veda la scheda a lato): perché?
«Riteniamo che vi sia urgenza di cambiamenti che tengano in considerazione le nuove tecnologie e i risultati degli studi clinici dell’ultimo periodo. A titolo di esempio, suggeriamo alcune aree prioritarie. Principi etici e regolatori per gli studi clinici: Ixa raccomanda che l’Oms stabilisca criteri chiari e coerenti a livello internazionale per l’approvazione dei trial, la selezione dei pazienti e il monitoraggio a lungo termine. Obiettivi preclinici specifici: le linee guida aggiornate devono riflettere le esigenze di parametri preclinici specifici per organi, tessuti e tipi cellulari. Protocolli standardizzati per la sorveglianza delle malattie infettive: esortiamo l’Oms ad incorporare protocolli armonizzati e evidence-based per lo screening e il monitoraggio dei rischi zoonotici, per tutte le potenziali xenozoonosi».
L’utilizzo di animali transgenici comporta anche rischi significativi, tra i quali patogeni come il PERV (retrovirus endogeni suini) e potenziali epidemie. Come si affrontano?
«Il settore trarrà beneficio dalla standardizzazione dei test microbiologici, così come l’allotrapianto (da uomo a uomo) ha già beneficiato di test standardizzati per le infezioni virali più comuni (ad esempio citomegalovirus e poliomavirus BK) – risponde Fishman —. Tali strumenti consentono approcci uniformi al monitoraggio dei pazienti, garantendo i migliori esiti sia per il trapianto che per il paziente. Ritengo improbabile che si verifichi un vero e proprio “allarme di sanità pubblica”: nessuno degli agenti noti (incluso il PERV, che il mio laboratorio ha clonato e sequenziato) rappresenta una minaccia per la salute pubblica. Il PERV, ad esempio, può essere controllato con diversi farmaci già disponibili e, a oggi, l’infezione umana non è mai stata osservata. Malgrado ciò, ogni sforzo volto a garantire la sicurezza pubblica deve essere comunque intrapreso».
Quali sono le migliori strategie per procedere sulla strada della sperimentazione clinica?
«A mio avviso, siamo giunti a questo promettente stadio dello xenotrapianto solo grazie ai decenni di esperienza maturata con i modelli animali – chiarisce Mohiuddin —. Le difficoltà che incontriamo nel trasferire le conoscenze acquisite negli animali ai pazienti umani, vivi o deceduti, sono già state osservate anche negli stessi modelli animali; tuttavia, a causa delle limitazioni di alcune strategie e dei farmaci immunosoppressivi negli animali, lo xenotrapianto nell’uomo ha permesso di comprendere meglio alcuni meccanismi responsabili della disfunzione del trapianto. È irrealistico pensare di poter progredire in questo campo basandosi unicamente sui casi umani. È necessaria una combinazione di esperimenti clinici, per individuare specifici meccanismi di rigetto, e di studi su modelli animali, per analizzare in dettaglio tali meccanismi e sviluppare strategie efficaci per superarli. Questo approccio è già stato adottato anche nell’allotrapianto, contribuendo a continui avanzamenti nel settore».
Quali categorie di pazienti dovrebbero avere priorità negli studi clinici (alto rischio di morte in lista o non candidabili) e come garantire equità di accesso anche nei Paesi a risorse limitate?
«Questo dipende dall’organo di cui si tratta. In una fase iniziale, l’allotrapianto resterà certamente la prima scelta. Ogni potenziale ricevente viene valutato in base a criteri rigorosi di idoneità e solo se il paziente non risulta idoneo all’allotrapianto gli verrà proposta questa alternativa. La procedura di trapianto di cuore, ad esempio, non è disponibile in molti Paesi per motivi economici o religiosi. All’inizio, quindi, lo xenotrapianto non sarà accessibile a tutti, ma solo ai pazienti in grado di sostenerne i costi. Con il tempo, però, quando la procedura diventerà di routine, i sistemi sanitari pubblici e le assicurazioni inizieranno a coprirla e il costo dei maiali geneticamente modificati diventerà più sostenibile. Inoltre si imparerà a utilizzare più organi da un singolo animale, consentendo a un numero maggiore di pazienti con insufficienze di diversi organi di accedere a questa terapia in tutto il mondo. La possibilità di preservare e trasportare organi a lunga distanza aumenterà ulteriormente la disponibilità complessiva», risponde Mohiuddin.
Cosa insegnano le esperienze di questi ultimi anni?
