La Stampa, 24 settembre 2025
Beato Gaudí
Come in un film di Steven Soderbergh quattro storie parallele si ricompongono nel gran finale: il centenario della morte di Antoni Gaudí, il completamento della Torre di Gesù Cristo (vetta materiale e spirituale della Sagrada Familia), la beatificazione dell’"architetto di Dio”, la visita a Barcellona di Leone XIV.
Sabato l’action plan è uscito dall’incontro tra il Papa, il cardinale Juan José Omella e i vescovi ausiliari Javier Vilanova e David Abadías. Una storia “in fieri” che tiene con il fiato sospeso e lo sguardo verso l’alto un’intera comunità.
La spettacolare basilica catalana raggiungerà la sua altezza massima (172, 5 metri, poco inferiore a quella del Montjuïc, l’iconica collina a sud di Barcellona, affinché, come stabilito da Gaudí, «l’opera umana non superi quella divina») mentre il suo artefice verrà elevato agli onori degli altari. Era il 1882 quando nella capitale della Catalogna, che tra nove mesi ospiterà la chiesa più alta del mondo staccando il duomo di Ulma in Germania, fu posta la prima pietra della Sagrada Familia.
Ora, quasi un secolo e mezzo dopo, sono ultimati i lavori di costruzione del punto più alto nel tempio dell’anima. Jordi Faulí, l’architetto responsabile del progetto, conferma che la torre sarà visibile dall’esterno, senza impalcature, dal 10 giugno 2026, proprio quando ricorreranno i 100 anni dalla morte del massimo esponente del modernismo catalano.
Ad officiare la messa solenne è stato invitato il Pontefice. Dice a La Stampa il postulatore della causa, José Manuel Almuzara: «Si attende la risposta ufficiale all’invito. La presenza del Papa è possibile, la beatificazione molto probabile». In cima alla torre verrà collocata una croce di 17 metri a cinque braccia realizzata in onice, cristallo e ceramica prodotta dall’impresa tedesca Gartner. La pandemia ha rallentato i lavori finanziati con i biglietti d’ingresso dei visitatori (5 milioni nell’ultimo anno). A metà aprile era arrivato il riconoscimento da parte Francesco delle virtù eroiche dell’architetto. Il capolavoro del Venerabile è proprio la Chiesa Espiatoria della Sagrada Familia di cui accettò di dirigere i lavori l’anno successivo alla posa della prima pietra, nel 1883, all’età di 31 anni. Da allora spese tutta la sua vita per l’edificazione del luogo di culto nel quale manifestava il suo genio artistico, il suo sentimento religioso e la sua profonda spiritualità. Appena un lustro prima, ricorda Vatican news, aveva ottenuto il titolo di architetto e aveva scritto alcuni appunti di architettura – conosciuti come il “Manoscritto” di Reus, sua città natale – nei quali avanzava le sue proposte sull’ornamento e sugli edifici religiosi. Già mostrava una notevole conoscenza e adesione ai misteri della fede cristiana. Il giovane Gaudí ritiene la Sagrada Familia una missione affidatagli da Dio e con una profonda consapevolezza trasforma l’originario progetto neogotico in qualcosa di diverso e originale, ispirato alle forme della natura e ricco di simbolismi che esprimono la sua profonda fede e spiritualità dalle quali affioravano influenze benedettine e francescane. Devoto di San Filippo Neri e di San Giuseppe, affrontò ostacoli e difficoltà con coraggio e fiducia in Dio mentre dirigeva il cantiere sopportando anche invidie e gelosie. Dal 1887 al 1893 progettò e realizzò altre opere sia civili che religiose. Poi, durante la Quaresima del 1894, fu colpito da una grave malattia, causata da un rigoroso digiuno che, pur mettendo in pericolo la sua vita, gli fece vivere una profonda esperienza spirituale nella sua ricerca di Dio. Superata la crisi, continuò a lavorare a vari progetti, ma persi pian piano tutti i familiari, intraprese una vera e propria ascesi spirituale, rifiuta nuovi incarichi e si concentrò esclusivamente sulla Sagrada Familia, tanto che nel 1925 adattò accanto alla chiesa una piccola stanza come sua residenza. Trasformò l’arte in un inno di lode al Signore al quale offrì i frutti del suo lavoro, che considerava una missione per far conoscere e avvicinare la gente a Dio. Il 7 giugno 1926 venne investito da un tram. Non essendo stato riconosciuto, fu trasportato all’Ospedale della Santa Creu, l’ospedale dei poveri della città. Ricevuti gli ultimi sacramenti, morì tre giorni dopo, il 10 giugno. Al corteo funebre parteciparono in 30 mila.
Nella cerimonia di dedicazione della chiesa e dell’altare Benedetto XVI disse: «Architetto geniale e cristiano coerente. La fiaccola della fede arse fino al termine della sua vita, vissuta con dignità e austerità assoluta. Mi commuove specialmente la sicurezza con la quale Gaudí, di fronte alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare, esclamava pieno di fiducia nella divina Provvidenza: “San Giuseppe completerà il tempio”. Ha innalzato un’immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell’intelligenza umana, costruttrice d’arte. Segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano le torri, frecce che indicano l’assoluto della luce e di colui che è la Luce, l’Altezza e la Bellezza». Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia. Secondo Joseph Ratzinger unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come è narrata nella Bibbia e resa presente nella liturgia. Con la sua opera mostrò che «Dio è la vera misura dell’uomo» e che il segreto della vera originalità consiste nel «tornare all’origine che è Dio». Leone XIV proclamandolo beato potrà completare ciò che Karol Wojtyla avviò.