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 2025  settembre 26 Venerdì calendario

Antitrust, multa da quasi un miliardo a sei compagnie petrolifere. Eni: “Incomprensibile”

Si sarebbero accordate sul valore di una componente del prezzo del carburante, restringendo di fatto la concorrenza nel settore del petrolio. È questa la conclusione a cui è giunto l’Antitrust dopo aver chiuso un’istruttoria nei confronti delle più importanti compagnie operanti in Italia. La decisione è pesante, una sanzione complessiva prossima al miliardo di euro divisa tra Eni, Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil. La seconda più alta mai comminata dall’Autorità.

Multa da quasi un miliardo
Per la precisione si tratta di oltre 936 milioni complessivi, di cui 336.214.660 euro chiesti a Eni, 129.363.561 euro a Esso, 163.669.804 euro a Ip, 172.592.363 euro a Q8, 43.788.944 euro a Saras e 91.029.755 euro a Tamoil.

L’istruttoria, avviata grazie a un whistleblower, ha accertato che le compagnie si sono coordinate per determinare il valore della componente bio inserita nel prezzo del carburante, ovvero quella introdotta per ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa in vigore.

Dal 2019 al 2023, il valore di questa importante componente del prezzo è passato da circa 20 euro/mc a circa 60 euro/mc.

Aumenti coordinati
Il cartello avrebbe avuto inizio il primo gennaio 2020 e si sarebbe protratto fino al 30 giugno 2023. Secondo l’Antitrust le compagnie hanno attuato contestuali aumenti di prezzo, in gran parte coincidenti, determinati da scambi di informazioni diretti o indiretti tra le imprese interessate.
Il cartello – conclude la nota – è stato facilitato dalla comunicazione del valore puntuale della componente bio in numerosi articoli pubblicati su Staffetta Quotidiana, testata di settore, grazie anche alle informazioni inviate direttamente da Eni al giornale.
Sorpresa e ricorsi tra le multate
Immediata la reazione delle big oil coinvolte. Q8 si definisce “sorpresa per l’esito della procedura, certa che il proprio operato si sia sempre attenuto al pieno rispetto della normativa vigente” e annuncia un possibile ricorso al Tar.
Per Eni la decisione è “incomprensibile e infondata” e “basata su un totale travisamento dei fatti e del mercato”. Il colosso guidato da Claudio Descalzi esprime “fermo dissenso” e preannuncia che “tutelerà le proprie ragioni in sede giurisdizionale” contestando anche la “sanzione abnorme” e il danno reputazionale: “Un simile approccio, purtroppo non nuovo da parte dell’Autorità rischia di penalizzare ulteriormente gli investimenti industriali italiani nella transizione energetica”.
Indignazione tra associazioni e sindacati
L’indignazione dilaga anche tra i sindacati e le associazioni dei consumatori. “Una vergogna! Nonostante le continue iniziative di greenwashing e le pubblicità piene di natura e bei colori, ancora una volta emerge il vero volto delle compagnie petrolifere, Eni in testa”, irrompe Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Il Codacons la definisce “una violazione gravissima che ha prodotto danni economici enormi ai consumatori” e crede che la decisione dell’autorità apra la strada a un risarcimento per tutti i consumatori danneggiati. A questo scopo, valuta di intentare una vera e propria class action contro le società coinvolte.
Assoutenti si spinge oltre, sostenendo “indispensabile affiancare alla sanzione pecuniaria un modello di moral suasion vincolante, che imponga alle aziende sanzionate obblighi sociali e di riparazione a favore dei consumatori e del mercato”.
L’associazione si rivolge all’Antitrust e al Governo per chiedere di attivare un protocollo di impegni che includa ristori in favore dei consumatori danneggiati dagli illeciti, un monitoraggio indipendente e costante dei listini alla pompa attraverso Mister Prezzi, maggiore trasparenza attraverso la pubblicazione periodica di indicatori chiave su formazione dei prezzi e nel caso specifico della componente bio.