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 2025  settembre 25 Giovedì calendario

Donald, Fidel, Nikita. E la Cina?

Pochi leader politici sono in grado di produrre fuochi d’artificio come ha fatto martedì Donald Trump dal podio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Memorabile fu Fidel Castro nel 1960, un anno dopo la vittoria della rivoluzione a Cuba: la regola vuole che i discorsi non superino i 15 minuti, il suo ne durò 269. Nello stesso anno, il segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Nikita Kruscev lasciò esterrefatti tutti: si tolse una scarpa mentre parlava un delegato delle Filippine e – secondo alcuni e lui stesso – la batté sul tavolo. Ma quello era solo il 15° anniversario dalla nascita dell’Onu, oggi a New York si sta celebrando (si fa per dire) l’80° e se l’inaspettato succede non può che essere Made in White House. Se Trump ha infatti stupito con la Russia «tigre di carta», le scintille saranno meno visibili domani, quando è previsto che parli il primo ministro cinese Li Qiang.
 Il suo discorso avrà meno iperboli e non si discosterà dai concetti base dettati più volte dal suo boss, Xi Jinping: qualcosa di nuovo, però, l’ha già detto martedì, arrivato a Manhattan. Ha assicurato che la Cina non agirà più da Paese in via di sviluppo nell’attività della Wto, Organizzazione Mondiale del Commercio. È una richiesta, questa, che da anni e americani ed europei avanzano a Pechino. Essere un Paese non pienamente sviluppato significa potere impiegare più tempo per adattarsi alle regole della Wto, avere meno obblighi, accedere a vantaggi commerciali. Da tempo, Washington accusa la Cina di avere approfittato anche di questi spazi per la sua conquista scorretta dei mercati internazionali. In teoria, il passo di lato di Pechino può aprire la strada per la riforma della Wto, il cui funzionamento è oggi bloccato (non è detto che Trump sia interessato). I cinesi hanno però chiarito che si considerano ancora un Paese in via di sviluppo quando trattano con le nazioni del Sud Globale (dove cercano la leadership). Si capirà se la mossa cinese è un gesto di buona volontà in vista del summit tra Xi e Trump previsto per Halloween in Corea del Sud. O se è un nuovo passo per conquistare consensi tra i 194 Paesi dell’Onu. Domattina, Li Qiang dovrebbe salire sul podio del Palazzo di Vetro subito dopo Benjamin Netanyahu: non andrà lungo come Fidel ma chissà se cercherà applausi anche parlando di Stato palestinese.