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 2025  settembre 25 Giovedì calendario

Turetta aggredito in carcere da Cesare Dromì, il killer calabrese lo ha preso a pugni per «farsi trasferire in un altro carcere»

Si chiama Cesare Dromì, ha alle spalle reati come omicidio, tentato omicidio, rapina, e in passato aveva avuto anche qualche contatto con la criminalità organizzata calabrese. È lui il detenuto che ha picchiato Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, già condannato in primo grado all’ergastolo.
Da ieri però il cinquantacinquenne calabrese non è più un carcerato del penitenziario di Montorio (Verona): dopo l’esplosione di violenza nei confronti del ventiduenne di Torreglia è stato disposto il suo trasferimento al Santa Bona di Treviso. È inusuale come dinamica, ma evidentemente è stato ritenuto di risolvere la situazione in modo celere, per non creare altre tensioni.
Quanto alle ragioni che hanno condotto all’aggressione, sembra essere tramontata l’ipotesi del regolamento di conti in virtù del presunto “codice d’onore”. Pare invece che Dromì si fosse convinto di una spiata che Turetta avrebbe fatto a suo danno: circostanza mai appurata, ma il solo sospetto è stato sufficiente a fargli alzare le mani. Tra gli agenti della polizia penitenziaria circola però un’altra spiegazione. Sono convinti che Cesare Dromì abbia fatto tutto proprio per ottenere un trasferimento e andarsene così da Montorio. L’aveva chiesto a più riprese ma gli era sempre stato negato. Con astuzia ha aggredito il detenuto in grado di sollevare un “caso” mediatico e, effettivamente, così facendo è riuscito nel suo intento.
Perché tutto questo desiderio di andare via? Sempre fonti interne al penitenziario veronese sostengono l’abbia fatto per togliersi da una situazione debitoria maturata nei confronti di altri detenuti. Con Filippo Turetta che, inconsapevolmente, si è trovato nella parte del capro espiatorio.
Nel 2011 Dromì venne arrestato a Stanghella dalla Squadra mobile di Padova. Era ricercato per omicidio, tentato omicidio e rapina. Reati per cui era già stato giudicato e per i quali avrebbe dovuto scontare 21 anni, 4 mesi e 29 giorni di carcere. Era un latitante. Trascorreva la maggior parte del suo tempo in Romania, per poi rientrare in Italia, a Bovolone, in provincia di Verona, dove risiedevano il fratello e la madre. Cesare Dromì, originario di Taurianova (Reggio Calabria), in passato era collegato anche alle cosche Sergi e Pesce della ‘ndrangheta.