«Anche gli enti regolatori, oltre a noi, hanno tratto importanti insegnamenti da questi casi clinici e hanno iniziato a considerare lo xenotrapianto come un’opzione valida per il trattamento dell’insufficienza d’organo. Ciò è stato possibile anche grazie al loro coinvolgimento costante in workshop e incontri scientifici, nei quali Ixa ha svolto un ruolo fondamentale nel sensibilizzare le agenzie regolatorie sul tema. L’utilizzo di pazienti in condizioni critiche o deceduti è risultato meno problematico per i regolatori. Dal punto di vista scientifico, poiché medici e chirurghi sono più preparati a gestire le complicazioni nei pazienti umani, gran parte di questa esperienza è stata messa a servizio dei riceventi di xenotrapianto. Tra le principali scoperte scientifiche emerse da questi casi sperimentali vi sono lo sviluppo di metodi per riconoscere precocemente il rigetto e la capacità di invertirne il processo. Inoltre, in questi pazienti è stato evidenziato il ruolo del complemento e del rigetto mediato dalle cellule, che si aggiunge al già noto rigetto anticorpo-mediato, rendendo necessarie modifiche ai regimi di immunosoppressione utilizzati clinicamente per l’allotrapianto», dice Mohiuddin. «La principale lezione appresa è che l’approccio cauto adottato è stato ripagato dall’assenza di imprevisti in termini di sicurezza. Abbiamo potuto collaborare strettamente con le autorità regolatorie (Fda), che hanno contribuito a perfezionare i nostri protocolli e a garantire che i pazienti fossero adeguatamente informati e tutelati. È inoltre emerso che non disponiamo ancora di regimi immunosoppressivi ottimali per gli xenotrapianti: un ambito che richiederà ulteriori studi preclinici, probabilmente su primati non umani, oltre a successive valutazioni cliniche», conclude Fishman.
La normativa nel mondo
Non esistono norme vincolanti universali sugli xenotrapianti, ma solo linee guida internazionali (OMS – Changsa 2008 – Consiglio d’Europa) e regolamenti o linee guida nazionali. L’approccio prevalente è quello della cautela estrema: consentire la ricerca e la sperimentazione clinica solo in contesti altamente regolamentati, con un focus forte sulla biosicurezza e sull’etica.L’International xenotransplantation society, dal canto suo, ha elaborato linee guida scientifiche e cliniche, aggiornate più volte: l’ultima nel 2022.
In Italia e in Europa è tutto bloccato
Attualmente, in Italia e in Europa non esiste una normativa che regoli la sperimentazione clinica dello xenotrapianto. In linea generale, il riferimento è la Raccomandazione (n. 1399, 29/1/1999, adottata il 19/6/2003) con la quale il Consiglio d’Europa invita gli Stati membri ad adottare una moratoria sugli xenotrapianti in attesa che la conoscenza scientifica documenti i rischi per la salute umana. Il 19/11/1999, la Consulta nazionale per la bioetica si è espressa sul tema: ha ritenuto necessario adottare il principio etico di cautela, e ha aderito alla proposta del Consiglio d’Europa di introdurre una moratoria sulla sperimentazione umana degli xenotrapianti. Il 15/12/2000, il Gruppo di Lavoro sugli Xenotrapianti, costituito con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha elaborato le Linee guida per la sperimentazione clinica degli xenotrapianti, pur ribadendo la volontà di aderire alle indicazioni del Consiglio d’Europa. Tutto bloccato dunque, anche per quanto riguarda la ricerca preclinica. Con una situazione, a dir poco paradossale. Nel 2010, infatti, è entrata in vigore la Direttiva europea (2010/63/EU), dedicata alla tutela degli animali impiegati a scopi scientifici. Tra i 26 Paesi che l’hanno recepita integralmente l’Italia è l’unico ad averlo fatto con un decreto (D.Lgs n. 26 del 2014) che impone ulteriori restrizioni, sia sull’uso di primati non umani sia sulla possibilità di effettuare sperimentazioni relative ai meccanismi d’azione delle sostanze d’abuso (droghe, alcol, farmaci ) e alla messa a punto degli xenotrapianti di organi. Con una postilla, per non paralizzare la ricerca biomedica, si sono però salvati i trapianti di cellule e tessuti ottenuti da animali. Proprio a causa di questa interpretazione restrittiva, nel 2016 la Ue ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese che prevede multe di 150 mila euro al giorno. Come l’abbiamo risolta? Non si è fatto marcia indietro. Dal 2016, ogni anno, si approva una proroga dell’applicazione del D.Lgs 2014. L’ultima, a luglio, ha spostato le lancette a gennaio del 2026.
Il Registro internazionale
Dal 2006 esiste un registro internazionale degli xenotrapianti, promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità e gestito dall’International xenotransplantation association (Ixa). Nato a Ginevra e oggi coordinato dall’Ospedale Provinciale del Sichuan, in Cina, l’International human xenotransplantation inventory (Ihxi) raccoglie tutti i casi documentati a livello globale. Secondo l’ultimo aggiornamento (pubblicato su Transplantation), l’inventario ha registrato 54 procedure di xenotrapianto umano tra il 1990 e il 2024. Si tratta di interventi sperimentali, condotti in gran parte negli Stati Uniti, in Cina e in centri accademici europei. L’obiettivo è duplice: garantire trasparenza e sorveglianza sanitaria internazionale, evitando rischi di infezioni zoonotiche e fenomeni di «turismo dei trapianti». Per la Ixa, il registro è «uno strumento essenziale per monitorare progressi e sicurezza».