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 2025  settembre 25 Giovedì calendario

Scuola elementare da record, 61 bambini iscritti e solo un italiano: la “quota saltata” a Mestre

È la scuola dell’integrazione tra bambini italiani e stranieri, all’avanguardia fin dagli anni ‘90 del secolo scorso quando a Mestre arrivarono i primi cinesi. Poi è stata la volta degli immigrati dell’Est, dall’Africa, fino alla “calata” dei bengalesi, giunti a migliaia richiamati dal lavoro in ristoranti, hotel e, soprattutto, alla Fincantieri.
Ma qualcosa si è incrinato perché, a quanto pare, quest’anno l’integrazione rischia di diventare praticamente al contrario: dei 61 alunni iscritti al primo anno della primaria “Cesare Battisti”, divisi in tre sezioni, solo uno è italiano (sì, uno solo). E se è vero che da anni sono le famiglie straniere a mettere al mondo più figli in un centro di Mestre profondamente trasformato dal punto di vista demografico, il dato allarmante è la “fuga” degli italiani dall’Istituto comprensivo “Caio Giulio Cesare” che comprende, oltre alla primaria, anche la scuola dell’infanzia e le medie.
La quota del 30 per cento di studenti con background migratorio (magari anche nati in Italia ma con genitori stranieri, oppure di seconda generazione) indicata l’anno scorso anche dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è lontana anni luce dalla realtà: qui in due classi prime su tre non ci saranno nemmeno alunni italiani e, nella terza, uno su 21. Per la scuola, sia chiaro, non vi sono differenze tra i bambini che si iscrivono («non ci occupiamo delle nazionalità, ma del percorso che faranno gli alunni»), e semmai viene chiamato in causa l’Ufficio scolastico per la formazione delle classi.
Michela Manente, dirigente scolastico dell’Istituto, preferisce non rilasciare alcuna dichiarazione perchè, anche in un recentissimo passato con la proposta di un “corso di bengalese” all’interno della scuola, si scatenarono polemiche colossali. Silenzio sui numeri delle iscrizioni (che comunque al momento sarebbero quelli ufficiali), sugli abbandoni delle famiglie italiane che portano i figli in altre scuole (un esodo che nell’ultimo anno e mezzo starebbe riguardando decine di alunni per ogni anno di studio) e silenzio pure sulle divisioni che sono già emerse nello staff che dirige l’istituto comprensivo che, dalla scuola dell’infanzia alle medie, conta 1.135 alunni.
A parlare, invece, è Carlo Pagan, presidente del Consiglio di istituto che ha il compito titanico di tenere insieme famiglie ed insegnanti su un tema così spinoso: «Da tempo il nostro Consiglio pone in evidenzia come la concentrazione sostanzialmente monoculturale degli alunni che non sono “italofoni” meriti davvero una attenta riflessione su scala cittadina – spiega Pagan -. Il Consiglio di istituto ritiene che tale contesto sia davvero controindicato e può ostacolare ai bambini di integrarsi nel Paese in cui vivono, in una scuola che si è distinta per un’offerta formativa eccellente per tutti, anche per una reale capacità di accoglienza dei neoarrivati non italofoni».
Il primo incontro di settembre del Consiglio è stato però burrascoso, con le dimissioni di un componente dei genitori e la sospensione dei lavori in attesa di un incontro con l’Ufficio Immigrazione del Comune di Venezia, proprio per evitare che la scuola – da melting pot nel quale costruire la società del futuro – si trasformi in un ghetto nel quale confinare gran parte degli alunni “non italofoni” che, comunque, sono ampiamente presenti anche in altre scuole della terraferma veneziana. Ma, oltre ai dati sulle iscrizioni alla prima elementare, a far saltare il già precario equilibrio che reggeva il Consiglio di istituto, sarebbe stata anche la proposta di formare nelle medie una “sesta classe” composta esclusivamente da studenti di origine bengalese. «Il tema è complesso e va affrontato con serietà insieme alle competenti autorità – riprende Carlo Pagan -. È necessario l’impegno di tutti nell’ideazione ed attivazione di possibili strategie e soluzioni operative applicabili su scala cittadina».