la Repubblica, 24 settembre 2025
Salario minimo, passa la delega al governo: “Ma così tornano le gabbie salariali”
Non un salario minimo, ma una delega al governo sulla contrattazione collettiva che da ieri è legge. È questo l’esito del voto definitivo del Senato, che archivia la proposta di Pd, M5S, Avs, Azione,+Europa presentata nel 2023 con la soglia di 9 euro l’ora.
Quel testo, voluto dalle opposizioni, è stato riscritto e svuotato dalla maggioranza, che ha scelto di sostituirlo con una delega.
Palazzo Chigi aveva già in mano un mandato a recepire la direttiva europea sul salario minimo, con la legge di delegazione Ue 2022-23 approvata a febbraio 2024. Ma non l’ha mai esercitato. Ora ottiene un nuovo via libera: sei mesi di tempo per varare «uno o più decreti legislativi» che individuino i contratti collettivi nazionali «maggiormente applicati» e fissino i loro minimi come base retributiva.
Restano esclusi i dipendenti pubblici.
Una strada diversa dal salario minimo legale, che – denunciano le opposizioni – rischia di favorire le disuguaglianze. Italia Viva ha votato contro dopo che la senatrice Annamaria Furlan si è vista respingere gli emendamenti sulla concertazione sindacale. Nel testo è inserito anche il rafforzamento della contrattazione di secondo livello, giudicato da molti come una possibilereintroduzione delle «gabbie salariali».
Durissime le reazioni. Per il M5S è «una legge truffa, pura propaganda senza effetti reali: quattro milioni di persone restano con paghe da fame». Critico anche il Pd, con Susanna Camusso: «La destra non vuole affrontare il tema del lavoro povero e alzare i salari, lo dica». Raoul Russo (FdI) definisce il salario minimo «da socialismo reale», Micaela Biancofiore lo bolla come «assistenzialistico».