repubblica.it, 27 settembre 2025
"Qui si trova l’elisir di lunga vita”. La stele degli alchimisti scoperta sulle vette del Tibet
“Qui è passato Yi, gran maestro di livello cinque, alla ricerca dello yao”. Lo yao, in generale un intruglio di erbe e minerali, vuol dire in questo caso elisir di lunga vita. Il gran maestro Yi è alla testa di una carovana di alchimisti diretti verso le montagne di Kunlun, in Tibet, per trovare la pozione dell’immortalità.
La esige Qin Shi Huang, il primo imperatore cinese, vissuto nel terzo secolo avanti Cristo. Non sarà tenero in caso di fallimento e Yi lo sa. Per questo si è spinto oltre i 4.300 metri di altitudine, lasciando su una stele dell’altopiano la testimonianza del suo passaggio.
L’ossessione per la morte
L’incisione sulla roccia è stata scoperta dagli archeologi dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali, che oggi hanno confermato la sua autenticità. Si trova nei pressi del lago Gyaring, sul Fiume Giallo, laddove Yi ci fa sapere che “mancano ancora 150 li alla meta finale”, ovvero circa 60 chilometri. La stele lascia all’immaginazione l’esito della missione. Fa capire però fino a che punto arrivasse l’ossessione dell’imperatore per evitare la morte.
Qin Shi Huang aveva la fama di essere un tiranno, ma aveva anche unificato la Cina, costruito la prima rete stradale e la porzione iniziale della muraglia cinese. Era impossibile – nella sua mente – che la morte lo sconfiggesse. Per questo si era fatto costruire un esercito di guerrieri di terracotta che lo accompagnasse nell’aldilà, e che oggi è diventato patrimonio dell’Unesco.
Nel 37esimo anno del suo regno, a un’età in cui si comincia a pensare al declino, l’imperatore aveva ordinato la missione – sappiamo che non era la prima, ma le altre si erano dirette verso est – per trovare la porzione dell’immortalità. Questa volta aveva chiesto a Yi di esplorare le montagne di Kunlun, una sorta di monte Olimpo dove si trova la foce del Fiume Giallo, il cielo si incontra con la terra e gli dei hanno la loro dimora.
L’Accademia Cinese delle Scienze Sociali ha confermato che le incisioni sulla stele risalgono al terzo secolo a.C., scacciando i sospetti (sollevati da diversi accademici quando, a giugno, l’archeologo Tong Tao aveva pubblicato la notizia della scoperta) che possa trattarsi di un falso e sottolineando – forse con uno sguardo alla politica di oggi – quanto antico sia il legame fra Cina e Tibet.
L’avvelenamento
Non sappiamo se fosse stato proprio Yi, ma qualcuno degli alchimisti di corte trovò effettivamente una pozione dell’immortalità. Qin Shi Huang la bevve avidamente e a più riprese, per un periodo sufficientemente lungo da morire. Il presunto elisir conteneva infatti mercurio, un metallo tossico. Così l’imperatore finì avvelenato dal suo stesso desiderio di vivere per sempre.