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 2025  settembre 24 Mercoledì calendario

Richard Blair: “Caro Trump, giù le mani da mio padre Orwell”

Abbiamo incontrato Richard Blair, figlio adottivo di George Orwell, a Trento, dove si è recato per un incontro legato alla nuova edizione di uno dei romanzi del padre, Una boccata d’aria (Feltrinelli), tradotto e curato con estrema perizia da Andrea Binelli, che a Trento insegna.
Lei fu adottato nel giugno 1944, quando aveva pochi giorni, in una Londra sotto le bombe. Spesso si dice del pessimismo di Orwell, eppure accogliere un figlio durante una guerra mondiale di cui non si sapeva l’esito esprime fiducia nella vita, e anche nell’umanità
“Sì, è così. Ma non solo mio padre mi adottò. Quasi un anno dopo morì mia madre, Eileen, così papà, malandato per i suoi guai fisici, con la ferita al collo procuratagli da un cecchino fascista durante la Guerra Civile spagnola, dovette accollarsi da solo l’impegno di farmi crescere. Tutti gli amici gli dicevano che non ce l’avrebbe fatta. Ma lui, che pure – come sappiamo – era nutrito di passioni letterarie e civili, rispose che questo gli “dava uno scopo nella vita”. Lasciammo Londra e andammo a vivere a Jura, un’isola delle Ebridi, in Scozia, dove ritrovò la serenità per scrivere il suo capolavoro, 1984. Dunque: mio padre scriveva romanzi distopici, neri, apocalittici, ma era fondamentalmente ottimista.
Una boccata d’aria, scritto alla vigilia della guerra (di cui contiene un presentimento) testimonia l’amore di Orwell per la gente comune e l’uomo della strada, la sua diffidenza per gli intellettuali, che con le parole potrebbero giustificare anche la tortura. Secondo lei quella classe media, quella umanità ordinaria, con il suo senso innato di giustizia, con la sua integrità e ostinazione morale,. esiste ancora o è oggi un mito civile quasi anacronistico, come un abito vintage?
"Le darò una risposta duplice: probabilmente esiste ancora, ma era il prodotto della immaginazione letteraria di mio padre. Certo il protagonista, George Bowling, quarantacinquenne assicuratore, con moglie e figli a carico, un mutuo da pagare, appassionato di pesca e di letture, che decide di lasciare la città per la campagna, e ritrovare l’innocenza dell’infanzia (la “boccata d’aria”) è più orwelliano di Orwell! Mio padre l’aveva scritto in pochi mesi a Marrakesh, dove si era portato solo degli appunti e lo scheletro narrativo del romanzo. Va letto insieme a 1984, per correggerne l’ispirazione distopica. Alla fine quella caparbia, onesta, abitudinaria classe media è riuscita a vincere Hitler”.
La Barcellona sotto gli anarchici descritta in “Omaggio alla Catalogna” con tram e taxi verniciati di rosso, la gente tutta in tuta blu che si dà del tu, i camerieri che ti guardano da pari a pari – è l’unica immagine novecentesca di un livellamento sociale non grigio né oppressivo! Ma anzi allegro. Ecco, il socialismo libertario di Orwell è allegro! Non crede?
“Assolutamente sì. Mio padre era una persona allegra e ottimista! Certo, aderì con slancio alla Resistenza spagnola, però vorrei anche dire che quando nel 1936 tornò in Inghilterra vide che dentro la sinistra tutti lottavano contro tutti, che prevalevano faziosità, settarismo, angustia ideologica. Quei pochi mesi di governo “anarchico” di Barcellona restavano un esperimento irripetibile e solitario”.
Per Orwell uno scrittore deve anzitutto dire la verità. Ma oggi con le fake news, e la manipolazione della realtà del web (tutto puó essere simulato e sembrare vero) è ancora possibile?
"Una questione squisitamente filosofica! Guardi, io ho una posizione “aperta”. Penso che il nostro compito sia cercare la verità, ma si tratta di una ricerca che non approda mai a niente di veramente stabile. C’è la mia verità, la tua verità, e poi la “vera” verità…ma chi ne è il detentore? Certo se mi metto con pazienza e impegno a incrociare le fonti nel Web posso avvicinarmi alla verità, ma sarà sempre un’approssimazione.
Suo padre pensava che i pacifisti fossero oggettivamente filofascisti. Ora, difficile dirlo, ma per lei sarebbe severo verso i pacifisti attuali?
"Beh, mio padre era sempre stato un anarchico non-violento, e dunque pacifista. Odiava la guerra. Però una volta che la guerra era scoppiata riteneva che il singolo dovesse parteciparvi, e specie una guerra contro il nazifascismo. Pur ammirando Gandhi ne prese – rispettosamente – le distanze. Ai pacifisti riservò alcuni epiteti oggi assolutamente politically incorrect (“mammolette”, o anche di peggio), mentre quelli che definiamo radical chic li chiamava intellettuali “sandali e succhi di frutta”. Insomma, è una questione di coerenza: se credi in una idea devi combattere per difenderla. Per quanto sia sempre un azzardo dire queste cose, credo che oggi non sarebbe pacifista.
Amava la patria. Non una patria aggressiva, imperialista, etc., ma una comunità unita da una tradizione, dalla fede in certi valori di fratellanza, solidarietà, etc. Forse non sarebbe tenero con i nazionalismi attuali, terrorizzati dai migranti e paranoicamente chiusi in se stessi.
“No, certo. Ricorda il suo racconto Sparare a un elefante, sulla esperienza di poliziotto in Birmania? Era una critica del dominio coloniale. La patria per mio padre era solo la fedeltà a un patrimonio condiviso di idee, abitudini, comportamenti, e, trattandosi dell’Inghilterra, si tratta di un patrimonio che coincide con la democrazia”.
Oggi secondo lei è percepito come socialista libertario, virtualmente vicino ai movimenti giovanili e anticapitalisti di questi anni, oppure è più visto come scrittore anticomunista e conservatore?
“Dipende dove vivi. In Inghilterra è letto come un socialista vecchia maniera, con la sua radicalità e il suo oltranzismo morale, negli Stati Uniti perlopiù è visto come un campione della destra, e usato contro la cosiddetta élite intellettuale liberal convinta di possedere la verità. Ovviamente non credo che mio padre avrebbe potuto in alcun modo seguire Trump. Non amava l’intellighenzia spocchiosa ma ancora di meno il potere che si traveste demagogicamente da alleato del popolo. Mettiamola così: Orwell era dalla parte della gente comune, ordinaria, del 95 per cento dell’umanità, che lui ha sempre messo in guardia contro il 5 per cento che invece intende opprimerla, manipolarla, ingannarla. Come vede: un ottimista.