Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 26 Venerdì calendario

Gli italiani sprecano troppo cibo

A dieci anni dall’approvazione dell’Agenda Onu 2030 e a nove dalla legge Gadda, l’Italia spreca meno, ma ancora troppo rispetto al traguardo di dimezzare gli eccessi di cibo entro la fine del decennio. Secondo il nuovo rapporto di Waste Watcher International, diffuso in occasione della Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari, gli avanzi pro capite gettati nella spazzatura in una settimana sono scesi mediamente dai 650 grammi del 2015 ai 555,8 del 2025. Si migliora, insomma, ma non abbastanza, visto che il target da raggiungere è 369,7 grammi.
Se si va ad analizzare il quadro geografico, si notano differenze piuttosto significative, correlate a stile e tenore di vita: al Centro Italia si sprecano 490 grammi a settimana, al Nord 515, mentre il Sud resta fanalino di coda con 628 grammi. Le famiglie con figli risultano più virtuose (-17%), così come i residenti dei grandi comuni (-9%). Tra i cibi più gettati spiccano frutta fresca, verdura, pane e insalata.
Sempre significativo, e non potrebbe essere altrimenti, l’impatto dei prezzi sulle abitudini alimentari: l’inflazione (+3,7% nell’estate 2025) ha spinto giocoforza ad acquisti più consapevoli. «Nel 2025 ogni italiano spreca ancora 555,8 grammi di cibo a settimana: oltre 1,7 milioni di tonnellate in un anno, pari a 3,4 miliardi di pasti da 500 grammi – fa notare Andrea Segrè, economista e fondatore della campagna Spreco Zero -. Basterebbero a sfamare più di 3 milioni di persone, cioè due terzi degli italiani in povertà alimentare. Siamo ancora in forte ritardo: serve ora uno scatto decisivo per trasformare lo spreco in risorsa».
Geopolitica e portafoglio
Anche il contesto internazionale influenza fortemente le scelte dei consumatori: guerre, dazi e crisi climatica hanno spinto il 37% degli italiani a privilegiare prodotti made in Italy e il 22% a orientarsi su alimenti locali e a chilometro zero. La sensibilità “geopolitica” risulta particolarmente marcata tra i soggetti di età compresa tra i 35 e i 44 anni e tra gli over 64, con una concentrazione geografica significativa nel Centro Italia. Due italiani su tre dichiarano di aver rafforzato l’attenzione all’ambiente,così come uno su due guarda all’impatto ecologico dei prodotti acquistati. Una presa di coscienza che fa ben sperare. Ma sulle scelte al supermercato pesano inevitabilmente altri fattori. Il caldo anomalo dell’estate, ad esempio, ha reso più urgente il consumo immediato di alimenti deperibili. E ancora: 1 su 10 preferisce semplicemente i prodotti più economici, a prescindere dalla loro sostenibilità, mentre il 5% ha ridotto la spesa alimentare per pure ragioni economiche, una percentuale che raddoppia negli under 25. Un dato che indirettamente rivela le difficoltà economiche dei giovani.
Generazione antispreco
Il vero motore del cambiamento è la Generazione Z (nati tra 1997 e 2012), circa 9 milioni di italiani. I dati li incoronano campioni di sostenibilità: sprecano il 22% in meno dei boomers e il 15% in meno dei Millennials, con un calo domestico del 12% nell’ultimo anno, superiore alla media nazionale (-8%). Gli Z sfruttano anche il digitale per gestire meglio il cibo: il 72% usa app per spesa e pianificazione pasti, il 61% ha scaricato lo Sprecometro, il 45% partecipa a community online di cucina anti avanzi. Inoltre, il 41% predilige prodotti locali e stagionali, il 17% riduce il consumo di carne, oltre metà riutilizza gli scarti. L’educazione alimentare ha un ruolo decisivo: il 64% dei giovani coinvolti in progetti scolastici dichiara di aver ridotto lo spreco domestico. Per Segrè, la Gen Z è un «laboratorio di buone pratiche» da estendere alle generazioni meno digitali. Il cambiamento di paradigma, insomma, dovrebbe prevalere sulle vecchie (e spesso scorrette) abitudini. Ma su questo fronte la battaglia è ancora da vincere. Un italiano su 10 infatti si scoraggia perché pensa che il proprio comportamento virtuoso non farebbe comunque la differenza, mentre un altro 10% sostiene che fare la spesa in modo più responsabile “costerebbe troppo”, mentre 2 italiani su 10 (18%) dicono che “richiederebbe troppo tempo”. Infine, il 36% ammette candidamente “non ci penso: me ne dimentico”.
Cause e rimedi
Il 95% degli italiani afferma di fare attenzione a non buttare cibo, ma le difficoltà restano. Tra le cause principali: cattiva conservazione dei prodotti (37%), cibi già deteriorati al momento dell’acquisto (29%), dimenticanza (31%), offerte troppo allettanti (29%). Le pratiche più diffuse per ridurre lo spreco consistono nel consumare prima i cibi più a rischio (50%), congelarli (47%) o utilizzare alimenti appena scaduti se ancora buoni (39%).
I numeri in Europa e nel mondo
Ogni anno in Europa vengono buttati 59 milioni di tonnellate di cibo, pari a 132 miliardi di euro. A livello globale, le famiglie generano il 60% dello spreco.
Per questo la campagna Spreco Zero ha lanciato iniziative concrete come il Premio “Vivere a spreco zero” e il progetto internazionale Food is Never Waste,
che coinvolge Tunisia, Albania ed Egitto con strategie per ridurre le perdite alimentari. Interessante il caso della Tunisia, che è stato messo sotto la lente: lo spreco di pane rappresenta un problema persistente e costoso nelle mense universitarie del Paese, con l’attuale indice di spreco nel piatto che supera il 15%. Il pane da solo costituisce il 29% degli avanzi totali, risultando il prodotto più sprecato. Tale criticità è aggravata dalla forte dipendenza della Tunisia dalle importazioni di cereali e dalla presenza di sussidi statali proprio sul pane. Food is Never Waste propone una strategia sperimentale basata su interventi capaci di incidere a livello comportamentale, per ridurre lo spreco di pane attraverso una riorganizzazione del sistema di distribuzione dei pasti in quattro mense universitarie pubbliche di Tunisi. Quanto all’Italia, ha compiuto decisi passi in avanti, ma il percorso per dimezzare lo spreco alimentare resta ancora lungo. La sfida dei prossimi anni consisterà nel riuscire a trasformare la crescente consapevolezza – alimentata come si è visto da crisi globali e climatiche – in pratiche quotidiane e diffuse. La Generazione Z indica la strada, seguendo tre direttive: digitale, locale, responsabile. Ora tocca alle istituzioni e agli altri cittadini seguire il buon esempio dei più giovani, perché il 2030 è più vicino di quanto sembra.