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 2025  settembre 26 Venerdì calendario

La metamorfosi di Al-Sharaa a New York Da jihadista ricercato agli onori in tribuna

«Erdogan è il responsabile del successo della lotta che ha liberato la Siria», afferma Donald Trump da New York dopo il bilaterale con il presidente turco. «Gli ho detto di prendersi il merito. Ha cercato di conquistare la Siria per 2000 anni. Ora ce l’ha fatta». Il presidente americano, con la goliardia che lo contraddistingue, fa riferimento alla caduta del regime pluridecennale del tiranno Bashar al-Assad. Colui che l’8 dicembre dell’anno scorso è stato cacciato dal Paese dalle milizie di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) – evoluzione di al-Nusra alleata di al-Qaeda – guidate dall’attuale presidente Ahmed al-Sharaa, in battaglia al-Julany. Simbolo vivente del Medio Oriente e del mondo che cambiano, l’ex jihadista è il primo presidente siriano ad aver preso parola all’Assemblea generale dell’Onu negli ultimi 60 anni. «Dopo decenni di brutale dittatura, ci siamo sollevati pretendendo la nostra dignità. Ora siamo un’opportunità di pace per la regione e per il mondo», ha dichiarato nel pomeriggio di mercoledì dai microfoni del Palazzo di vetro.
Il restyling per il primo viaggio negli Stati Uniti era già pronto dal 9 dicembre: ha sciolto Hts, si è tagliato barba e capelli, e si stretto la cravatta al collo. Sembra che le parole di Jake Sullivan diffuse da Wikileaks nel 2012 si siano fatte profezia: «Al Qaeda è dalla nostra parte in Siria». Fino a un anno fa nella lista dei terroristi degli Usa, con una taglia da 10 milioni di dollari. «Sono stato io a mettere quella taglia sulla sua testa», ha dichiarato David Patraeus, ex direttore della Cia. Oltre ad averlo arrestato quasi 20 anni fa, lo ha anche intervistato martedì nella sala conferenze del Concordia Summit a New York. «Sono contento che siamo passati dal combattimento al dialogo» gli dice al-Sharaa all’inizio del confronto tanto atteso quanto surreale.
Il suo debutto a New York è stato un successo. Ancora una stretta di mano con Trump, bilaterale con Giorgia Meloni che «conferma il sostegno dell’Italia alla ricostruzione di una Siria stabile e sovrana», il ripristino delle relazioni diplomatiche con l’Ucraina di Zelensky, l’incontro con Antonio Costa e Ursula von Der Leyen.
Era il 1967 quando l’ultimo presidente siriano prese parola all’Assemblea generale: dopo la guerra dei sei giorni con Israele, che da allora occupa le alture del Golan e che l’8 dicembre ha allargato il territorio siriano sotto il suo controllo militare. «Gli attacchi di Israele rischiano di aprire nuove crisi. Noi siamo aperti al dialogo e fedeli agli accordi di disimpegno del 1974». È sempre Al Sharaa che parla, e fa riferimento allo storico accordo che si potrebbe chiudere in questi giorni all’Onu con Netanyahu. Il premier israeliano pretende la demilitarizzazione di due regioni nel Sud della Siria, e non è disposto a retrocedere sulle terre occupate. Nell’ultimo anno ha sferrato decine di attacchi in territorio siriano.