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 2025  settembre 27 Sabato calendario

«Sono inefficaci, però indispensabili» Gli americani non vogliono boicottaggi

Un’organizzazione dal «potenziale enorme, ma nemmeno lontanamente vicina ad esserne all’altezza», capace pressoché solo di «parole vuote, e le parole vuote non risolvono le guerre». Addirittura colpevole di moltiplicare i problemi, come nel caso dei migranti, perché con l’assistenza fornita, «l’Onu sta finanziando un assalto ai Paesi occidentali e ai loro confini».
Nel suo discorso al Palazzo di Vetro, martedì a New York, il presidente Donald Trump è stato durissimo nei confronti delle Nazioni Unite, a cui in questi mesi ha messo sotto revisione finanziamenti e tagliato fondi, creando un terremoto nei bilanci e nella tenuta delle attività umanitarie in giro per il pianeta. In occasione dell’ottantesima sessione dell’Assemblea generale Onu, lo storico istituto di ricerca Gallup di Washington ha indagato cosa pensino davvero i cittadini statunitensi dell’organizzazione.
«Inefficace ma indispensabile», è la percezione che emerge dallo studio, dunque ancora «ampiamente» sostenuta come istituzione. Se pure con un dato in calo, il 60% degli adulti americani ritiene che l’Onu svolga un «ruolo necessario nel mondo odierno» (era il 66% nel 2019, l’85% nel 1997). E tuttavia solo un intervistato su tre, il 32%, ritiene che l’organizzazione stia svolgendo un buon lavoro (non è il dato storico più basso, nel 2009 era al 26%). Gli americani restano comunque favorevoli ai finanziamenti da destinare alle Nazioni Unite, determinanti, visto che gli Usa sono il loro principale donatore singolo. Così il 35% approva il livello degli stanziamenti recenti e il 25% sarebbe favorevole ad aumentarli.
Per una riduzione si esprime invece il 37% (ma è il 70% considerando solo il campione di affiliati al partito di Trump). «Mentre quasi tutti all’Onu concordano sul fatto che l’organizzazione dovrebbe snellirsi, nessuno sembra sapere esattamente cosa significherà fare “less with less”, cioè meno con meno (risorse)», commentava prima dell’estate Richard Gowan, che supervisiona l’advocacy dell’International Crisis Group all’Onu. Intanto la scorsa settimana il segretario generale António Guterres ha annunciato riduzioni del 15 per cento del bilancio del prossimo anno, cioè un taglio di circa 500 milioni di dollari, e del 19 per cento dello staff coperto da tale bilancio. Gli attuali piani interni di razionalizzazione (l’iniziativa Un80) prevedono fusioni, come nel caso del Fondo Onu per la Popolazione (Unfpa) e di Un Women, agenzia per l’empowerment femminile. Ma anche chiusure, come è stato proposto per UnAids, che si occupa di Hiv/Aids. Commentando la notizia, una ex funzionaria Onu confida ad “Avvenire”: «In passato le agenzie si trasformavano, rimanendo anche oltre il loro mandato, si facevano piccole scomparendo all’interno dell’(enorme) organigramma, tanto che nessuno si ricordava più che esistessero, segno di una certa inefficienza. Ma chiudere, questa è proprio nuova. Il riordino serviva, ma i tagli sono arrivati repentini, senza riflessione». Appena tornato in carica, ad inizio anno, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per avviare il processo di ritiro degli Stati Uniti dall’Oms (che è parte dell’Onu), poi a luglio si è sfilato dall’Unesco.
E tuttavia una fuoriuscita totale dall’organizzazione non è un’opzione contemplata nemmeno dalla maggioranza dei suoi elettori: tra i repubblicani il 63% desidera ancora che gli Stati Uniti restino a far parte della comunità globale delle Nazioni Unite.